Archives for : JFK.

Fly me to the Moon

Fly me to the Moon, uscito da poco nelle sale con il sottotitolo “Le due facce della Luna”, quindi da non confondere con il film d’animazione diretto da Ben Stassen nel 2008, che narra le vicende di una mosca che sale a bordo dell’Apollo 11 e dove Buzz Aldrin dà la voce a sè stesso, che è anche il titolo del famoso brano musicale scritto da Bart Howard nel 1954 e portato al successo, tra gli altri, da Frank Sinatra, dieci anni dopo. La canzone, il cui titolo originale era in realtà In Other Words, divenuto poi famoso appunto con le prime parole del testo stesso è inserito in varie colonne sonore tra cui Space Cowboy (2000), di C. Eastwood. Tutti elementi che rendono ancora più leggendaria la storia che sta dietro alla pellicola diretta da Greg Berlanti e prodotta anche dagli Apple Studios. Da complottisti, chi di noi non sarebbe voluto essere una mosca per entrare nella navicella dell’Apollo 11 e vedere come esattamente sono andate le cose? Sono andate come ce le hanno sempre raccontate, oppure?.. Moonhoax(1) a parte, è la storia di «una missione che non può fallire, nemmeno se fallisce. In quel caso bisognerà convincere tutti che è andato tutto bene», è il giornalista della Rai, Emiliano Condò(2) a descrivere in estrema sintesi il film. Ed è dai titoli di testa che la vicenda prende le mosse: il primo satellite russo (lo Sputnik, 1957), i primi lanci, il discorso di JFK (1962), che impone all’America, nel decennio, di andare sulla Luna -altro elemento per il quale la missione non doveva fallire e, appunto il primo tragico fallimento, il rogo all’interno dell’Apollo 1, dove persero la vita i primi tre astronauti. Il film -forse ispirato a fatti reali (il soggetto è di Keenan Flynn e Bill Kirstein, mentre la sceneggiatura è stata affidata a Rose Gilroy), vede come protagonisti Scarlett Johansson (qui anche produttrice) che interpreta Kelly Jones, affermata Manager del marketing che dovrà letteralmente «vendere la Luna» al mondo e Channing Tatum/Cole Davis, dal fisico prestante, da vero astronauta, ma relegato a capo della missione per un problema cardiaco che lo costringe a rimanere a terra. Anche se non tutto sembra filare per il verso giusto, soprattutto in un clima di guerra fredda, la svolta avviene quando Woody Harrelson, che veste i panni di Moe Berkus (che risponde direttamente al Presidente Nixon), in un’altra magistrale interpretazione, assume la Johansson, per un motivo ben preciso, siccome «The Failure is not at option» (Doc. TV, 2003), urge la necessità -e questo è assolutamente concepibile, di avere un piano “B”, la realizzazione in studio del tanto vituperato falso allunaggio! Il progetto Top Secret, dove si rischia la morte solo a parlarne, denominato Artemis (la sorella di Apollo), con la regia affidata ad un amico di K. Jones, che in realtà svolge molto bene il suo compito, cioè di far sembrare reale ciò che reale non è. E qui iniziano le varie ipotesi che contribuiscono ad alimentare le tesi cospirazioniste e complottistiche. Per non entrare troppo nello specifico -le pellicole, oltre a quelle citate, che trattano l’argomento, sono molte e ci dovremmo dilungare non poco (per chi vuole approfondire, in fondo troverete i link ad altri articoli sull’argomento pubblicati su questo blog), gli elementi sono tanti: il direttore della fotografia che mostrando un solo grande faro, giustamente afferma che sulla Luna, c’è una sola fonte di luce, i cavi che sorreggono gli astronauti nei loro goffi movimenti, la bandiera che si agita, ecc. Da notare che nel film Interstellar (C. Nolan, 2014), le Missioni Apollo sono categoricamente smentite: niente sbarchi sul nostro satellite(3); di contro invece in Capricorn One (P. Hyams, 1977), lo sbarco simulato è su Marte (che molti ritengono che in realtà ci sia stato davvero), inoltre nella serie tv For All Mankind, in una storia alternativa, il primo uomo è un cosmonauta dell’Unione Sovietica! «Una verità è una verità e nessuno ci crede, una bugia è una bugia e tutti ci credono», è Kelly Jones che propone di montare una telecamera esterna perché gli americani vogliono sempre essere presenti; è lei che ispira ad Armstrong la famosa frase ed è la stessa che suggerisce di manomettere la telecamera in modo da mandare in onda il vero filmato. In realtà le cose non sono così semplici come sono state fin qui descritte, -il film è ben fatto, i protagonisti perfettamente calati nella parte e il regista che dimostra di essere a suo agio, grazie anche ad un ottimo montaggio (in alcuni frangenti il linguaggio è più da serial che da film), e si destreggia a meraviglia quando deve passare tra elementi che spaziano tra la realizzazione e la mistificazione, tra il serio e il faceto, tra il complottismo e ciò che forse è stato vero e quello che davvero era falso. Berlanti è quindi bravo a mescolare le acque, rendendole più torbide, a mischiare le carte con le quali è stato costruito il falso castello, il risultato ottenuto seppur ottimo, quindi non rischiara le tenebre, ma tra situazioni ironiche e da commedia romantica, nelle due e passa ore di visione non ci si annoia affatto.

Il Logo della NASA

[Spoiler:] Divertente la sequenza finale quando neanche loro sanno cosa sta andando in onda, visto che le immagini che arrivano dai due monitor televisivi sono quasi simili e il tutto viene chiarito dalla presenza di un gatto nero che entra in scena, con un addetto della sicurezza che pende da una corda, caduto per cercare di acchiappare l’animale. «Dovevamo chiamare Kubrick», la penultima battuta della Jones, e qui i complottisti hanno sicuramente avuto un sussulto, perché lui è il maggior indiziato per la realizzazione della frode lunare, avendo in curriculum film come 2001 (il film è del 1968, un anno prima, nda) e Shining (1980), che qualcuno ha indicato come pieno di indizi(4) relativi appunto alla missione Apollo 11. No, non è la battuta relativa a Kubrick, ma secondo chi scrive e non solo, tutta o tutte le missioni Apollo, -qui iniziano le implicazioni ufologiche, in realtà nascondono e sono nascoste nella loro totalità per celare la realtà extraterrestre, ecco il vero motivo per il quale la NASA, che ha concesso l’uso del suo vero logo, con tanto di doppio “graffio” rosso, una sorta di “lingua biforcuta”, il cui concetto credo sia chiaro a tutti, ha dovuto falsificare le o la missione. Ecco, quindi, il perché del sottotitolo Le due facce della Luna, riferite non all’ambivalenza del film stesso, ma dal fatto che proprio sul lato nascosto del nostro satellite ci sono evidenti strutture aliene, «Persino la follia di una colonia nazista» come commenta Emiliano Condò che definisce «strampalate» le varie teorie del complotto. Inutile dire che non siamo d’accordo: tra accenni all’ormai arcinota Area 51, dove presumibilmente Kubrick fece quello che fece, tra allusioni agli Ufo recuperati, stavolta in fondo all’oceano, e non a Roswell (1947), l’ultimo dialogo tra la Johansson e Harrelson, chiarisce almeno l’aspetto più importante dell’opera di Berlanti:

«Gli alieni esistono?». «Camminano tra di noi…».

Come dire, in altre parole…

 

Note:

  1. Bill Kaysing, “Non siamo mai andati sulla Luna“, 1976.
  2. TG1 h: 20.00 del 02/07/2024.
  3. https://www.fantascienza.com/28767/2001-versus-interstellar
  4. https://movieplayer.it/articoli/fly-me-to-the-moon-film-storia-vera-luna-kubrick_32982/

Altre fonti:

https://www.fantasymagazine.it/36311/fly-me-to-the-moon-le-due-facce-della-luna

https://www.fantasymagazine.it/36313/fly-me-to-the-moon-al-cinema

https://www.comingsoon.it/film/fly-me-to-the-moon-le-due-facce-della-luna/64550/recensione/

https://www.cinematografo.it/recensioni/fly-me-to-the-moon-eslp16bz

https://www.mymovies.it/film/2024/fly-me-to-the-moon-le-due-facce-della-luna/

https://www.fantascienza.com/28767/2001-versus-interstellar

https://it.wikipedia.org/wiki/Fly_Me_to_the_Moon_-_Le_due_facce_della_Luna

Altri Post sull’argomento:

https://www.giuseppenardoianni.it/first-man-destination-moon/

https://www.giuseppenardoianni.it/luna-severa-maestra/

https://www.giuseppenardoianni.it/luna-il-grande-balzo-mancato/

https://www.giuseppenardoianni.it/ad-astra-verso-le-stelle/

Credits:

https://www.mymovies.it/film/2024/fly-me-to-the-moon-le-due-facce-della-luna/poster/0/

https://www.astrospace.it/2020/04/02/il-verme-e-tornato-la-nasa-riusera-il-vecchio-logo/

 

Richard Jewell: The Suspect

«Il potere può trasformare un uomo in un mostro». La frase, non una tagline, è soltanto una citazione, insieme a questa: «Sei stato accusato da i due organi più potenti del mondo, il governo degli Stati Uniti e i Media». Il film è Richard Jewell, diretto dall’inossidabile Clint Eastwood, che molti critici considerano come conclusione della trilogia dell’eroe iniziata con Sully (2016) e Ore 15:17 -Attacco al treno (2018).
In realtà, invece, il film al quale dovrebbe essere accostato è American Sniper (2015), tratto dalla storia, vera, di Chris Kyle il cecchino più letale che vantava il maggior numero di uccisioni di tutta la storia Americana.
Sebbene Kyle, soprannominato Leggenda non sparava a zero, nell’ultima opera di Eastwood, è il governo Usa che compie tale modalità di tiro, sparando ad altezza uomo, accusando l’agente della vigilanza in quanto «chi trova la bomba è il primo ad essere accusato, come chi trova un cadavere»!
Il film di Eastwood, ispirato da un articolo a firma di Marie Brenner, American Nightmare: The Ballad of Richard Jewell e dal libro The Suspect di Ken Alexander e Kevin Salwen, racconta la storia di un altro personaggio «nascosto nelle pieghe della realtà»(1), anche se, secondo me, sarebbe più corretto volgere lo sguardo al sistema. Durante le Olimpiadi di Atlanta nel 1996, un terrorista piazzò una bomba all’interno del Centennial Park, causando la morte di due persone e il ferimento di altre cento. Richard, ex vice sceriffo, a volte incolpato dai colleghi per eccesso di zelo, tanto da rendersi quasi ridicolo, segnala lo zaino, contenente l’ordigno, alla polizia e agli altri agenti della security che sorvegliano il parco.
Per primo inizia a far sfollare la gente, ma proprio mentre le persone stanno evacuando, la bomba esplode e sarebbe stata una carneficina senza l’intervento di Jewell che così diventa l’eroe. Le drammatiche immagini restano ancor più nella mente perchè il regista filma la scena portando la Macchina da Presa quasi a sfiorare il pavimento, cioè facendoci assistere al tutto come se i nostri occhi fossero quelli dei feriti a terra.
Giornali e TV se lo contendono, addirittura un editore gli commissiona un libro. Ma il quarto d’ora di notorietà dura molto meno e il passaggio dalle stelle alle stalle è subito servito: un articolo della giornalista Kathy Scruggs, arrampicatrice senza scrupoli, sbatte il mostro in prima pagina e così Richard, secondo fonti del Federal Bureau of Investigation (FBI), diventa il sospettato numero uno!
In un attimo si passa al linciaggio mediatico e non solo, addirittura gli accusatori, in un interrogatorio farsa, usano il poligrafo, ma Richard, l’attore Paul Walter Hauser, supera anche questa prova sempre affiancato dal suo avvocato, l’attore Sam Rockwell, che riesce a capire che il tempo intercorso tra le due telefonate dell’attentatore, era troppo breve affinchè un uomo che soffre di obesità come Richard (morto poi d’infarto a soli 44 anni), potesse coprire la distanza tra i due telefoni pubblici.
L’FBI, nelle vesti dell’agente incaricato, ammette l’errore, ma per il sistema bisogna trovare per forza un capro espiatorio e allora nasce la teoria del complotto: Richard Jewell deve per forza aver avuto un complice!
Sebbene mancassero pochi anni all’11 settembre, incomincia già a delinearsi la paranoia propria dei centri di potere; in pratica il sistema può girare la frittata come gli pare: JFK venne ucciso da un solo attentatore, e non si dovette mai parlare di complotto, mentre adesso che il principale indiziato viene scagionato, ci deve essere per forza un altro attentatore! L’eroe per caso Richard Jewell, come gli altri protagonisti dei vari film di Eastwood, vince la sua battaglia, dimostrando che «in un’epoca in cui le versioni della verità si confondono»(2), Clint Eastwood, ex pistolero solitario «ci mette in guardia contro il rischio di trasformare il mondo in un stato (perenne, nda) di polizia»(3).

Note:
1. https://ilmanifesto.it/richard-jewell-un-invisibile-fra-le-pieghe-della-storia
2. https://www.mymovies.it/film/2019/the-ballad-of-richard-jewell/
3. idem

altre Fonti:
https://www.comingsoon.it/film/richard-jewell/57950/recensione/
https://www.mymovies.it/film/2019/the-ballad-of-richard-jewell/news/chiude-la-trilogia-sui-veri-eroi-americani/

credit:
https://www.mymovies.it/film/2019/the-ballad-of-richard-jewell/poster/0/

Italian Experiment

Un paio d’anni fa, ai tempi dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, era già in atto, una sorta di confusione generale, d’instabilità, che toccava diversi aspetti legati principalmente alle stesse istituzioni. Non era, e non è, esente l’Europa, appunto come organo sovrannazionale. L’allora Ministro del Tesoro Padoan sentenziò che il problema dell’Europa è l’Europa (?), concettò alquanto criptico che può significare tutto o niente, tant’è che l’amico Massimo Mazzucco, serio ricercatore, in un articolo (v. fonti) ironizzò, “l’aforisma”, con la frase: «Come se stesse parlando di una squadra di calcio che non vuole retrocedere in serie B»! L’esclamazione è mia.
In Italia si sa, il calcio muove, oltre alla passione, un giro d’affari milionario ed è anche «l’ultima manifestazione (omissis) della politica inconscia»(1). In TV è la passione numero uno, insieme ai reality: sono varie le “tentazioni” (anche culinarie), dove dovrebbero essere tutti Amici, ma in realtà, Grande Fratello (leggi Grande Fardello) compreso, lì si sprigiona tutt’altro che amicizia, tanto per usare un eufemismo.
La mai tramontata espressione panem et circenses è quanto mai attuale per tenere buono il popolo, il grande Totò avrebbe detto: «qua si mangia pane e veleno» (Miseria e Nobiltà, M. Mattoli, 1954) e se non ci sono “pane e giochi”, il divide et impera, è sempre dietro l’angolo.
Prima di addentrarci più nel merito della questione, è necessario evidenziare che: «Lo strumento fondamentale della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole» così sentenziava Philip K. Dick, uno dei più famosi scrittori di fantascienza, ma qui di science fiction ce ne veramente poca, se guardiamo da un’altra prospettiva. Una sorta di schiavismo portato avanti ancor più in modo capillare con l’avvento della Tv, «cattiva maestra»(2), digitale.
Vi ricordate «la premura che hanno avuto anche in Italia, nel far sì che in un arco di tempo breve il segnale digitale raggiungesse ogni regione dello stivale?». Se lo chiese G. Lannes, in un articolo dove sostenne che il “Sistema di Gamma Acustica Silenziosa”, agisce a livello subliminale ed emette «delle onde a frequenze molto alte e potenti (UHF), inserendo dei messaggi direttamente nel subconscio umano»! Anche qui l’esclamazione è mia. Sviluppato dall’onnipresente Dipartimento della Difesa Usa, testato durante la Guerra del Golfo (1991) sull’esercito di Saddam Hussein, l’esercito sanguinario che si arrese come un agnellino, amplificato con l’uso del sistema HAARP (ne discuto spesso), mira ad ottenere «il graduale e totale controllo della popolazione occidentale, ed infine mondiale».
Guerra e HAARP (leggi controllo del clima e guerre climatologiche) è un altro binomio che sta andando alla grande: davvero credete che i soldati vanno in «missione di pace», armati di tutto punto con tecnologie all’avanguardia, e non più in «missioni di guerra?». Con le loro armi intelligenti, tanto che si fermano a mezz’aria e chiedono prima di esplodere? Davvero credete che le catastrofi ambientali, gli sconvolgimenti climatici sono solo frutto del riscaldamento e del degrado idrogeologico? O ci sono di mezzo le solite connivenze, lo zampino di HAARP e delle scie chimiche, fenomeno al quale è collegato e di cui NON se ne può parlare?
Italia terra d’esperimenti? Si, e non finisce qui, fermo restando l’assurda e disumana, perché nasconde interessi anche qui sovrannazionali, gestione e questione migranti. Si muovono popoli, persone come pacchi, senza che nessuno ci guadagni? Inoltre visto che la maggior parte arrivano dalla Libia, nessuno si è chiesto perché quando c’era Gheddafi, questo non succedeva in modo così frequente? Il risultato è che ci spingono ad odiare l’estraneo, l’alieno.
I nostri politici pensano solo di scegliere la poltrona più comoda, e ora anche il Conte-bis, sembra di tornare bambini quando per poche Lire scartavamo le gomme da masticare per scoprire se ne avessimo vinto un’altra, ma inesorabilmente usciva la scritta: «Ritenta. E sarai più fortunato», ma forse è meglio così visto quello che successe alle elezioni dopo la Seconda Guerra Mondiale (JFK, O. Stone, 1991).
Secondo me, stanno mantenendo la popolazione italica in un perenne stato di tensione, per sperimentare la reazione quando si è costretti ad affrontare situazioni al limite della sopportazione. Dove non esistono più «i valori, ma il valore» (John Q, N. Cassavetes, 2002), persino quello dei rifiuti, discariche sopra e sotto terra, veleno che aumenta vertiginosamente e che può arrivare a soffocarci. La somministrazione di farmaci non sufficientemente testati o non testati del tutto(3), tacendo della scottante questione dei vaccini. Tutti a preoccuparsi di trovare una soluzione, non riuscendoci, fanno appello alla “fuga dei cervelli”, ma tenendo presente il concetto di causa-effetto, sbriciolato negli anni dai Media asserviti al potere, i nostri leader, certo non possono, loro, preoccuparsi della «permanenza degli incapaci». E la maggior parte di noi, addormentata, è come se fosse quasi a bocca aperta, aspettando le famose (Fake) News come se Piovono Polpette, (film d’animazione, Sony Pictures, 2009), fino a farci credere che «più sudi, più sai di fresco!». Stavolta l’esclamazione non è mia.
Chiamatemi pure cospirazionista, ma se c’è fra di voi qualche negazionista, tenga presente, come ho già espresso, che: «Recenti studi stabiliscono che i gonzi sono coloro che sostengono le menzognere versioni ufficiali, non i cosiddetti teorici della cospirazione»(4).

Note:
1. https://www.rivistacontrasti.it/perche-il-calcio-non-e-solo-uno-sportc/
2. Cattiva maestra televisione, Karl R. Popper, Donzelli Editore, Roma, 1996
3 .http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/salute_65plus/medicina/2018/11/30/allarme-geriatri-anziani-curati-con-farmaci-non-testati-su-di-loro_cc1dd434-b028-4b70-8088-a0e1577610b0.html
4. http://www.tankerenemy.com/2013/08/recenti-studi-stabiliscono-che-i-gonzi.html#.XXpr3i1aaRv

Fonti:
https://luogocomune.net/16-geopolitica/4581-il-nuovo-disordine-mondiale

credit: elaborazione grafica di giuseppe nardoianni

 

 

 

Il “gioco” degli Illuminati

Dimenticatevi il “Monopoli” in tutte le sue varianti (e già qui ci sarebbe molto da dire: lo scopo è l’acquisto e la vendita di beni immobili con finta valuta), dimenticatevi anche il “Risiko”, che comunque è un gioco di guerra e dimenticatevi anche i giochi di ruolo tipo “Dungeons & Dragons” e tutti quelli basati sulle carte.
Il “gioco” in questione è sì un gioco da tavolo di carte, ma dal nome altisonante: “Le carte degli Illuminati” e con tutti i loro segreti. Ma chi sono gli illuminati, di cui si sente spesso parlare?
Gli Illuminati sono stati una società segreta nata in Baviera nel XVIII secolo. Vengono spesso menzionati «nell’ambito delle teorie del complotto per indicare presunti gruppi di potere e di pressione che eserciterebbero segretamente o, secondo altre versioni, aspirerebbero al dominio del mondo mediante l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale» (Wikipedia). Ed è appunto questo lo scopo del gioco, arrivare al dominio del mondo, attraverso mezzi molto discutibili, anzi addirittura inquietanti. Nel filmato, che troverete a questo link (dura solo pochi minuti; vi consiglio assolutamente di vederlo), vengono spiegate alcune di queste carte: l’immancabile 11 settembre, il controllo del clima e le guerre meteorologiche, la catastrofe di Fukushima, imposizione della legge marziale, carte raffiguranti la fine del mondo dovuta ad un impatto meteorico e la venuta di un nuovo Messia(1) e per finire gli alieni in combutta con il potere fin dai tempi del famoso “patto scellerato”.
Quindi vi invito ancora una volta a guardare la breve clip YT e fare attenzione ai secondi finali: c’è una piccola sorpresa. Certo per molti saranno solo coincidenze o sicuramente ci sarà qualcuno che si definirà scettico, soprattutto quando si parla di ipotesi di complotto: «Recenti studi di psicologi e sociologi negli Stati Uniti e nel Regno Unito suggeriscono che, contrariamente agli stereotipi dei media tradizionali, quelli etichettati come “teorici della cospirazione”, sono più razionali di coloro che accettano aprioristicamente la versione ufficiale dei fatti contestati. Inoltre, lo studio ha appurato che i cosiddetti “cospirazionisti” discutono il contesto storico (ad esempio, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy come un precedente per il 9/11) più dei negazionisti»(2).

Note:
1.Nel film Deep Impact, in cui la Terra e tutta l’umanità sono a rischio di un catastrofico impatto meteorico, l’astronave che imbarca testate nucleari, per cercare di far esplodere il meteorite (grande quanto il monte Everest), si chiama: Il Messiah!
2.http://www.tankerenemy.com/2013/08/recenti-studi-stabiliscono-che-i-gonzi.html#.XQn6US1aaRu

First Man: Destination Moon?

«Siete solo un branco di mocciosi che gioca con gli aeroplanini di legno». È la moglie di Neil Armostrong a gridare questa rabbiosa frase in faccia ad uno dei responsabili della Nasa.
Il film è First Man -Il primo uomo, che vede ricomporsi la coppia Damien Chazelle regista e Ryan Gosling (Neil Armostrong), già insieme per il plurivincitore di Oscar (2017), La La Land (2016). Gli aeroplani rimandano ad una divertente battuta di Contact (R. Zemeckis, 1997) quando la protagonista (J. Foster), nel tentativo di acquisire nuovi fondi per il suo progetto SETI ribatte alla Commissione: «Fantascienza? Ne volete sentire un’altra? Ho sentito di due tizi che vogliono costruire un coso, metterci le persone sopra e farlo volare come un uccello? Ci credereste?». First Man, un misto tra biopic e docufilm, narra la storia di un uomo come tanti che, insieme ad altri, vuole perseguire il suo «sogno»(1) di mettere il proprio, primo, piede sulla superficie del nostro satellite.
E se vogliamo parlare di fantascienza, fu Georges Méliès che nel lontano 1902, un anno prima del primo volo dei fratelli Wright, realizzò Le Voyage dans la Lune; film come Destination Moon (I. Pichel, 1950), in italiano -Uomini sulla Luna, che la Nasa usò quasi come propedeutico, sebbene fosse molto ingenuo, per istruire i suoi futuri astronauti (all’inizio del lavoro di Chazelle, si vede una breve clip, invece molto realistica, realizzata dall’Agenzia Spaziale, dove si scorge chiaramente il getto dei motori che fuoriesce dal LEM in decollo dalla Luna, che nei filmati originale non c’è!). Infine La donna nella Luna (F. Lang, 1928), che si avvalse della collaborazione di uno dei primi esperti di astronautica: Hermann Oberth. Ci si potrebbe chiedere se non è vera fantascienza il fatto che sono bastati solo 67 anni, per passare dai pochi metri che fece il rudimentale aereo dei due fratelli, all’allunaggio, il 20 luglio del 1969. Suggestiva la scena in cui Armstrong fa appena in tempo ad eiettarsi dal simulatore per l’allunaggio, prima che il veicolo si schiantasse al suolo; dopo lo scampato pericolo guarda lo stesso in fiamme e poi guarda la Luna, alta nel cielo, che sembra sempre più allontanarsi «nell’abisso degli abissi».
Era quello il tempo delle cassette Stereo8, dei telefoni neri attaccati alle pareti, delle gomme di auto usate come altalena, delle madri casalinghe che preparavano i biscotti nelle loro classiche cucine all’americana, nelle altrettanto classiche case basse, mono piano, mentre i bambini giocavano sul green lì davanti, fantasticando sulla Terra di Egelloc (che è solo la parola College scritta al contrario). Era anche il tempo delle lotte intestine per la guerra in Vietnam, delle proteste degli afro-americani vittime di razzismo e delle loro canzoni, loro «non si possono pagare il dottore, mentre i bianchi vanno sulla Luna», ma qui siamo già nel 1968. I dottori… chissà se Armstrong, uomo semplice che viveva la sua vita in famiglia a «piccoli passi» (ancora Contact), per prepararsi al «grande balzo» per l’umanità, non si sarà chiesto, almeno per un istante, quando nel Mare della Tranquillità dà l’estremo saluto alla figlioletta, morta in tenera età di cancro, lanciando “a Luna” il piccolo braccialetto, che forse avrebbe potuto fare il medico e tentare il tutto per tutto per salvare sua figlia. Se si sarà chiesto mai se non avesse potuto vivere una vita diversa, invece di una vita all’incontrario. Di fatti il film finisce come sarebbe dovuto iniziare e cioè con il discorso del Presidente JFK che agli inizi degli anni ’60, annunciò al mondo che entro la fine del decennio un astronauta americano avrebbe messo piede sul suolo lunare.
Ma come fecero gli americani a battere sul tempo i sovietici che erano in netto vantaggio?
Il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1 venne lanciato in orbita il 4 ottobre 1957. «La notizia stupì il mondo intero». Primo animale in orbita, la cagnetta Laika con lo Sputnik 2, un mese dopo, il 3 novembre 1957. Primo essere umano lanciato nello spazio: Jurij Gagarin con il Vostok 1, il 12 aprile 1961. Prima donna nello spazio, Valentina V. Tereškova sul Vostok 6, il 16 luglio 1963. Questi sono i record più noti, infatti sulla relativa pagina di Wikipedia, da cui è tratta la citazione precedente, la lista dei primati è molto lunga, il Programma Spaziale Sovietico, vanta anche: prima attività extra veicolare (E.V.A.), Aleksej A. Leonov marzo 1965; e ancora, prima sonda sulla Luna, prime immagini del suo lato nascosto, prime sonde lanciate verso Venere e Marte ecc. fino alle stazioni spaziali Salyut 1, nel 1971 e la più nota MIR, pensionata nel 2001. Quindi, secondo il metodo deduttivo tanto caro ai cattedratici, acerrimi sostenitori della scienza ufficiale: chi è andato sulla Luna? Gli americani!
«Il ragionamento deduttivo (o scientifico, nda), sta a fondamento di tutte le dimostrazioni e i teoremi della matematica, ma non ci permette di scoprire o prevedere fatti nuovi e quindi di ampliare le nostre conoscenze, compiendo un salto dal noto all’ignoto»(2). Che fu proprio quello che fecero gli USA.
Per correttezza vediamo i fatti più a fondo, riassumendo lo stato dell’arte all’epoca.
Quella che segue è una breve analisi tratta dal DVD realizzato da Massimo Mazzucco: American Moon (vedi fonti video). «Poche persone ricordano che, parallelamente al programma americano Apollo anche i sovietici cercarono di avere un loro programma. Ma questo programma sovietico, che era la controparte dell’Apollo americano, fallì. Fallì perché il razzo russo, l’equivalente del Saturno 5, esplose diverse volte…», Dr. Roald Sagdeyev, ex direttore dell’Agenzia Spaziale Russa.
«Nell’autunno 1965, il generale Phillips direttore del Progetto Lunare Apollo, presentò ai suoi superiori un rapporto che denunciava, senza mezzi termini, lo stato di confusione e di arretramento del programma lunare…». Due anni dopo «Nel marzo del 1967, il direttore della Nasa Webb, si presentava alla Commissione Parlamentare di Scienza e Astronautica (omissis): se ce la faremo entro il 1969 (omissis), saremo molto, molto fortunati, le possibilità di completare tutto il lavoro necessario, sono meno quest’anno, di quanto lo erano un anno fa…». Un anno dopo, Webb, lasciò la Nasa…
Nel 1976, Bill Kaysing, padre del cosiddetto Moonhoax, pubblicò il libro, divenuto bestseller: Non siamo mai andati sulla Luna. Nel libro, l’autore sostenne la tesi che le missioni Apollo siano state, in realtà filmate in uno studio cinematografico, nell’ormai arcinota base segreta Area 51.

Ryan Gosling che ricorda il David di “2001”

Altri hanno sostenuto, lo scrivente ne conviene, che l’unico in grado di assolvere al ruolo di regista fosse Stanley Kubrick, da poco realizzatore di quello che è un capolavoro assoluto del cinema e cioè 2001: Odissea nello Spazio, (Chazelle cerca di ricreare alcune scene delle astronavi che danzano, ma non con Il bel Danubio blu). Proprio Mazzucco, fa ampio uso di spezzoni del cult, per spiegare diversi elementi tecnici dovuti alle foto e alle riprese ritenute false, come ad esempio la linea dell’orizzonte che divide la linea di terminazione del set cinematografico con lo sfondo finto, secondo la tecnica conosciuta come front-projection (3).
Un altro problema per i debunkers(4), fu quando Google lanciò, nel 2007, il concorso Lunar X Prize, offrendo un premio di 30 milioni di dollari(!), «alla prima organizzazione privata che riuscirà a mandare una sonda sulla Luna con un robot che possa percorrere almeno 500m trasmettendo in diretta le immagini a Terra (omissis), venti squadre (da tutto il mondo, nda), hanno annunciato di voler partecipare al concorso». Google, comunicò poco dopo che avrebbe istituito «un premio supplementare di 4 milioni di dollari, per chi riuscirà a trasmettere immagini televisive in diretta da uno qualunque dei luoghi di allunaggio delle missioni Apollo». La risposta della Nasa? «Nel 2011, ha chiesto ufficialmente che venga stabilita una no fly zone di almeno 2km di raggio tutto intorno ai luoghi di allunaggio delle missioni Apollo»(!). Ma come, sarebbe stata una conferma diretta dell’avvenuta presenza dell’uomo sulla Luna e loro che fanno, negano l’accesso? Questa la spiegazione: per «preservare i luoghi di allunaggio da eventuali contaminazioni»?!
Altro problema è l’attraversamento delle cosiddette fasce di Van Allen, dal nome del loro scopritore, le fasce vanno da una distanza minima di 1.500 km dalla Terra, fino ad un massimo di 40.000 km dalla superficie del nostro pianeta. Le fasce essendo altamente radioattive pongono «dei problemi che a tutt’oggi non sembrano stati risolti». In poche parole gli astronauti delle missioni Apollo sono gli unici esseri umani ad averle attraversate (le altre missioni sia americane che russe, Shuttle, Stazione spaziale, ecc.) si svolgono molto al di sotto, nella zona definita “bassa orbita terrestre”, quindi al sicuro da quel tipo di radiazioni. In sostanza sia i razzi di tutte le missioni Apollo, che soprattutto le tute degli astronauti, non erano adatte a proteggere sufficientemente dalle radiazioni stesse che avrebbero potuto risultare addirittura mortali! Fatto questo confermato da quasi tutti gli esperti, come si vede benissimo nel dvd in questione. Ma all’epoca la Nasa, minimizzò il tutto, ritenendolo un problema secondario, ma adesso con le future missioni Orizon, il problema sembra ripresentarsi in tutta la sua pericolosità. Come mai?

Il LEM sul suolo lunare

E i fogli di cartapesta tenuti insieme da un po’ di nastro adesivo sul LEM? E perché i progetti dello stesso modulo lunare «non esistono più perché (secondo la ditta costruttrice, nda), occupavano molto spazio»! I progetti più importanti della storia «buttati al macero». Ma stiamo scherzando? Certo che no! E non è finita qui.
Se questo ancora non dovesse bastare agli onnipresenti scettici (per il sottoscritto, lo ribadisco, lo scetticismo è solo mancanza di conoscenza), c’è di più! Infatti anche i nastri originali della prima “passeggiata” di Armstrong, sono scomparsi!
«Il primo passo di un essere umano su un altro corpo celeste (omissis) non si trova più»? E ancora, per quanto riguarda le trasmissioni, il tempo tra domanda (dalla Terra) e risposta (dalla Luna?), era molto più breve dei 2,6 secondi calcolati. L’ondeggiamento della telecamera senza che la trasmissione andasse “fuori onda”, e il “puntamento” poteva essere fatto solo con uno strumento ottico(5); sarebbe bastato un piccolo sobbalzo del rover che montava la telecamera per far si che accadesse. I riflessi poco sopra la testa degli astronauti che farebbe pensare chiaramente ad un possibile sottile cavo d’acciaio che li reggesse, e difatti se si guardano al ralenty alcuni frame, Armstrong e Aldrin, sembrano stiano recitando in una puntata di “Oggi le comiche” (con tanto di sottofondo musicale adeguato): troppo innaturali i movimenti, anche tenuto conto che la gravità sulla Luna è un sesto (1/6) di quella terrestre. Sembra proprio che ci sia qualcosa «che li aiuti a tirarsi su»!
E la bandiera che sventola? E l’assenza di danni alle macchine fotografiche e in particolare alle pellicole dovuti ai raggi cosmici? Le foto sembrano perfette, molto “contrastate”. La possibilità che stiamo parlando di riprese all’interno di uno studio cinematografico è confermata dai più importanti fotografi del mondo, Oliviero Toscani compreso, per loro: la presenza di Hotspot (il punto caldo dovuto all’illuminazione con un potente faro e il Fall-off (il punto meno illuminato), conferma il fatto che ci troviamo di fronte ad una simulazione; in molte foto poi le ombre non sono parallele (e dovrebbero assolutamente esserlo, visto che l’unica fonte luminosa sarebbe dovuta essere il sole), non c’è un netto contorno (sul nostro satellite non c’è atmosfera) e l’illuminazione è completamente sbagliata, visto che anche i soggetti che dovrebbero essere in ombra, semplicemente non lo sono. «Ci considerano degli eroi, ma la Luna ci ha distrutto», parole di Buzz Aldrin(6), in un’intervista, sempre presente nel dvd.
E Gli strani eroi di Apollo 11 è il titolo di una interessante clip, disponibile su YouTube (v. fonti), dello stesso Mazzucco, in cui i tre astronauti, dopo i festeggiamenti, al momento delle interviste di rito, sembrano frastornati, titubanti, insicuri nelle risposte e con le facce in cui si legge chiaramente il loro imbarazzo.
Vi sembra l’atteggiamento di chi ha compiuto finora la missione più importante di tutta la storia umana?
E dulcis in fundo, nessuno dei tre: Armstrong, Aldrin e Collins (cattolici convinti), più volte hanno rifiutato di giurare sulla Bibbia la veridicità della loro missione (in America lo spergiuro è un reato grave). Non vi sembra che ci sia molta carne al fuoco? O credete che questo sia tutto fumo? Ma dove c’è fumo c’è sempre un po’ d’arrosto. In una delle sue ultime apparizioni in pubblico, in una cerimonia, alla presenza di Bill Clinton (1994), lo stesso Armstrong, cerca di svelare qualcosa, alludendo a «certi veli che proteggono la verità». Questa l’onesta indagine di Massimo Mazzucco che con intelligenza e maestria mette a nudo tutte le incongruenze. Dov’è la verità? Nessuno la saprà mai, logico, ma possiamo trarne lo stesso delle considerazioni.
Forse è vero che nessuna delle missioni Apollo, è effettivamente andata sulla Luna. Può darsi che ci sono andati in segreto, prima o dopo il luglio del 1969, le foto, quasi tutte “taroccate” lo sono state perché la Nasa cerca da sempre di occultare in tutti i modi e con tutti i mezzi la presenza extraterrestre, oltre che sul nostro pianeta, anche sul suo satellite naturale, soprattutto nel famoso Dark side of the Moon. Nella poco nota trasmissione radio «Usate Tango»(7) è lo stesso Armstrong a riferire di vedere «astronavi» aliene e una «forma di vita» sulla superficie lunare. L’agenzia spaziale americana si limitò a dire che quella non era la voce di Armstrong, e difatti Armstrong forse non c’è mai stato sulla Luna, ma la Nasa non ha mai detto che quella trasmissione è un falso! Una velata ammissione?
Mistero(8), quindi. Albert Einstein disse: «La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero; è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza». Quindi cari scettici, cari debunkers, cari sostenitori della versione ufficiale a tutti i costi, ciò significa che se non si accetta il mistero, non può esserci vera scienza. È come il gatto che si morde la coda, stavolta la “scienza” ha fatto largo uso della fantascienza che, a loro uso e consumo, è stata fatta passare per Scienza.
Quindi un piccolo passo per l’uomo (certo siamo sulla Terra), potrebbe essere stato un grande bluff per l’umanità. Un’umanità che sarebbe dovuta uscirne più coesa, che è ciò che induce a pensare la bellissima, da brividi, quasi reale, sequenza finale del film(9). Ancora una volta così non è stato.

Nota dell’autore:
Data una certa difficoltà, lo stesso, si riserva di correggere ove opportuno.

Note:
1. Dal TG2 del 29.08.2018.
2. http://www.treccani.it/enciclopedia/ragionamento_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
3. vedi anche: https://unoeditori.com/mai-stai-sulla-luna-misteri-e-anomalie-delle-missioni-apollo-e-front-screen-projection-2/
4 Un debunker (inglese), in italiano sbufalatore, demistificatore o disingannatore, è una persona che mette in dubbio o smaschera ciarlanaterie, bufale, affermazioni o notizie false, esagerate, antiscientifiche, dubbie o pretenziose (Wikipedia). Nel dvd compare diverse volte Paolo Attivissimo, del CICAP, uno dei più noti.
5. https://www.luogocomune.net/LC/8-imported/2409-ladirettat3837
6. In un’altra intervista su YouTube sembra confermare che lo sbarco non c’è stato.
https://www.youtube.com/watch?v=CvS-TvYDaxY
7. https://www.segnidalcielo.it/missione-apollo-11-parla-neil-armstrong-gli-alieni-ci-hanno-intimato-di-allontanarci/
8. È lo stesso regista ad usare il termine in un’intervista nel programma di Rai4 “Wonderland” puntata n°5 del 02.11.18.
9. Nel film Capricorn One (P. Hyams, 1978), viene addirittura simulato lo sbarco su Marte, molti non escludono che ci sia stato davvero.

Fonti:
http://www.fantascienza.com/23715/first-man-ecco-il-trailer-su-neil-armstrong-il-primo-uomo-sulla-luna
http://www.fantascienza.com/23920/il-primo-uomo-first-man-il-nuovo-trailer-ci-porta-sulla-luna
http://www.fantascienza.com/24107/first-man-il-primo-uomo-l-avventura-di-neil-armstrong
https://www.fantascienza.com/24103/first-man-la-vita-del-primo-uomo-sulla-luna
http://www.fantascienza.com/24097/biografia-di-un-eroe-moderno-neil-armstrong
https://www.comingsoon.it/cinema/news/il-primo-uomo-anche-in-italiano-il-trailer-del-film-di-damien-chazelle-con/n79082/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/first-man-ecco-ryan-gosling-nei-panni-di-neil-armstrong-nel-film-dedicato/n78963/
https://www.comingsoon.it/film/first-man-il-primo-uomo/54650/recensione/
https://www.comingsoon.it/cinema/interviste/il-mio-documentario-famigliare-su-neil-armstrong-chazelle-e-gosling/n81048/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/first-man-il-primo-uomo-ryan-gosling-in-una-nuova-clip-italiana-in/n82400/
https://www.mymovies.it/film/2018/firstman/
https://www.mymovies.it/film/2018/firstman/rassegnastampa/862741/
https://www.mymovies.it/film/2018/firstman/rassegnastampa/862743/
https://www.mymovies.it/film/2018/firstman/news/la-nostalgia-per-unamerica-che-non-ce-piu/#b1
http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2018/08/28/nasa-diffonde-19.000-ore-di-audio-dimenticati-dellapollo-11-_a1a8ae58-d8b7-4038-aa31-bb71748231bf.html
https://www.lastampa.it/2006/08/16/esteri/sbarco-sulla-luna-la-nasa-smarrisce-il-filmato-originale-ZIYJ0llVTd0a0CNHQb8i3N/pagina.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Programma_spaziale_sovietico
Wikipedia

Fonti Video:
DVD: American Moon, un film prodotto e diretto da Massimo Mazzucco; luogocomune.net
Clip: Gli strani eroi di Apollo 11, https://www.youtube.com/watch?v=M6RXvGiVLYQ

Credit: Immagini tratte da www.comingsoon.it;http://www.meteoweb.eu/2016/04/(La Presse);
http://www.astronavepegasus.it/pegasus;http://ilgiornodellaverita.blogspot.com/2016

Boston: la (finta?) caccia all’uomo

L’attentato alla maratona di Boston avvenuto il 15 aprile 2013, giorno della festa del Patriots Day (titolo originale), in ricordo delle battaglie di Concord e Lexington che furono le prime della Rivoluzione Americana, venne compiuto da Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev, due fratelli di origine cecena e causò la morte di tre persone tra cui un bambino di 8 anni e il ferimento di ben 264 persone. All’epoca dei fatti i fratelli avevano rispettivamente 26 anni Tamerlan, ucciso due giorni dopo l’attentato in uno scontro a fuoco con la polizia, ma nel film il colpo fatale glielo dà proprio il fratello  Dzhokhar 19 anni, investendolo con l’auto in fuga; quest’ultimo condannato a morte nel 2015, tramite iniezione e tutt’ora in attesa nel braccio della morte. L’attentato venne portato a termine facendo esplodere due rudimentali ordigni costruiti usando due pentole a pressione, riempite di esplosivo, chiodi, sfere di metallo e pezzi di ferro, inserite in due borse nere con un orologio da cucina usato come timer. Le due bombe vennero piazzate nei pressi del traguardo sulla Boylston Street, poste a circa 170 metri di distanza una dall’altra e fatte esplodere, probabilmente con un comando a distanza, con uno scarto di 12 secondi. Questi in sintesi i fatti; il film di Peter Berg, uno dei registi più patriottici, suoi infatti Deepwater Horizon e Kingdom, si basa sul libro Boston Strong, scritto a quattro mani da Casey Sherman e dal giornalista Dave Wedge.
Il regista, con uno stile che mette insieme scene quasi da docu-film e sequenze da vero action-movie, in particolare nella scena dove viene ucciso Tamerlan, trasforma tutta Boston in una sola location, con suggestive riprese dall’alto piene di gente e di vita, prima e durante la maratona e poi ad inquadrare una città deserta dopo i fatti, quasi sotto coprifuoco, con le sole forze dell’ordine a perlustrare le strade vuote.
La pellicola segue gli eventi in ordine cronologico: le ore precedenti la maratona, con la panoramica sui protagonisti, l’inizio e l’arrivo, lo scoppio delle bombe, il coinvolgimento di tutte le organizzazioni preposte al caso, il coraggio delle persone coinvolte, dal commissario della polizia Ed Davis, interpretato da un sorprendente J. Goodman, l’agente speciale dell’FBI Richard DesLauriers/K. Bacon e il sergente di polizia Tommy Saunders, personaggio focale della vicenda al quale presta il volto il bostoniano Mark Wahlberg, tra i produttori dell’opera dell’amico Berg.
Il film, come del resto altri del suo genere, è un’onesta trasposizione, a volte lo è fin troppo, ma al solito ci sono molti particolari interessanti che vale la pena analizzare per cercare di capire se, le immancabili tesi complottistiche, susseguenti l’attentano, abbiano o meno qualche fondamento.
I sostenitori troveranno nelle fonti materiale sufficiente per capire: si va dalle testimonianze dei presenti che dicono di aver visto agenti dei Navy Seals e contractors; a chi sostiene che tra i feriti, c’erano attori veramente amputati, come si vede chiaramente nella foto (ricordo che le forze armate statunitensi nelle esercitazioni, si avvalgono proprio della partecipazione di tali attori, come si può vedere qui), e tutte le incongruenze  e le contraddizioni dei testimoni oculari, che comunque possono sorgere in tali situazioni.
Nella sequenza, forse più cruciale del film, l’arrivo dell’agente speciale dell’FBI, lo si vede intento a discutere con il commissario della polizia e con il governatore di Boston: è lui che deve decidere se si tratta o meno di terrorismo. Nei dialoghi si capisce la titubanza del federale perché in tal caso entrano in gioco i media, il mercato azionario(?), i politici, oltre a reazioni impulsive fino a rigurgiti antimusulmani. Poi si allontana di qualche passo e raccoglie un frammento, lo guarda e decide che sì, si tratta di terrorismo! Tutto qui, senza interpellare nessuno, è bastato uno sguardo, un attimo e la decisione è presa. Ma come, e le leggi sul Patriot Act, ciò è possibile? Poco dopo, però è lo stesso agente speciale che al centro di comando dice che i sospettati «non sembrano il prototipo di un jihadista», e nel momento di stabilire se le foto devono essere pubblicate, afferma: «non posso decidere io, dipende dal procuratore generale». Ma non è lui al comando? Non è lui il responsabile nel prendere le decisioni, come al momento di stabilire se si trattava di terrorismo o meno? A proposito, ma come vengono identificati i sospetti attentatori? Se è ovvio che la macchina da presa segue passo passo i responsabili, rispettando com’è ovvio la sceneggiatura, facendo così immaginare allo spettatore l’esito finale, nella realtà dovrebbe essere più complesso, quasi come trovare un ago in un pagliaio. Ma non è così, visto che ormai ci sono telecamere di sorveglianza ovunque. Al centro di comando, dopo aver raccolto tutti i cellulari in grado di girare video, insieme ad altri portati dai presenti alla maratona, questi vengono analizzati uno ad uno, ma dopo averne visto parecchie decine, uno sbadiglio ci può stare, ma è proprio l’agente annoiato che poco dopo, nota un particolare, uno degli spettatori indossa un «cappellino bianco, è l’unico che guarda da un’altra parte!». Bingo! Mi raccomando se andate ad un qualsiasi evento pubblico, cercate di guardare dalla parte dove guardano tutti gli altri, non si sa mai. Così vengono individuati i responsabili “cappellino bianco”, il giovane Dzhokhar e “cappellino nero” il fratello maggiore Tamerlan, individuati in mezzo a migliaia di persone con cappellino e con zaino alle spalle e per una foto che li ritrae insieme. Altro avvertimento, se siete in mezzo alla folla e qualcuno scatta una foto (quelle in possesso degli agenti sono obbligatoriamente sgranate), fatevi più in là perché i due ragazzi musulmani «sembrano conoscersi»! Durante la fuga i due rapiscono un ragazzo cino-americano e Tamerlan nel breve dissidio verbale, fa un’affermazione sconcertante: l’11 settembre è stato un auto attentato, ad opera del governo americano, e manipolato dai media, come lo siamo tutti. Auto attentato, aggiungo io, come potrebbero essere: il massacro alla Columbine High School, strage in ambito scolastico avvenuta il 20 aprile 1999 negli Stati Uniti: 13 morti, 24 feriti; la strage in un cinema di Aurora, in Colorado, nel luglio 2012: 12 morti, 58 feriti; la carneficina alla Sandy Hook Elementary School,  avvenuta il 14 dicembre 2012 con la morte di 27 persone, 20 delle quali bambini di età compresa tra i 6 e i 7 anni. Chiedersi il perché di tutto ciò, è attualmente materia di studio, forse l’intento, come si vede chiaramente nel film, a parte gli alti interessi economici, serve all’élite di potere per cercare di instaurare uno stato di polizia perenne, dove i diritti e la privacy, di ogni cittadino, in qualsiasi parte del mondo, possano essere facilmente calpestati. Tornando al film, quando Tamerlan, dopo essere stato ferito dalla polizia e travolto dall’auto del fratello, viene trasportato in ospedale, all’improvviso nella sala operatoria entra(!) un sedicente agente dell’FBI, indifferente sia dei medici che dello stato del paziente, per identificarlo; ne pulisce le dita, mette il pollice sullo schermo dello scanner portatile (alla 007) e miracolo, compare la fototessera del terrorista: identificazione avvenuta. Ma le foto non erano tutte sgranate? Identificato il terrorista, identificata la moglie che viene interrogata senza l’ausilio dei Miranda Rights, di cui nessun poliziotto era a conoscenza, diritti che vengono concessi a ogni sospettato sotto custodia della polizia. Tali diritti vennero, a suo tempo, per ragioni di sicurezza, negati anche a Dzhokhar, in una delle ultime sedute di appello, quando funzionari della CIA e dell’FBI furono sentiti dal Senate Intelligence Commitee, per capire come mai, sebbene Tamerlan fosse considerato pericoloso, potè agire quasi indisturbato. Comunque l’interrogatorio della moglie, nel film, viene condotto da una squadra non meglio identificata, che scavalca l’autorità dell’agente speciale DesLauriers/Bacon, che non profferisce parola. L’ inquisitoria è condotta da una donna, che indossa il classico hijab (ma questo serve per entrare più in sintonia con la sospettata, alla fine la misteriosa agente se lo toglie in fretta), con una fredda, spietata lucidità. L’opera di Berg si conclude con i classici simboli americani: JFK, il baseball e le solite frasi di circostanza: «stay strong». Che è meglio di «Dio benedica l’America», ma sarebbe stato troppo, soprattutto per chi conosce il vero significato del termine “benedire”.

Nota dell’autore:
Mentre scrivo, sono da poco passate le 22:00, arriva la notizia di un nuovo attentato a Parigi, avvenuto circa un paio d’ore prima sugli Champs Elysées, dove il killer che ha ucciso un poliziotto, «era noto ai servizi segreti francesi ed era schedato come individuo radicalizzato e a rischio di perpretare attentati» (Televideo Rai).
Tutto questo a sole due ore dall’attentato e ci si chiede, se era a rischio, perché non fermarlo prima? Intanto al summit all’Eliseo, il Presidente Holland, sostiene che «siamo convinti che tutte le piste portano al terrorismo» (Rai News 24).
Già, questo deve essere sicuro, quando invece ancora, non si conosce il numero degli attentatori (uno o due), conferme e smentite sul numero delle vittime e con una falla nella App Saip, utilizzata per avvertire i cittadini in caso di attentato…

Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Boston_-_Caccia_all%27uomo
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_alla_maratona_di_Boston
http://www.mymovies.it/film/2016/patriotsday/pubblico/?id=757823
http://www.mymovies.it/film/2016/patriotsday/news/il-trailer-italiano/
http://www.mymovies.it/film/2016/patriotsday/
https://www.comingsoon.it/film/boston-caccia-all-uomo/53646/recensione/
http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/-boston-caccia-all-uomo-l-attentato-alla-maratona-arriva-al-cinema_3067363-201702a.shtml
http://www.filmtv.it/film/86780/boston-caccia-all-uomo/recensioni/888340/#rfr:film-86780
http://www.filmtv.it/film/86780/boston-caccia-all-uomo/cast/
http://www.filmtv.it/film/86780/boston-caccia-all-uomo/
http://www.ilpost.it/2017/04/14/boston-caccia-all-uomo-film/
http://www.badtaste.it/recensione/boston-caccia-alluomo-recensione/237120/
https://comedonchisciotte.org/forum-cdc/#/discussion/comment/97726
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/23/attentato-boston-e-caso-politico-su-gestione-della-cia-e-dellfbi/573277/
http://zret.blogspot.it/2013/04/maratona-di-boston-quando-il-governo-e.html#.WPhvJNLyjIU
http://voxnews.info/2013/04/18/boston-navy-seals-e-contractors-della-blackwater-alla-maratona/
http://campagnadisobbedienzaciviledimassa.blogspot.it/2013/04/la-tesi-dellauto-attentato-di-boston-ce.html?m=0

Credits: https://atruthsoldier.com/2013/04/22/frame-by-frame-analysis-of-crisis-actors-preparing-double-amputee-actor-at-boston-bombing/

Jackie e il suono del proiettile

Il film è Jackie, al secolo Jackline Bouvier, attualmente nelle sale, è diretto dal regista cileno Pablo Larraín, che vede D. Aronofsky tra i produttori, vincitore del premio per la miglior sceneggiatura all’ultimo Festival del Cinema di Venezia. Il proiettile è quello (o uno di quelli, come vedremo) che uccise il Presidente John Fitzgerald Kennedy il 22 novembre del 1963 a Dallas. Il suono è quanto invece resta alla moglie Jackie (interpretata da una quasi perfetta Natalie Portman), per legare e cercare di ricordare quegli attimi drammatici che segnarono la sua vita, quella di un’intera nazione e forse del mondo intero. Il film ruota chiaramente tutto intorno alla first lady che racconta, al giornalista politico del Life, Theodore H. White, nei primi giorni successivi all’omicidio, quei tragici eventi.
L’intervista ripresa in scene statiche, quasi simmetriche, a voler rimarcare maggiormente il pathos di quei momenti in cui Jackie sembra essere donna forte e debole allo stesso tempo. Leggera si muove tra le stanze della Casa Bianca, seppur vissute per un breve periodo, ma dense di ricordi, e madre tenera per i suoi due figli rimastigli. L’espressività tecnica, messa in mostra dal regista, si esalta in brevi istanti, tra riflessi nel vetro dell’auto con Jackie in primo piano e nel riflesso la folla addolorata durante il corteo funebre; il velo nero che copre il volto della giovane vedova quando leggere folate di vento autunnale scoprono i tratti tesi di moglie addolorata, quasi fosse una statua della Madonna seguita da tutta la sua corte; i pochi attimi in cui ella guarda nelle vetrine, i manichini che vestono i suoi abiti, fino al suo classico vestito di un candido color rosa confetto indossato da Jackline quel funesto giorno, sporcato dal sangue del marito e che lei insistette di indossare in quella che possiamo definire una vera farsa e cioè il giuramento del vice presidente Lyndon B. Johnson, sull’aereo che li riportava a casa.

Lyndon B. Johnson presta giuramento nell’ufficio dell’aereo presidenziale

Pochi frames, ma nei, e sui quali, ci sarebbe molto da dire. Larraín si sofferma pochissimo sulla figura di JFK, poco sui fatti di Dallas, e lo fa in modo delicato quasi onirico ed è qui che possiamo infilarci per cercare di esaminare, ma sintetizzando, cosa realmente successe.
Il regista evita di parlarne apertamente, ma lo fa elegantemente, perché questo non è lo scopo dichiarato del film e quindi a noi tocca ancora una volta leggere tra le righe e cogliere i pochi attimi che l’autore ci concede.
Ripeto questo non è una disamina approfondita (occorrerebbero pagine e pagine, tenuto conto anche delle innumerevoli risorse in rete); molto è stato detto e quasi sicuramente ci sarà da dire(1) in futuro, e cioè se quel giorno fu veramente Lee H. Oswald il solo ed unico a sparare, secondo quanto fu stabilito dalla Commissione Warren. Perché se così non fosse, e gli indizi sono tanti, allora si deve necessariamente «per definizione, parlare di complotto». La frase è tratta dal convincente film JFK – Un caso ancora aperto, diretto nel 1991 da Oliver Stone. Andiamo con ordine: la farsa del giuramento di Johnson che alcuni ritengono(2) come uno dei coinvolti. Perché tanta fretta nel farlo giurare? Per non lasciare la nazione senza il leader primario?
Perché costringere una vedova distrutta in anima e corpo a presenziare al giuramento? Per una sorta di approvazione o di consenso, una tutela o per fugare così ogni dubbio che i responsabili sapevano ci sarebbero stati? Nel film di Larraín c’è un particolare interessante, appena finita la cerimonia del giuramento tra gli altri, il neo presidente stringe la mano, ad un membro defilato del suo staff e gli rivolge alcune parole.
Non sapremo mai cosa gli ha detto, ma c’è chi sostiene che gli rivolse una sorta di ammiccamento come per dire «c’è l’abbiamo fatta!». Cosa intendeva veramente Johnson? Parlava della sua carica o di altro? Non lo sapremo mai. Adesso la figura di Lee Harvey Oswald(3). Nel film di Stone viene realisticamente descritta, fin nei minimi particolari. Chi lo considerava un comunista militante (sulla relativa pagina di Wikipedia c’è la foto che lo ritrae con un fucile; lo stesso usato quel giorno, modello Mannlicher-Carcano costruito a Terni), chi un’agente dell’onnipresente CIA, la testimonianza della moglie, i movimenti effettuati il 22 novembre, l’appostamento in una stanza della Biblioteca, una delle posizioni favorevoli, ma non l’unica, che dava direttamente sulla Dealey Plaza (per entrarvi il corteo presidenziale avrebbe dovuto necessariamente rallentare in curva); gli attimi precedenti gli spari, la fuga, la cattura in un cinema, l’arresto effettuato senza leggergli i diritti (è lui stesso che lo afferma, come si vede anche in Jackie), e poi mentre avveniva il trasferimento in carcere, ucciso dal criminale Jack Ruby(4): L. H. Oswald, cecchino, assassino in un crimine che forse non ha commesso da solo, capro espiatorio, messo subito a tacere.
Perché? «Chi piange oggi Lee Harvey Oswald» è quanto afferma il giudice Jim Garrison/Costner nel film di Stone, l’unico che ebbe il coraggio di affrontare tutto il sistema (e la Commissione Warren in particolare), memorabile il suo monologo inneggiante la democrazia che egli ritenne assente in tutta la vicenda. Ma perché Oswald potrebbe non essere stato il solo a sparare? Sempre dal film di Stone si evince: «con il contributo della visione in aula del celebre film(filmato amatoriale, nda) di Zapruder, propone uno scenario con tre diversi esecutori, i quali, con un attentato realizzato attraverso la tattica del fuoco incrociato, avrebbero ucciso Kennedy con 6 spari, invece dei 3 statuiti dalla Commissione Warren, dei quali 4 a segno»(5), inoltre nel film di Stone viene ampiamente dimostrato che, se fosse stato un solo tiratore a sparare, da una sola posizione e con quel fucile, sarebbe stato impossibile, i migliori snipers americani, in pochi secondi, non ci riuscirono. Entriamo quindi, più nel merito della questione: i proiettili sparati. Nel film del regista cileno, Jackie sente lo sparo che colpisce alla gola il marito (come nel film di Stone, ma in questo si ode “il suono” di un precedente sparo che ferisce un passante a diverse decine di metri di distanza), poi il colpo mortale che colpisce sopra la tempia destra il presidente che si accascia di lato (anche nel film di Larraìn) e con Jackie nella scena più drammatica dei due film (nel film di Stone sono proprio gli istanti tratti dal filmato Zapruder) che si prodiga, quasi in trance, a raccogliere pezzi di cranio e di materia grigia del marito sul cofano dell’auto. Questo è il colpo che evidenzia la presenza di un secondo tiratore come sostiene ancora il giudice Garrison nel film di Stone.

Teoria della Pallottola Magica

Ma nell’opera del regista americano c’è anche quella che viene definita la “teoria della pallottola magica”(6): lo sparo che ferì anche alcuni degli occupanti della limousine scoperta, con una traiettoria tale da mettere in discussione tutte le leggi della fisica, pallottola che dopo aver attraversato lamiere, sedili e vari corpi venne “magicamente” ritrovata intatta tra i reperti requisiti. Chi ha un minimo di onestà intellettuale deve ammettere che ciò è quasi impossibile e quindi forse ci fu davvero un complotto dietro l’omicidio Kennedy, altrimenti gli scettici (lo scetticismo è solo mancanza di conoscenza), che non credono alle teorie complottistiche, devono per forza di cosa accettare la teoria magistralmente descritta nel film di Stone. Purtroppo per loro un’altra via non c’è.
Per non parlare della morte del figlio John John, in un incidente aereo nel 1991, le cui cause non sono state del tutto chiarite e che molti pensano collegata alla morte del padre.
E veniamo alla madre di tutte le domande: chi e perchè uccise John Fiztgerald Kennedy? Anche qui le ipotesi non mancano: mafia, politici guerrafondai per la questione Vietnam, CIA, FBI, KGB, Fidel Castro, il colosso finanziario-bancario perché il presidente americano voleva eliminare il cosiddetto “signoraggio” e tra le tante altre, non per ultima, la questione ufologica. Kennedy, come alcuni altri presidenti (anche Hillary Clinton, a suo dire, se fosse stata eletta), voleva cancellare il Top Secret sugli Ufo, ma disse che «ho le mani legate»(7), oppure le conversazioni telefoniche con Marilyn Monroe (uccisa per lo stesso motivo?, nda) in cui dice di andare a vedere «qualcosa proveniente dallo spazio»(8). Questi in sintesi i fatti, non ci sono vere e proprio conclusioni, questo post potrebbe essere considerato tutto un ricettacolo di fakes (v. il clamore che sta suscitando il DDL n° 2688 appunto sulle Fake News, notizie false, in attesa di approvazione), oppure potrebbe aprire gli occhi a quanti si soffermano solo alle dichiarazioni ufficiali e di facciata dei media asserviti al potere costituito. Jackie, nel finale, quasi si confessa con il prete che gli ricorda la vicenda di Gesù che apre gli occhi del cieco coprendoli di fango e mandandolo a lavarsi presso la piscina di Sìloe; ma questa, come spero vedremo presto, è tutta un’altra storia.

Note e fonti:

  1. Le notizie sono discordanti, comunque la data dovrebbe essere il 2029, per decreto imposto da Johnson. 40 mila fascicoli da desecretare: “se non hai nulla da nascondere, perché lo nascondi?”. Per chi volesse approfondire:
    http://www.ilgiornale.it/news/cultura/verit-su-jfk-sar-pubblicata-cia-permettendo-1133494.html
    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/14/colpo-di-scena-nel-caso-kennedy-archivi.html
  2. Tra gli altri: http://win.storiain.net/arret/num184/artic2.asp
  3. https://it.wikipedia.org/wiki/Lee_Harvey_Oswald; vedere la foto giudicata un fotomontaggio come mostrato nel film di O. Stone.
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Jack_Ruby
  5. https://it.wikipedia.org/wiki/JFK_-_Un_caso_ancora_aperto
  6. Magic Bullet Theory: in https://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_Warren avallata dalla Commissione Warren che giudicò possibile tale traiettoria!
  7. http://italia.pravda.ru/science/07-09-2006/2974-0/
  8. Pablo Ayo, I Marilyn Files, in Ufo Network, Editore Futuro, Roma, settembre 1999.

http://www.mymovies.it/film/2016/jackie/
https://it.wikipedia.org/wiki/Lyndon_B._Johnson
http://www.ticinolive.ch/2013/09/25/cosa-e-successo-sullair-force-one-dopo-lassassinio-di-j-f-kennedy/
http://www.ilpost.it/2017/02/23/jackie-kennedy-film-storia-vera/
http://www.disinformazione.it/Fake_news.htm
http://www.ndonio.it/John%20F.%20Kennedy.htm

credits: Wikipedia, http://www.remocontro.it/2013/11/17/assassinio-kennedycomplotto-irrisoltodocumenti-2-trame/

 

 

Independence Day: il ritorno

independence-day-resurgenceCinquant’anni fa, l’8 settembre 1966 la NBC, mandò in onda il primo episodio della saga di Star Trek, diventata un marchio della FS e dove tra le altre cose si parlava della Federazione Galattica dei Pianeti che, oggi a distanza di mezzo secolo, è ancora lungi dal divenire. Pochi giorni fa è uscita la notizia del remake del film Alien Nation (G. Baker, 1988) in cui gli alieni, sfuggiti al controllo di un’altra razza ET, arrivano con una gigantesca nave madre (mother-ship), chiedendo asilo alla popolazione terrestre ricevendo in cambio diffidenza e disprezzo. Esattamente a distanza di 20 anni è uscito un altro marchio fortunato Independence Day: rigenerazione, ancora con la firma del “grande distruttore” e ormai maestro indiscusso del catastrofico: Roland Emmerich. Dopo una sofferta rispolverata al cast, manca il pezzo grosso Will Smith, e con l’introduzione di nuovi personaggi: il presidente interpretato da Bill Pullman (in pensione, ma ancora presente e funzionale nella trama perché colpito da molte visioni su un possibile secondo attacco) è stato sostituito al timone della nazione più potente della Terra dalla presidente Lanford, l’attrice Sela Ward, donna dal carattere aggressivo, ma allo stesso tempo senza polso e senza carisma, in una sorta di augurio, forse profetico, per la senatrice Hillary Clinton, nella corsa alla Casa Bianca; l’introduzione di un nuovo personaggio interpretato dalla bravissima Charlotte Gainsbourg, specializzata nell’identificare i segnali lasciati dagli alieni sul nostro pianeta. Capitolo a parte per lo scienziato Levinson/Goldblum, addirittura a capo dell’Earth Space Defeance, una sorta di SDI Strategic Defeance Iniziative di reganiana memoria, ma che diversamente dalla realtà non si tratta solo di una serie di satelliti per la difesa, ma per l’aver costruito sulla Luna una potentissima stazione militare con tanto di cannone al plasma, e per aver progettato, usando retro ingegneria aliena un velivolo ibrido molto potente che agli ufologi potrebbe ricordare la vera flotta spaziale terrestre denominata Solar Warden che, secondo quanto scoperto dall’hacker Gary Mckinnon consta di 8 astronavi più 43 ricognitori piccoli ed opera sotto il comando del Naval Network Usa e lo Space Command Operations (1). Nel film, la civiltà umana, è riuscita a rimettersi in piedi ricostruendo tutte le città distrutte durante il prima attacco e anzi, adesso l’umanità è assai progredita, avendo a disposizione l’ingegneria aliena, e vive sotto un’unica bandiera, un’unica legge e in pace da vent’anni senza conflitti armati fra le varie nazioni: questa davvero noi la denominiamo fantascienza, ma è il primo motivo per il quale i potenti della Terra sono restii al famigerato Disclosure della presenza aliena sulla Terra in quanto tale rivelazione avrebbe l’effetto di un collante per tutti i popoli: il vero traino dell’economia mondiale, la guerra, i conflitti, la vendita delle armi, le varie differenze, le guerre sante e non, il terrorismo, ecc. scomparirebbero, e l’umanità respirerebbe la stessa aria (parafrasando JFK in un famoso discorso), non più inquinata e senza global warming ed è chiaro che tutto ciò andrebbe contro gli interessi del Nuovo Ordine Mondiale che si basa sul millenario concetto del divide et impera. Come accennato poc’anzi alcuni personaggi del primo film: il vecchio presidente, il simpatico dottor Okun interpretato ancora da Brent Spiner (il “Data” di Star Trek), il guerriero Congolese capo dei ribelli che hanno sconfitto gli ultimi alieni rimasti, sono perseguitati da visioni che si manifestano sottoforma di impulsi sonori che arrivano direttamente al cervello e che per quest’ultimo hanno a che fare con una sorta di linguaggio alieno con un preciso simbolo: il cerchio o in 3D una sfera. La letteratura ufologica è piena di esempi simili, si va dalla mappa stellare ricordata sotto ipnosi regressiva da Betty Hill (rapita insieme al marito, primo caso di abduction registrato), al codice binario di uno dei sottoufficiali nella foresta di Rendlesham in Inghilterra, in un IR2 nei pressi della base RAF di Woodbridge. E ora the arrival: l’arrivo, il ritorno. Tra parentesi, in The Arrival (D. Twohy, 1996), film interpretato da Charlie Sheen, radioastronomo, il quale scopre che l’aumento del riscaldamento globale (global warming) è causato da extraterrestri insediatisi nel sottosuolo terrestre. In Arrival (D. Villeneuve) in uscita a novembre, invece, viene usato un linguaggio simile al simbolo usato nel film in questione, che ha sempre come base il cerchio. Se nel primo film veniva detto che gli alieni, che parcheggiarono l’astronave madre lunga solo 500 km di diametro, nei pressi della Luna e che spostavano la loro civiltà di pianeta in pianeta per depredarne le risorse naturali, ora si scopre che in realtà la civiltà aliena non è stata del tutto distrutta, ma arrivano con un’altra mega astronave madre di quasi 5.000 km di diametro, con una propria gravità, e che atterra nell’oceano atlantico, da costa a costa. Se vi fanno paura le dimensioni e pensate che dimensioni del genere sono davvero incredibili, fate una breve ricerca in rete e vi accorgerete che alcuni satelliti hanno ripreso oggetti (astronavi aliene?) prossimi al sole delle dimensioni del pianeta Terra! Inoltre all’interno dell’immenso Ufo, in una sorta di alveare, vive la regina, concetto questo che rimanda naturalmente alla saga di Alien, che come nel film Aliens: scontro finale (J. Cameron, 1986), alla fine viene anch’essa uccisa. Stavolta lo scontro finale (sarà veramente l’ultimo?) si svolge come al solito nell’Area 51, diventata ormai il quartier generale delle forze armate terrestri. Se il nuovo I.D. sempre spettacolare dato l’apporto immancabile della computer graphics (CGI) e con gli alieni questa volta disegnati totalmente al computer non riuscirà, cinematograficamente, a rinverdire i fasti e il successo del primo film (1996) seppur definito dalla critica un videogioco, come visto ci sono alcuni concetti ed elementi che corroborano le tesi ufologiche e che hanno come novità inserita nella narrazione un concetto che va al di là dell’ufologia stessa, toccando le alte punte della cosiddetta esopolitica. Prima dell’arrivo dell’immensa nave spaziale, uno strano fenomeno preannuncia l’arrivo di una sonda aliena perfettamente sferica: la perfezione sferica è già di per sé un potente messaggio (v. il film Sfera di B. Levinson), appartenente ad un’altra civiltà aliena, ma che gli ottusi militari americani distruggono, dalla serie prima spari e poi fai domande. All’interno della sfera distrutta viene trovata un’altra sfera, ma di dimensioni molto più piccole, perfettamente liscia, levigata e di colore bianco, che in realtà ricorda il simbolo percepito da chi avvertiva il ronzio nelle orecchie, una sorta di Hard-Drive contenente tutta la scienza di una razza aliena giunta sulla Terra per avvertire del pericolo che stanno correndo, spiegando che anche la loro civiltà è stata attaccata dagli stessi alieni ostili. Non aggiungo altri spoiler, dico solo che il contenuto della piccola sfera, con interfaccia sonora umana potrebbe far balzare di colpo la nostra civiltà, secondo la scala di Kardashev, direttamente al Tipo III, che definisce una civiltà intergalattica. Ma il concetto può essere, come detto, ampliato, in questo caso non è stata applicata la famosa prima direttiva, tanto cara a Star Trek: una civiltà superiore non può interagire con una civiltà meno evoluta, in quanto l’evoluzione stessa deve seguire il proprio percorso. Nella realtà, purtroppo ciò non è avvenuto, gli alieni di tipo nordico, avvertirono l’umanità del pericolo portato dalla razza dei grigi (2), ma il governo americano in primis non dette ascolto a tale monito perché avevano già stipulato, nel 1954 nella base aerea di Muroc, il famigerato “patto scellerato”: tecnologia extraterrestre in cambio di vite umane.

Note e fonti:

1. http://www.universo7p.it/solar-warden-il-progetto-spaziale-top-secret/
2. http://www.hackthematrix.it/?p=7628?p=7628?p=762
http://www.fantascienza.com/21625/independence-day-rigenerazione-9-cose-da-sapere-sulla-nuova-invasione
wikipedia

Photo credits: www.fantascienza.com

Migranti: l’ultima piaga

Le piaghe d’Egitto (10 in totale) sono le punizioni che, secondo l’AT, Dio inflisse agli Egizi affinchè Mosè potesse liberare gli Israeliti dalla schiavitù. Nel dettaglio basta andare su Wikipedia dove oltre alla nota appena citata c’è la spiegazione delle 10 piaghe.
Più precisamente è nel libro dell’Esodo in cui si racconta delle piaghe, ma dove si dice anche: «Non maltratterai lo straniero e non l’opprimerai perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto» (Esodo: 22, 21).
Pure in alcune opere cinematografiche le piaghe vengono citate, singolarmente o tutte insieme, quando queste sono utilizzate come elemento conduttore della trama, ad esempio: I dieci Comandamenti (C. B. DeMille, 1956), nel cartone Il principe d’Egitto (AA.VV., 1998), La settima Profezia (C. Schultz, 1988), fino a I Segni del male (S. Hopkins, 2007) per arrivare a Exodus – Dei e re diretto da R. Scott lo scorso anno. Ma io vorrei citare un altro film che all’apparenza è poco probante, ma dal quale ho estratto questa citazione: «Bisogna fermare questa follia… Siamo stati costretti a prendere decisioni difficili per salvare la civiltà umana. Ma essere umani significa avere a cuore gli altri e civiltà significa collaborare per creare una vita migliore. Se questo è vero, allora non c’è niente di umano e niente di civilizzato in ciò che qui stiamo facendo… Domandatevi: possiamo stare a guardare mentre questa gente muore?.. Quando cessiamo di lottare gli uni per gli altri quello è il momento in cui perdiamo la nostra umanità. Dobbiamo far entrare quella gente… Tutti quanti laggiù saranno morti invano se diamo inizio al nostro futuro con un atto di crudeltà. Cosa direte ai vostri figli? E loro cosa diranno ai loro figli?».
Il film in questione è 2012 diretto da R. Emmerich nel 2009 (e qui apro una breve parentesi perché noi ricercatori di frontiera credemmo che quella data segnasse un chissà quale catastrofico evento, invece, e sono il primo ad ammetterlo molti di noi hanno sbagliato perché quella data non rappresenta la fine, ma l’inizio di una serie di eventi estremi di cui si è già discusso abbastanza anche su questo blog.
In realtà quanto sopra riportato è il discorso finale del consigliere scientifico del Presidente Usa che era contrario a lasciare quanti non erano riusciti a trovare posto sulle arche e affidarli “solo” nelle mani di Dio.
Eppure quanto sta tuttora accadendo può essere usata come metafora e lo scempio dei migranti sulle coste del mediterraneo lo spunto per una seria riflessione.
Tempo fa partecipai ad un breve dibattito che verteva su una domanda ben precisa, l’oratore chiese al pubblico in sala, in massima parte giovani, ma già con un posto stabile nella società, se: «nel viaggio della vita, siamo vagabondi o pellegrini».
Senza dare precise motivazioni, gran parte dei presenti asserì che siamo più pellegrini che vagabondi, ma questo forse era, ed è, dovuto al fatto che il vocabolo “vagabondo” a volte assume un significato negativo e la definizione di “pellegrino” è condizionato dal concetto cattolico del termine.
Sembra una risposta facile e scontata, ma a pensarci bene non lo è; lì per lì non risposi, preferisco riflettere e poi scrivere le mie impressioni: queste.
Siamo tutti in viaggio, è vero, ma non siamo né vagabondi, né pellegrini.
Volendo dare una definizione, si potrebbe dire che il “vagabondo” è colui che, sebbene sa da dove sia partito e che cosa ha lasciato, non sa nemmeno dove passerà la notte.
Il “pellegrino”, al contrario, non gli importa da dove è partito, egli ha in testa solo di raggiungere la tanto agognata mèta. Noi, totalmente immersi nella società moderna, siamo, invece, come le tante persone che incrociamo ogni giorno per strada, che ci sfiorano per un attimo tra la folla, oppure che si fermano in macchina di fianco, nel traffico cittadino. Chi, non ha mai pensato, almeno per un istante dopo aver sbirciato, senza farsi scorgere: chi è quella persona, da dove viene e dove va?
Ecco quello che siamo: siamo tutti viandanti.
Sballottati a destra e a sinistra, senza un punto di partenza, senza una mèta precisa, come le foglie o un sacchetto di plastica nel vento, ma con la testa piena di domande sul senso della vita: chi sono? Da dove vengo? Dove stò andando? Non è la classica via di mezzo, sarebbe quanto meno troppo semplicistico, e anche se abusate, queste introspezioni gettano le radici nel nostro passato più profondo ed alle quali né la scienza, né le religioni hanno finora potuto dare risposta; la scienza perché non ha saputo, la Chiesa perché non ha voluto.
Ed ecco che l’uomo moderno, senza nessun punto di riferimento, proprio come un disperso tra la folla, cade in crisi, una crisi profonda che potrebbe portarlo sull’orlo del baratro: a guardare il buio del nostro futuro.
Per sfuggire a tutto ciò, ci siamo illusi che il progresso avrebbe potuto salvarci.
Abbiamo creduto che il consumismo sfrenato e la corsa al possesso di svariati beni materiali avrebbero riempito i vuoti della nostra vita. Ma così non è ed intanto il mondo cade in rovina, va a rotoli.
Per contro c’è chi s’impegna, c’è chi, ad esempio, si dedica tutta la vita ad aiutare chi soffre, sacrificio, come si diceva un tempo, nobile, ma non basta.
Il villaggio globale si allarga, diventa sempre più una famiglia, accettando ciò solo così possiamo capire di essere un tutt’uno e avremo finalmente la piena consapevolezza del nostro posto nell’intero universo, dando risposta a tutte le domande.
John Fitzgerald Kennedy, ebbe a dire, in un suo famosissimo discorso, che qui, sulla Terra «siamo solo di passaggio», appunto, come i viandanti o migranti.

Fonti:
Wikipedia
http://www.liberopensare.com/articoli/1010-cronache-marziane
http://www.liberopensare.com/articoli/1024-il-sonno-della-ragione
http://www.repubblica.it/argomenti/Immigrazione
http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/immigrazione/
http://www.immigrazione.it/
http://gionapanarello.com/279/

photo credits:
http://www.migrantitorino.it/?p=10984#comment-13639

Verificato da MonsterInsights