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Boston: la (finta?) caccia all’uomo

L’attentato alla maratona di Boston avvenuto il 15 aprile 2013, giorno della festa del Patriots Day (titolo originale), in ricordo delle battaglie di Concord e Lexington che furono le prime della Rivoluzione Americana, venne compiuto da Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev, due fratelli di origine cecena e causò la morte di tre persone tra cui un bambino di 8 anni e il ferimento di ben 264 persone. All’epoca dei fatti i fratelli avevano rispettivamente 26 anni Tamerlan, ucciso due giorni dopo l’attentato in uno scontro a fuoco con la polizia, ma nel film il colpo fatale glielo dà proprio il fratello  Dzhokhar 19 anni, investendolo con l’auto in fuga; quest’ultimo condannato a morte nel 2015, tramite iniezione e tutt’ora in attesa nel braccio della morte. L’attentato venne portato a termine facendo esplodere due rudimentali ordigni costruiti usando due pentole a pressione, riempite di esplosivo, chiodi, sfere di metallo e pezzi di ferro, inserite in due borse nere con un orologio da cucina usato come timer. Le due bombe vennero piazzate nei pressi del traguardo sulla Boylston Street, poste a circa 170 metri di distanza una dall’altra e fatte esplodere, probabilmente con un comando a distanza, con uno scarto di 12 secondi. Questi in sintesi i fatti; il film di Peter Berg, uno dei registi più patriottici, suoi infatti Deepwater Horizon e Kingdom, si basa sul libro Boston Strong, scritto a quattro mani da Casey Sherman e dal giornalista Dave Wedge.
Il regista, con uno stile che mette insieme scene quasi da docu-film e sequenze da vero action-movie, in particolare nella scena dove viene ucciso Tamerlan, trasforma tutta Boston in una sola location, con suggestive riprese dall’alto piene di gente e di vita, prima e durante la maratona e poi ad inquadrare una città deserta dopo i fatti, quasi sotto coprifuoco, con le sole forze dell’ordine a perlustrare le strade vuote.
La pellicola segue gli eventi in ordine cronologico: le ore precedenti la maratona, con la panoramica sui protagonisti, l’inizio e l’arrivo, lo scoppio delle bombe, il coinvolgimento di tutte le organizzazioni preposte al caso, il coraggio delle persone coinvolte, dal commissario della polizia Ed Davis, interpretato da un sorprendente J. Goodman, l’agente speciale dell’FBI Richard DesLauriers/K. Bacon e il sergente di polizia Tommy Saunders, personaggio focale della vicenda al quale presta il volto il bostoniano Mark Wahlberg, tra i produttori dell’opera dell’amico Berg.
Il film, come del resto altri del suo genere, è un’onesta trasposizione, a volte lo è fin troppo, ma al solito ci sono molti particolari interessanti che vale la pena analizzare per cercare di capire se, le immancabili tesi complottistiche, susseguenti l’attentano, abbiano o meno qualche fondamento.
I sostenitori troveranno nelle fonti materiale sufficiente per capire: si va dalle testimonianze dei presenti che dicono di aver visto agenti dei Navy Seals e contractors; a chi sostiene che tra i feriti, c’erano attori veramente amputati, come si vede chiaramente nella foto (ricordo che le forze armate statunitensi nelle esercitazioni, si avvalgono proprio della partecipazione di tali attori, come si può vedere qui), e tutte le incongruenze  e le contraddizioni dei testimoni oculari, che comunque possono sorgere in tali situazioni.
Nella sequenza, forse più cruciale del film, l’arrivo dell’agente speciale dell’FBI, lo si vede intento a discutere con il commissario della polizia e con il governatore di Boston: è lui che deve decidere se si tratta o meno di terrorismo. Nei dialoghi si capisce la titubanza del federale perché in tal caso entrano in gioco i media, il mercato azionario(?), i politici, oltre a reazioni impulsive fino a rigurgiti antimusulmani. Poi si allontana di qualche passo e raccoglie un frammento, lo guarda e decide che sì, si tratta di terrorismo! Tutto qui, senza interpellare nessuno, è bastato uno sguardo, un attimo e la decisione è presa. Ma come, e le leggi sul Patriot Act, ciò è possibile? Poco dopo, però è lo stesso agente speciale che al centro di comando dice che i sospettati «non sembrano il prototipo di un jihadista», e nel momento di stabilire se le foto devono essere pubblicate, afferma: «non posso decidere io, dipende dal procuratore generale». Ma non è lui al comando? Non è lui il responsabile nel prendere le decisioni, come al momento di stabilire se si trattava di terrorismo o meno? A proposito, ma come vengono identificati i sospetti attentatori? Se è ovvio che la macchina da presa segue passo passo i responsabili, rispettando com’è ovvio la sceneggiatura, facendo così immaginare allo spettatore l’esito finale, nella realtà dovrebbe essere più complesso, quasi come trovare un ago in un pagliaio. Ma non è così, visto che ormai ci sono telecamere di sorveglianza ovunque. Al centro di comando, dopo aver raccolto tutti i cellulari in grado di girare video, insieme ad altri portati dai presenti alla maratona, questi vengono analizzati uno ad uno, ma dopo averne visto parecchie decine, uno sbadiglio ci può stare, ma è proprio l’agente annoiato che poco dopo, nota un particolare, uno degli spettatori indossa un «cappellino bianco, è l’unico che guarda da un’altra parte!». Bingo! Mi raccomando se andate ad un qualsiasi evento pubblico, cercate di guardare dalla parte dove guardano tutti gli altri, non si sa mai. Così vengono individuati i responsabili “cappellino bianco”, il giovane Dzhokhar e “cappellino nero” il fratello maggiore Tamerlan, individuati in mezzo a migliaia di persone con cappellino e con zaino alle spalle e per una foto che li ritrae insieme. Altro avvertimento, se siete in mezzo alla folla e qualcuno scatta una foto (quelle in possesso degli agenti sono obbligatoriamente sgranate), fatevi più in là perché i due ragazzi musulmani «sembrano conoscersi»! Durante la fuga i due rapiscono un ragazzo cino-americano e Tamerlan nel breve dissidio verbale, fa un’affermazione sconcertante: l’11 settembre è stato un auto attentato, ad opera del governo americano, e manipolato dai media, come lo siamo tutti. Auto attentato, aggiungo io, come potrebbero essere: il massacro alla Columbine High School, strage in ambito scolastico avvenuta il 20 aprile 1999 negli Stati Uniti: 13 morti, 24 feriti; la strage in un cinema di Aurora, in Colorado, nel luglio 2012: 12 morti, 58 feriti; la carneficina alla Sandy Hook Elementary School,  avvenuta il 14 dicembre 2012 con la morte di 27 persone, 20 delle quali bambini di età compresa tra i 6 e i 7 anni. Chiedersi il perché di tutto ciò, è attualmente materia di studio, forse l’intento, come si vede chiaramente nel film, a parte gli alti interessi economici, serve all’élite di potere per cercare di instaurare uno stato di polizia perenne, dove i diritti e la privacy, di ogni cittadino, in qualsiasi parte del mondo, possano essere facilmente calpestati. Tornando al film, quando Tamerlan, dopo essere stato ferito dalla polizia e travolto dall’auto del fratello, viene trasportato in ospedale, all’improvviso nella sala operatoria entra(!) un sedicente agente dell’FBI, indifferente sia dei medici che dello stato del paziente, per identificarlo; ne pulisce le dita, mette il pollice sullo schermo dello scanner portatile (alla 007) e miracolo, compare la fototessera del terrorista: identificazione avvenuta. Ma le foto non erano tutte sgranate? Identificato il terrorista, identificata la moglie che viene interrogata senza l’ausilio dei Miranda Rights, di cui nessun poliziotto era a conoscenza, diritti che vengono concessi a ogni sospettato sotto custodia della polizia. Tali diritti vennero, a suo tempo, per ragioni di sicurezza, negati anche a Dzhokhar, in una delle ultime sedute di appello, quando funzionari della CIA e dell’FBI furono sentiti dal Senate Intelligence Commitee, per capire come mai, sebbene Tamerlan fosse considerato pericoloso, potè agire quasi indisturbato. Comunque l’interrogatorio della moglie, nel film, viene condotto da una squadra non meglio identificata, che scavalca l’autorità dell’agente speciale DesLauriers/Bacon, che non profferisce parola. L’ inquisitoria è condotta da una donna, che indossa il classico hijab (ma questo serve per entrare più in sintonia con la sospettata, alla fine la misteriosa agente se lo toglie in fretta), con una fredda, spietata lucidità. L’opera di Berg si conclude con i classici simboli americani: JFK, il baseball e le solite frasi di circostanza: «stay strong». Che è meglio di «Dio benedica l’America», ma sarebbe stato troppo, soprattutto per chi conosce il vero significato del termine “benedire”.

Nota dell’autore:
Mentre scrivo, sono da poco passate le 22:00, arriva la notizia di un nuovo attentato a Parigi, avvenuto circa un paio d’ore prima sugli Champs Elysées, dove il killer che ha ucciso un poliziotto, «era noto ai servizi segreti francesi ed era schedato come individuo radicalizzato e a rischio di perpretare attentati» (Televideo Rai).
Tutto questo a sole due ore dall’attentato e ci si chiede, se era a rischio, perché non fermarlo prima? Intanto al summit all’Eliseo, il Presidente Holland, sostiene che «siamo convinti che tutte le piste portano al terrorismo» (Rai News 24).
Già, questo deve essere sicuro, quando invece ancora, non si conosce il numero degli attentatori (uno o due), conferme e smentite sul numero delle vittime e con una falla nella App Saip, utilizzata per avvertire i cittadini in caso di attentato…

Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Boston_-_Caccia_all%27uomo
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_alla_maratona_di_Boston
http://www.mymovies.it/film/2016/patriotsday/pubblico/?id=757823
http://www.mymovies.it/film/2016/patriotsday/news/il-trailer-italiano/
http://www.mymovies.it/film/2016/patriotsday/
https://www.comingsoon.it/film/boston-caccia-all-uomo/53646/recensione/
http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/supercinema/-boston-caccia-all-uomo-l-attentato-alla-maratona-arriva-al-cinema_3067363-201702a.shtml
http://www.filmtv.it/film/86780/boston-caccia-all-uomo/recensioni/888340/#rfr:film-86780
http://www.filmtv.it/film/86780/boston-caccia-all-uomo/cast/
http://www.filmtv.it/film/86780/boston-caccia-all-uomo/
http://www.ilpost.it/2017/04/14/boston-caccia-all-uomo-film/
http://www.badtaste.it/recensione/boston-caccia-alluomo-recensione/237120/
https://comedonchisciotte.org/forum-cdc/#/discussion/comment/97726
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/23/attentato-boston-e-caso-politico-su-gestione-della-cia-e-dellfbi/573277/
http://zret.blogspot.it/2013/04/maratona-di-boston-quando-il-governo-e.html#.WPhvJNLyjIU
http://voxnews.info/2013/04/18/boston-navy-seals-e-contractors-della-blackwater-alla-maratona/
http://campagnadisobbedienzaciviledimassa.blogspot.it/2013/04/la-tesi-dellauto-attentato-di-boston-ce.html?m=0

Credits: https://atruthsoldier.com/2013/04/22/frame-by-frame-analysis-of-crisis-actors-preparing-double-amputee-actor-at-boston-bombing/

Il velo della discordia

il velo delle suore e l’Hijab islamico

Pochi giorni fa, a Bologna una ragazza di 14 anni, originaria del Bangladesh, dopo aver rifiutato il velo, è stata completamente rasata a zero, dai suoi familiari. La preside della scuola frequentata dalla ragazzina, ha avvertito i carabinieri e la Procura, ha tolto la ragazza alla famiglia. La notizia, ha creato immancabilmente sdegno tra la popolazione italiota, condannando come sempre più spesso accade la famiglia musulmana, la tradizione islamica, il velo, come simbolo di sottomissione della donna. E a proposito di simboli, a metà marzo scorso, una sentenza(1) della Corte di Giustizia Europea ha stabilito che non è discriminatorio proibire di indossare visibilmente, sul lavoro, simboli religiosi, ma anche politici e filosofici.
In pratica in Francia e in Belgio, donne musulmane sono state licenziate perché si sono rifiutare di togliersi il velo durante l’orario di lavoro. Quelli descritti non sono semplici fatti di cronaca, i media, come al solito hanno amplificato il tutto, con un rumore talmente assordante da confondere ancor di più le idee e le opinioni di una massa sempre più costretta a subire quanto gli viene rifilato, a volte senza cognizione di causa, purtroppo. Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda la storia della ragazza di Bologna, rasata a zero, si è detto quasi di tutto, addirittura accostando questa alla ben più tragica storia di Hina Saleem: come molti ricorderanno la ragazza pakistana, nel 2006, fu uccisa dal padre, dallo zio e da alcuni altri familiari, infliggendole venti coltellate, sgozzata ed infine sepolta nel giardino di casa, in provincia di Brescia. Onestamente a me sembra che tra le due storie, non sia possibile nessun tipo di paragone. Ma ciò, come vedremo, fa parte del gioco. Gioco che immancabilmente ha coinvolto, vari esperti che hanno detto tutto e il contrario di tutto senza dare una logica visione e, anzi, sostenendo che la religione, in questi casi non c’entra niente. Paradossalmente potrebbe essere anche vero, ma vero è anche il contrario perché quello che si vuol colpire, secondo me, sono appunto i vari credi religiosi. Ciò si evince  soprattutto da quanto stabilito dalla Corte di Giustizia europea che, non ha parlato espressamente di velo, come unico oggetto della discordia, ma di simboli, simboli religiosi in generale, compresi quindi anche quelli cristiani e conosciamo tutti i dibattiti parlamentari sul crocefisso. E se ci aggiungiamo anche i simboli politici (che non interessano minimamente a chi scrive) e i simboli filosofici, se ne conviene che l’intento della Corte di Giustizia è ben altro, eliminare tutto ciò che può essere segno di distinzione, di libera espressione, cercando così di appiattire, distruggendo le diversità, il comportamento e il pensiero umano, con tanti saluti alla tanto cara democrazia. Ma torniamo per un attimo al pomo della discordia.
Erroneamente si pensa che il velo (hijab), che circoscrive il volto, appartenga esclusivamente all’Islam, ma nella relativa pagina di wikipedia si legge che: «esiste in realtà ben prima di esso. Una legge del XII secolo a.C. nella Mesopotamia assira sotto il regno del sovrano Tiglatpileser I, rendeva di già obbligatorio portare il velo all’esterno a ogni donna sposata». Poi è arrivata la religione islamica e il Corano e quindi ci si riferisce a questo particolare tipo di abbigliamento femminile, che serve a coprire in maniera minima il volto della donna secondo quanto appunto sancito dalla giurisprudenza islamica. Il mondo occidentale ha da sempre stigmatizzato tale pratica, che assume toni aspri quando si prendono in considerazioni altri abbigliamenti femminili islamici, come ad esempio il famigerato burqa. Entrare ora nel merito della questione, descrivendo i vari tipi di veli, il giusto o non giusto, l’atteggiamento integralista dei musulmani, i motivi di sicurezza che, forse giustamente, ne dovrebbero limitare l’uso, è, secondo me, questione di lana caprina che non troverà facile soluzione, a meno che, non facciamo tutti un salutare bagno di umiltà e, come abbiamo fatto riferimento poco sopra a cenni storici, è opportuno leggere dal libro che è alla base della civiltà occidentale e che viene considerato Sacro da quasi un miliardo e mezzo di persone: la Bibbia. Senza ossessioni fideistiche e con mente aperta e coscienza serena leggiamo ciò che c’è scritto nella Prima Lettera ai Corinzi:

  • Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo.  Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra(11-3,6).

A scrivere, come tutti sappiamo è San Paolo che gli studiosi considerano il vero fondatore (secondo altri inventore), del Cristianesimo, quindi voce autorevole in questo caso e sì, avete letto bene, da questi pochi versetti si evincono due concetti fondamentali il primo è che ogni donna, quindi anche chi professa la fede cattolica, dovrebbe mettersi il velo, così come facevano le nostre nonne, se ricordate. Ma San Paolo, lascia comunque un’altra scelta chi non vuole mettersi il velo, si tagli i capelli!, così come hanno fatto i genitori della ragazza 14enne! Chiaro e semplice. Continuando si legge:

  • L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli(11-7,10).

Tralasciando ciò che il santo scrive della creazione e tutto ciò che ne può derivare dal punto di vista etico, sociale, ecc. il vero motivo del fatto che le donne devono coprirsi il viso, San Paolo ce lo dice alla fine del versetto 10: le donne devono necessariamente coprirsi il capo a motivo degli angeli. E qui ci sarebbe molto da dire sul VERO motivo per cui, a loro tutela, le donne dovrebbero coprirsi il capo. Se spiegassi ora tale frase, commetterei un grossolano errore perché non tutti hanno le conoscenze per capire ciò, per accettarlo e per comprenderlo per quello che significa veramente. Ma come sempre offro al lettore più aperto a certi concetti (che per altri sono incredibili o addirittura sconvolgenti), la possibilità, ma stavolta a loro rischio e pericolo, di approfondire quanto scritto sopra. Forse il velo ce l’abbiamo tutti noi davanti agli occhi, quel velo, costituito dall’ignoranza, che c’impedisce di vedere le cose come sono in realtà. E la realtà è molto cruda e nuda ma si nasconde subdola nella sentenza della Corte di Giustizia: il verbo del Nuovo Ordine Mondiale.

Note:
1. https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la-corte-europea-l-azienda-puo-vietare-il-velo-islamico