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Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco

È disponibile su Netflix il film Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco (2023), la seconda parte, La sfregiatrice, sarà disponibile solo dal 19 Aprile prossimo. Diretto da Zack Snyder, per il quale è stato coniato il termine SnyderVerse, a sintetizzare l’ampio spettro d’interesse dello stesso, che ha già all’attivo film come: Justice League (2021), 300 (2014) e diverse pellicole sui Supereroi della DC Comics, storica antagonista della Marvel.

La protagonista, l’attrice algerina Sofia Boutella (Star Trek Beyond, 2016), interpreta, in un cast All Star, la giovane e misteriosa Kora, che da una pacifica colonia ai confini della galassia parte alla ricerca di alleati per combattere il tirannico imperatore Balisarius (che poi si scopre essere il padre adottivo della ragazza). L’opera è ispirata ad altri film/saga in particolare Star Wars e Il Signore degli Anelli, come confermato dalla produttrice-moglie del regista, Deborah Snyder. Ed è vero, perché l’impronta fantasy c’è tutta e il film stesso è ad ampio respiro, nel senso che la fantasia si mischia perfettamente con la fantascienza. L’inizio sembra invece un libro di storia, ma attenzione non la narrazione che tutti abbiamo acquisito, in pratica quella studiata nelle scuole di ogni ordine e grado. Se le conquiste dell’umanità abbracciano un lungo lasso di tempo, ancora non si è capito in termini esaustivi come sia nata la prima civiltà umana (i Sumeri) e, di conseguenza, quale sia stata la molla dello sviluppo della stessa e di pratiche come ad esempio l’agricoltura.

Infatti, se ormai diamo per scontato certi concetti, in realtà è tutto avvolto ancora nell’oscurità, indipendentemente da ciò che dicono gli esperti, sempre impegnati a sminuire, minimizzare e confutare, a fronte anche di testi validi come ad esempio Il mistero della Genesi delle Antiche Civiltà di Alan Alford, libro che non dovrebbe mai mancare ad un ricercatore serio e appassionato.

La scena si apre con un’esterna di un campo che Kora sta arando, sullo sfondo un green screen che mostra un pianeta simile a Giove, il pianeta quindi è una sua luna, la Luna Ribelle. Con l’arrivo improvviso dell’astronave aliena, la preoccupazione inizia a scorrere tra i componenti del piccolo e pacifico villaggio. La nave spaziale, che arriva dal “Mondo Madre”, è comandata dal perfido e feroce Ammiraglio che pretende tutto il tributo destinato agli «Dei del raccolto»; uccide il “Padre del villaggio” (il capo), e ricorda che c’è una taglia sui ribelli che, se denunciati, potrebbe servire per comprare tecnologia per arare meglio i campi. Ma i contadini credono che «fare il lavoro a mano, ci connetta alla Terra e onori i sacri Dei che ci danno la vita». Sebbene nel villaggio stesso c’è un minimo di tecnologia, in effetti -e questo nessuno studioso ufficiale  ve lo direbbe, la civiltà sumerica è nata già formata e l’agricoltura è stata solo un piccolo regalo degli Dei! Spiegare nei dettagli come effettivamente sono andate le cose è difficile e, inoltre, complicato visto che qui si tratta di un film. Ma autori come E. Von Däniken, l’italiano P. Kolosimo, il famoso, compianto sumerologo Z. Sitchin, fino a Mauro Biglino (e solo per citarne alcuni), nei loro testi analizzano quella che è conosciuta come la “storia alternativa”. Il dilemma, purtroppo per quelli che credono e difendono le teorie ortodosse, è che così, quasi tutti i tasselli, per quello che conosciamo fino ad oggi, si incastrano in modo più logico. Il Dio della Bibbia era soltanto uno tra tanti Dei e nemmeno il più importante! Ed è su questo assunto che la Chiesa ha fondato il suo credo!

I Sumeri chiamavano questi esseri “Anunnaki” (=coloro che dal cielo sono scesi sulla Terra, secondo Z. Sitchin), in verità coloro che ci hanno creato. Di fatto, i discesi dall’astronave dimostrano da subito «come chi ha il potere si comporta con chi non ce l’ha». Dalle casse tirano fuori i loro aiutanti robot (forse i Cherubini della Bibbia?) e interagiscono con gli umani mostrando un potere assoluto, fino a prendere con la forza, persino sessualmente, chi capitava a tiro, soprattutto giovani fanciulle con i capelli lunghi, nel film come nella Bibbia. Ecco il motivo per il quale, secondo San Paolo, le donne dovevano proteggersi con il velo… Ma la ragazzina, l’Acquaiola, porta con sé, oltre all’acqua un simbolismo esoterico che, sebbene oggi sia confluito in gran parte nell’astrologia, non possiamo esimerci dal non analizzarlo. Chiaramente il primo significato e quello dell’altruismo e della libertà, la cui ricerca assume un significato molto profondo. Il simbolismo inoltre, si identifica nel mito di Prometeo che rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini; l’interesse per il progresso è insito, anche se la civiltà è ad un livello inferiore, l’anelito è sempre rivolto alla fratellanza universale e quindi al miglioramento delle condizioni dell’umanità. Nella Bibbia, il tutto è spiegato in termini spirituali, lo stesso Gesù Cristo si fa artefice del passaggio dall’Era dei Pesci all’Era dell’Acquario appunto, rappresentato dall’incontro con l’uomo con la brocca (Luca 22, 9), nel momento di preparare la Pasqua: il sacrifico è l’abbandono del Sé inferiore, per far risorgere il Sé superiore, cioè l’anima…

Lo stesso Snyder ha affermato che la trama complessiva ha un «duplice significato»(1), quello che qui abbiamo sintetizzato. Nel dialogo tra la stessa Acquaiola e il robot Jimmy (al quale presta la voce Sir Anthony Hopkins), il droide narra la leggenda della principessa Issa, nata da «carne e sangue nel nostro mondo», per inaugurare «una nuova era di pace e compassione», fino «al mito di donare la vita». Frasi dense di significato e dove è impossibile non notare il parallelismo su ciò che abbiamo appreso da duemila anni in avanti. Ma quello che abbiamo dimenticato, o peggio ancora, modificato ad uso e consumo di chi ha gestito le cose, quello cioè che non è finito nei libri è che in un lontano passato tutto era declinato al femminile e nel film di Snyder gli elementi rivelatori sono tanti, a partire dal “Mondo Madre”, poi l’Eroina ribelle impegnata in una Space Opera, nel senso letterale, cioè non solo su un pianeta, la Spadaccina, la già citata Acquaiola, fino alla Principessa, troppo simile alla figura del Cristo. Qui però nessuno muore sulla croce, ma combattendo, le «catene che ci legano», cioè leggi, religioni, sono le vere oppressioni, e anche se «la paura più grande che affrontiamo è la paura di noi stessi», la scintilla arriva da una piccola, insignificante luna, in una galassia lontana, ai confini dell’universo. Pure da lì, è possibile ammirare la bellezza del Creato, lottare per chi ama questa Terra e odia la tirannia di questo Mondo.

Note:

 

Il velo della discordia

il velo delle suore e l’Hijab islamico

Pochi giorni fa, a Bologna una ragazza di 14 anni, originaria del Bangladesh, dopo aver rifiutato il velo, è stata completamente rasata a zero, dai suoi familiari. La preside della scuola frequentata dalla ragazzina, ha avvertito i carabinieri e la Procura, ha tolto la ragazza alla famiglia. La notizia, ha creato immancabilmente sdegno tra la popolazione italiota, condannando come sempre più spesso accade la famiglia musulmana, la tradizione islamica, il velo, come simbolo di sottomissione della donna. E a proposito di simboli, a metà marzo scorso, una sentenza(1) della Corte di Giustizia Europea ha stabilito che non è discriminatorio proibire di indossare visibilmente, sul lavoro, simboli religiosi, ma anche politici e filosofici.
In pratica in Francia e in Belgio, donne musulmane sono state licenziate perché si sono rifiutare di togliersi il velo durante l’orario di lavoro. Quelli descritti non sono semplici fatti di cronaca, i media, come al solito hanno amplificato il tutto, con un rumore talmente assordante da confondere ancor di più le idee e le opinioni di una massa sempre più costretta a subire quanto gli viene rifilato, a volte senza cognizione di causa, purtroppo. Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda la storia della ragazza di Bologna, rasata a zero, si è detto quasi di tutto, addirittura accostando questa alla ben più tragica storia di Hina Saleem: come molti ricorderanno la ragazza pakistana, nel 2006, fu uccisa dal padre, dallo zio e da alcuni altri familiari, infliggendole venti coltellate, sgozzata ed infine sepolta nel giardino di casa, in provincia di Brescia. Onestamente a me sembra che tra le due storie, non sia possibile nessun tipo di paragone. Ma ciò, come vedremo, fa parte del gioco. Gioco che immancabilmente ha coinvolto, vari esperti che hanno detto tutto e il contrario di tutto senza dare una logica visione e, anzi, sostenendo che la religione, in questi casi non c’entra niente. Paradossalmente potrebbe essere anche vero, ma vero è anche il contrario perché quello che si vuol colpire, secondo me, sono appunto i vari credi religiosi. Ciò si evince  soprattutto da quanto stabilito dalla Corte di Giustizia europea che, non ha parlato espressamente di velo, come unico oggetto della discordia, ma di simboli, simboli religiosi in generale, compresi quindi anche quelli cristiani e conosciamo tutti i dibattiti parlamentari sul crocefisso. E se ci aggiungiamo anche i simboli politici (che non interessano minimamente a chi scrive) e i simboli filosofici, se ne conviene che l’intento della Corte di Giustizia è ben altro, eliminare tutto ciò che può essere segno di distinzione, di libera espressione, cercando così di appiattire, distruggendo le diversità, il comportamento e il pensiero umano, con tanti saluti alla tanto cara democrazia. Ma torniamo per un attimo al pomo della discordia.
Erroneamente si pensa che il velo (hijab), che circoscrive il volto, appartenga esclusivamente all’Islam, ma nella relativa pagina di wikipedia si legge che: «esiste in realtà ben prima di esso. Una legge del XII secolo a.C. nella Mesopotamia assira sotto il regno del sovrano Tiglatpileser I, rendeva di già obbligatorio portare il velo all’esterno a ogni donna sposata». Poi è arrivata la religione islamica e il Corano e quindi ci si riferisce a questo particolare tipo di abbigliamento femminile, che serve a coprire in maniera minima il volto della donna secondo quanto appunto sancito dalla giurisprudenza islamica. Il mondo occidentale ha da sempre stigmatizzato tale pratica, che assume toni aspri quando si prendono in considerazioni altri abbigliamenti femminili islamici, come ad esempio il famigerato burqa. Entrare ora nel merito della questione, descrivendo i vari tipi di veli, il giusto o non giusto, l’atteggiamento integralista dei musulmani, i motivi di sicurezza che, forse giustamente, ne dovrebbero limitare l’uso, è, secondo me, questione di lana caprina che non troverà facile soluzione, a meno che, non facciamo tutti un salutare bagno di umiltà e, come abbiamo fatto riferimento poco sopra a cenni storici, è opportuno leggere dal libro che è alla base della civiltà occidentale e che viene considerato Sacro da quasi un miliardo e mezzo di persone: la Bibbia. Senza ossessioni fideistiche e con mente aperta e coscienza serena leggiamo ciò che c’è scritto nella Prima Lettera ai Corinzi:

  • Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo.  Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra(11-3,6).

A scrivere, come tutti sappiamo è San Paolo che gli studiosi considerano il vero fondatore (secondo altri inventore), del Cristianesimo, quindi voce autorevole in questo caso e sì, avete letto bene, da questi pochi versetti si evincono due concetti fondamentali il primo è che ogni donna, quindi anche chi professa la fede cattolica, dovrebbe mettersi il velo, così come facevano le nostre nonne, se ricordate. Ma San Paolo, lascia comunque un’altra scelta chi non vuole mettersi il velo, si tagli i capelli!, così come hanno fatto i genitori della ragazza 14enne! Chiaro e semplice. Continuando si legge:

  • L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli(11-7,10).

Tralasciando ciò che il santo scrive della creazione e tutto ciò che ne può derivare dal punto di vista etico, sociale, ecc. il vero motivo del fatto che le donne devono coprirsi il viso, San Paolo ce lo dice alla fine del versetto 10: le donne devono necessariamente coprirsi il capo a motivo degli angeli. E qui ci sarebbe molto da dire sul VERO motivo per cui, a loro tutela, le donne dovrebbero coprirsi il capo. Se spiegassi ora tale frase, commetterei un grossolano errore perché non tutti hanno le conoscenze per capire ciò, per accettarlo e per comprenderlo per quello che significa veramente. Ma come sempre offro al lettore più aperto a certi concetti (che per altri sono incredibili o addirittura sconvolgenti), la possibilità, ma stavolta a loro rischio e pericolo, di approfondire quanto scritto sopra. Forse il velo ce l’abbiamo tutti noi davanti agli occhi, quel velo, costituito dall’ignoranza, che c’impedisce di vedere le cose come sono in realtà. E la realtà è molto cruda e nuda ma si nasconde subdola nella sentenza della Corte di Giustizia: il verbo del Nuovo Ordine Mondiale.

Note:
1. https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la-corte-europea-l-azienda-puo-vietare-il-velo-islamico