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Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco

È disponibile su Netflix il film Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco (2023), la seconda parte, La sfregiatrice, sarà disponibile solo dal 19 Aprile prossimo. Diretto da Zack Snyder, per il quale è stato coniato il termine SnyderVerse, a sintetizzare l’ampio spettro d’interesse dello stesso, che ha già all’attivo film come: Justice League (2021), 300 (2014) e diverse pellicole sui Supereroi della DC Comics, storica antagonista della Marvel.

La protagonista, l’attrice algerina Sofia Boutella (Star Trek Beyond, 2016), interpreta, in un cast All Star, la giovane e misteriosa Kora, che da una pacifica colonia ai confini della galassia parte alla ricerca di alleati per combattere il tirannico imperatore Balisarius (che poi si scopre essere il padre adottivo della ragazza). L’opera è ispirata ad altri film/saga in particolare Star Wars e Il Signore degli Anelli, come confermato dalla produttrice-moglie del regista, Deborah Snyder. Ed è vero, perché l’impronta fantasy c’è tutta e il film stesso è ad ampio respiro, nel senso che la fantasia si mischia perfettamente con la fantascienza. L’inizio sembra invece un libro di storia, ma attenzione non la narrazione che tutti abbiamo acquisito, in pratica quella studiata nelle scuole di ogni ordine e grado. Se le conquiste dell’umanità abbracciano un lungo lasso di tempo, ancora non si è capito in termini esaustivi come sia nata la prima civiltà umana (i Sumeri) e, di conseguenza, quale sia stata la molla dello sviluppo della stessa e di pratiche come ad esempio l’agricoltura.

Infatti, se ormai diamo per scontato certi concetti, in realtà è tutto avvolto ancora nell’oscurità, indipendentemente da ciò che dicono gli esperti, sempre impegnati a sminuire, minimizzare e confutare, a fronte anche di testi validi come ad esempio Il mistero della Genesi delle Antiche Civiltà di Alan Alford, libro che non dovrebbe mai mancare ad un ricercatore serio e appassionato.

La scena si apre con un’esterna di un campo che Kora sta arando, sullo sfondo un green screen che mostra un pianeta simile a Giove, il pianeta quindi è una sua luna, la Luna Ribelle. Con l’arrivo improvviso dell’astronave aliena, la preoccupazione inizia a scorrere tra i componenti del piccolo e pacifico villaggio. La nave spaziale, che arriva dal “Mondo Madre”, è comandata dal perfido e feroce Ammiraglio che pretende tutto il tributo destinato agli «Dei del raccolto»; uccide il “Padre del villaggio” (il capo), e ricorda che c’è una taglia sui ribelli che, se denunciati, potrebbe servire per comprare tecnologia per arare meglio i campi. Ma i contadini credono che «fare il lavoro a mano, ci connetta alla Terra e onori i sacri Dei che ci danno la vita». Sebbene nel villaggio stesso c’è un minimo di tecnologia, in effetti -e questo nessuno studioso ufficiale  ve lo direbbe, la civiltà sumerica è nata già formata e l’agricoltura è stata solo un piccolo regalo degli Dei! Spiegare nei dettagli come effettivamente sono andate le cose è difficile e, inoltre, complicato visto che qui si tratta di un film. Ma autori come E. Von Däniken, l’italiano P. Kolosimo, il famoso, compianto sumerologo Z. Sitchin, fino a Mauro Biglino (e solo per citarne alcuni), nei loro testi analizzano quella che è conosciuta come la “storia alternativa”. Il dilemma, purtroppo per quelli che credono e difendono le teorie ortodosse, è che così, quasi tutti i tasselli, per quello che conosciamo fino ad oggi, si incastrano in modo più logico. Il Dio della Bibbia era soltanto uno tra tanti Dei e nemmeno il più importante! Ed è su questo assunto che la Chiesa ha fondato il suo credo!

I Sumeri chiamavano questi esseri “Anunnaki” (=coloro che dal cielo sono scesi sulla Terra, secondo Z. Sitchin), in verità coloro che ci hanno creato. Di fatto, i discesi dall’astronave dimostrano da subito «come chi ha il potere si comporta con chi non ce l’ha». Dalle casse tirano fuori i loro aiutanti robot (forse i Cherubini della Bibbia?) e interagiscono con gli umani mostrando un potere assoluto, fino a prendere con la forza, persino sessualmente, chi capitava a tiro, soprattutto giovani fanciulle con i capelli lunghi, nel film come nella Bibbia. Ecco il motivo per il quale, secondo San Paolo, le donne dovevano proteggersi con il velo… Ma la ragazzina, l’Acquaiola, porta con sé, oltre all’acqua un simbolismo esoterico che, sebbene oggi sia confluito in gran parte nell’astrologia, non possiamo esimerci dal non analizzarlo. Chiaramente il primo significato e quello dell’altruismo e della libertà, la cui ricerca assume un significato molto profondo. Il simbolismo inoltre, si identifica nel mito di Prometeo che rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini; l’interesse per il progresso è insito, anche se la civiltà è ad un livello inferiore, l’anelito è sempre rivolto alla fratellanza universale e quindi al miglioramento delle condizioni dell’umanità. Nella Bibbia, il tutto è spiegato in termini spirituali, lo stesso Gesù Cristo si fa artefice del passaggio dall’Era dei Pesci all’Era dell’Acquario appunto, rappresentato dall’incontro con l’uomo con la brocca (Luca 22, 9), nel momento di preparare la Pasqua: il sacrifico è l’abbandono del Sé inferiore, per far risorgere il Sé superiore, cioè l’anima…

Lo stesso Snyder ha affermato che la trama complessiva ha un «duplice significato»(1), quello che qui abbiamo sintetizzato. Nel dialogo tra la stessa Acquaiola e il robot Jimmy (al quale presta la voce Sir Anthony Hopkins), il droide narra la leggenda della principessa Issa, nata da «carne e sangue nel nostro mondo», per inaugurare «una nuova era di pace e compassione», fino «al mito di donare la vita». Frasi dense di significato e dove è impossibile non notare il parallelismo su ciò che abbiamo appreso da duemila anni in avanti. Ma quello che abbiamo dimenticato, o peggio ancora, modificato ad uso e consumo di chi ha gestito le cose, quello cioè che non è finito nei libri è che in un lontano passato tutto era declinato al femminile e nel film di Snyder gli elementi rivelatori sono tanti, a partire dal “Mondo Madre”, poi l’Eroina ribelle impegnata in una Space Opera, nel senso letterale, cioè non solo su un pianeta, la Spadaccina, la già citata Acquaiola, fino alla Principessa, troppo simile alla figura del Cristo. Qui però nessuno muore sulla croce, ma combattendo, le «catene che ci legano», cioè leggi, religioni, sono le vere oppressioni, e anche se «la paura più grande che affrontiamo è la paura di noi stessi», la scintilla arriva da una piccola, insignificante luna, in una galassia lontana, ai confini dell’universo. Pure da lì, è possibile ammirare la bellezza del Creato, lottare per chi ama questa Terra e odia la tirannia di questo Mondo.

Note:

 

Il mondo dietro di te

«Un giorno ripensandoci, ci rideremo sopra, fidati…». A pronunciare le classiche ultime parole famose, presenti però solo nel trailer, è la credibile star, raramente alle prese con una pellicola oltre confine, Julia Roberts, protagonista de Il mondo dietro di te (tit. or. Leave the world behind), scritto e diretto da Sam Esmail, prodotto da Netflix e uscito direttamente in streaming. «Dentro di noi lo sapevamo tutti che questo giorno sarebbe arrivato», è invece la tagline. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Rumaan Alam, bestseller 2020, qui anche produttore esecutivo. Si inizia con una visione dallo spazio del pianeta Terra, con il sole che sorge, annunciando una vivida alba, molto simile a quella vista in film come Segnali dal futuro (A. Proyas, 2009), titolo e film citati non a caso, ma lo stesso e il regista, devono molto anche ad altre opere, in particolare a E venne il giorno (M. Night Shyamalan, 2008), non solo per l’angoscia che vi traspare, aumentata da riprese quasi simmetriche e dalla presenza di figure geometriche in antitesi come rettangoli (la piscina) e cerchi (l’aiuola). Diviso in capitoli, ad iniziare da “La casa”, dove si svolge gran parte dell’azione: e dove credi di essere al sicuro prima che due estranei, padre e figlia, in realtà i proprietari, bussino alla porta. Ma la prima scena disturbante è il lento arrivo di una petroliera che  poco a poco, fra l’imbarazzo dei bagnanti, ne assistono impotenti al naufragio sulla sabbia, effetto un po’ forzato perché, secondo logica quest’ultima, dato il pescaggio, si sarebbe dovuta arenare molto prima di arrivare sulla battigia e oltre. Di colpo tutta la tecnologia inizia a non funzionare, l’ipotesi più concreta è all’inizio, quella di un cyber attacco, c’è solo il tempo di ricevere un National Alert, uguale al Presidential Alert di Greenland (Ric R. Vaugh, 2020), con G. Butler, protagonista anche di Geostorm (D. Devlin, 2017). Come nel film di Shyamalan, anche la natura fa la sua parte, oltre ai soliti stormi di uccelli che fuggono nella stessa direzione, di particolare rilievo è il simbolismo dei cervi, quasi inquietanti, presenti, come accennato nel film, nella mitologia mesoamericana, che si avvicinano senza timore agli umani, quasi per un tentativo di comunicazione. Allora «Se non sei paranoico, forse è troppo tardi», e di fatto cadono aerei, prima uno, di cui si vedono i rottami sulla spiaggia, poi un altro, un altro ancora sorvola la zona lanciando volantini in arabo, inneggiando alla guerra contro gli Stati Uniti. «Conoscere gli schemi che governano il mondo, devi saper leggere la curva, se la studi come faccio io, puoi prevedere il futuro». La tensione si impenna, anche grazie ad una regia che nei momenti topici predilige inquadrature con prospettive aberrate; dopo i telefoni in tilt perché evidentemente anche i satelliti per le comunicazioni hanno smesso di funzionare, si sentono esplosioni in lontananza e un forte ronzio, un «frastuono» talmente forte che non serve proteggersi le orecchie, e che suggerisce l’uso di «armi a microonde». Un timido tentativo di fuga dall’incubo di tutta la famiglia, fallisce perché all’improvviso, sulla strada che sembra deserta, si scopre una moltitudine di macchine bianche, tutte uguali e tutte dello stesso famoso marchio, che all’improvviso ti vengono addosso, come in un assurdo videogioco, con il parabrezza come schermo. Eppure è nei dialoghi, -che andrebbero analizzati e sviscerati, più che nelle immagini, dove il film sembra sostenere sè stesso; in uno di questi tra la Roberts e il proprietario della casa, l’attore Mahershala Ali afro-americano, dettaglio da non trascurare, come vedremo, si intravede uno spiraglio: «La congrega malvagia che governa il mondo»; «Nessuno ha il controllo, nessuno muove i fili», ma il senso del discorso che apparentemente sembra complottista, vira in direzione opposta perché anche se ai piani alti possono avere le «informazioni giuste», quando però capitano eventi così nel mondo «persino i più potenti possono soltanto sperare di ricevere una soffiata». Ed ecco che uno schema, appare davvero, Prima Fase: Isolamento; Seconda Fase: Caos Sincronizzato; Terza Fase: Colpo di Stato; poi la guerra civile e il collasso. Fasi fin troppo simili alle famigerate Tre Alternative, proposte dalla Jason Society nel 1957 al Presidente Eisenhower, per una riduzione drastica della popolazione mondiale. «Finzione e/o Realtà»?, -l’interrogativo è mio, ma questo è il titolo del servizio del settimanale della Rai “TV7”(1), a firma di uno dei più famosi giornalisti italiani, Marco Varvello, per anni corrispondente prima da New York, poi da Londra, che usa il binomio che salta sempre fuori quando si ha a che fare con la fantascienza e un possibile futuro distopico. Forse molti non se ne sono accorti, ma fra i titoli di testa del film, tra i produttori, figura anche la Higher Ground, i cui soci fondatori sono l’ex coppia Presidenziale degli Stati Uniti: Barak e Michelle Obama! Il regista ha confermato che Obama stesso «gli ha fornito degli appunti sulla sceneggiatura»(2), mentre nel servizio succitato, ha dichiarato che il film è «un ammonimento su quello che potrebbe accadere». Quindi Varvello, continuando sulle immagini reali di scontri fra manifestanti e forze dell’ordine, snocciola tutta una serie di concetti che non fanno ben sperare, infatti gli «strateghi del Pentagono», sono convinti che la «minaccia esistenziale», creerebbe il «caos», che porterebbe ad una «guerra civile ingovernabile», dove salterebbero le comunicazioni, internet verrebbe disattivata (proprio come accade nel film, nda), attaccato il «sistema di controllo aereo, le centraline digitali di auto, navi, voli di linea…». «La paura e il caos» regnerebbero ovunque, si inizierebbe dal vicino di casa, (ancora come nel film, nda), che improvvisamente diverrebbe il tuo «peggior nemico», fino agli «aspetti strategico-militari» e alla «guerra psicologica simmetrica». In definitiva: «La fragilità della nostra vita quotidiana che va in pezzi». Le scene catastrofiche diventano di colpo molto realistiche quindi, al solito: «Qual’è la verità?». Il momento cruciale di tutta la pellicola è il dialogo di cui sopra. Come sempre, questa è solo la nostra modesta opinione, non siamo d’accordo: «sappiamo che è tutta una bugia», l’ennesimo tentativo di depistaggio, le molliche di pane lasciate per chi ha orecchie per intendere: a parlare è lui! È Obama stesso! Afroamericano come appunto l’attore. Non basta una congiunzione astrale, nè un eclissi totale, nè tantomeno la bandiera a stelle strisce sulla Luna, ormai consumata -da cosa, sè sul nostro satellite non c’è aria?, che possono fuorviare. Non servono dritte, nessun suggerimento alla sceneggiatura e al regista, è tutto ben visibile, per l’ennesimo tentativo d’informare in modo indolore, da parte di quello che è stato per otto anni l’uomo più potente del mondo e -credo di non essere il solo, colui che sapeva fin dai tempi del College che sarebbe diventato Presidente, lo stesso che, probabilmente, è stato due volte su Marte… Il mondo dietro di te, è niente più e niente meno, quello che si lascerà alle spalle il Nuovo Ordine mondiale!

Nota dell’autore:

Dove non specificato le citazioni sono tratte dal film.

Altre fonti:

credits:

Covid-22: i sopravvissuti

No, non è un errore, c’è scritto ventidue che logicamente sta per 2022. Perché? Innanzitutto nel precedente post (relativo al Covid), mi chiedevo: «Altrimenti perché mettere una data (l’anno), dopo il nome…». In pratica, che probabilmente non ci sbarazzeremo tanto facilmente del virus.
Poi alcuni fatti concomitanti, hanno attirato la mia attenzione: la notizia(1) che il nostro PIL, comincerà a salire tra tre anni, cioè nel 2022, le proteste, dovute al malcontento, con la gente in strada purtroppo non solo esasperata (ribadisco che aborrisco ogni forma di violenza), infine all’ospedale San Luigi di Orbassano (Torino), l’aumento dei ricoveri ha portato a scegliere come soluzione anche la chiesa del nosocomio, oltre alla sala convegni, come spazio dove posizionare i letti (fonte Ansa).

Nella locandina, la folla alle prese con le spalatrici

Ebbene, tutto questo, mi ha fatto tornare alla mente il film 2022: i sopravvissuti, uscito nel 1973 per la regia di Richard Fleischer (autore già di Viaggio Allucinante, 1965) e interpretato dal grande Charlton Heston, in quegli anni vera star della fantascienza cinematografica, protagonista de Il pianeta delle scimmie (F. J. Schaffner, 1967) e poi di 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (B. Sagal, 1971).
Personalmente considero l’opera di Fleischer, un piccolo capolavoro, cult lo è già e oltre a non mancare nella videoteca di ogni appassionato (è disponibile per l’HV e in streaming), dovrebbe essere visto da tutti quelli che sono preoccupati per l’epidemia e che hanno a cuore il futuro della Terra.
Nel film appunto, il nostro mondo è al collasso, sia climatico che economico, la maggior parte della popolazione costretta a subire emarginazione, fame e una sorta di schiavitù sociale. La sceneggiatura è adattata sul romanzo di Harry Harrison Make Room! Make Room! (Largo! Largo! Editrice Nord, 1972), ed ispirato a una ricerca del prestigioso MIT di Boston (notizia che non sono riuscito ad approfondire), che narra di un futuro distopico «condizionato dalle scelte dei potenti e pronto a condannare i deboli a un’esistenza di afflizione e prostazione»(2).
Le immagini, che fanno da incipit, ci raccontano, in un come eravamo in bn, dalla società contadina fino all’espansione demografica, la rivoluzione industriale a colori, con le metropoli affollate, il traffico, l’inquinamento ambientale, rifiuti, ciminiere, ecc. fino allo skyline di New York, divenuta capitale unica del pianeta con 40 milioni di abitanti, frame virato in verde su cui compare il titolo Soylent Green (così vengono chiamate le gallette altamente nutritive, apparentemente preparate con il Plancton Marino), che è il titolo originale del film tratto dal racconto. In questo allucinante futuro, un’umanità allo sbando vaga per le strade alla continua ricerca di cibo, e proprio in una delle distribuzioni pubbliche, gli agenti, per disperdere la folla esasperata, usano come deterrente… le spalatrici, trattando la popolazione come sacchi di rifiuti!

Charlton Heston è il detective Thorn

Inoltre, farsi una doccia è un sogno, possedere un letto è un lusso (ogni locale, persino le chiese, sono dormitori, come le scale nei palazzi), e pranzare decentemente, magari acquistando un bel pezzo di manzo, è prerogativa dei pochi ricchi. La off-screen voice: «Primo segnale di sfollamento, tra un’ora le strade devono essere evacuate dalle persone prive di permesso speciale».
Vi ricorda qualcosa?.. Certo che sì, per fortuna non siamo ancora in un sistema alla 1984, alla Grande Fratello o peggio come nel film L’implacabile (The Running Man, P. M. Glaser, 1987), la voce fuori campo, ricorda ai cittadini che si ottengono crediti anche: «per ogni amico o parente denunciato»! (L’esclamazione è mia). Quella del 2022 è un’umanità stanca, rassegnata, ben lontana dal risveglio delle coscienze tanto auspicata da molti; una umanità che corre veloce verso «un binario morto»(3), descritto in un futuro «iper realistico»(idem), quasi anticipatore della realtà.
I Sopravvissuti è anche il titolo di un serial tv, prodotto dalla BBC nel 1975, nei 39 episodi della serie, creata e scritta da Terry Nation e diretta alternativamente da P. Roberts e G. Blake. Dopo un incidente di laboratorio, un virus mortale, provoca un’influenza che si sparge rapidamente per il mondo; l’epidemia, senza precedenti, uccide quasi totalmente la popolazione umana; nessuno sembra in grado di fermare il virus e ancora una volta i pochi superstiti, lottano per la ricerca di cibo. I titoli dei due primi episodi, sono presi direttamente dalla Bibbia: Il quarto cavaliere e La Genesi.
In questa breve panoramica, certo non poteva mancare Hollywood, che forte di una lungimiranza finanziaria ed economica, con idee basate su fatti concreti che indirizzano le proprie scelte su binari sicuri, il film, in fase di post produzione (qui il trailer), dallo strano titolo, Songbird è diretto da Adam Mason e prodotto da Michael Bay (The Rock, Armageddone The Island, tra gli altri). L’azione si apre su una desolata Los Angeles, nel 2024, dove la popolazione affronta la mutazione del virus, COVID-23, chiusa in casa si deve ricorrere all’autoscansione: «Per venire controllati dalle forze dell’ordine, in quanto chi risulta contagiato viene prelevato con la forza per essere messo in immensi campi di quarantena»(4).
Il tutto fa ipotizzare che potremmo essere vicini a quella che è stata definita una “dittatura sanitaria”, dove il fine ultimo è l’individuare e brevettare un vaccino, nel minore tempo possibile, il che fa supporre che il virus potrebbe aver visto la sua luce, già da diverso tempo rispetto al suo sdoganamento, tenendo presente che, qui da noi, i ricercatori si lamentano dello scarso accesso e della poca, anzi pochissima, trasparenza sui dati(5). E visto che c’è addirittura chi nega tutto ciò, come i negazionisti con le loro manifestazioni, posizione lontana da chi scrive, più propensa al complottismo, ritenuto più attendibile, per diversi fattori, ecco che in aiuto, arriva il direttore di Radio Maria: «Il coronavirus è un progetto criminale di élites mondiali per eliminare chi non ci sta e ridurci a zombie», padre Livio così continua: «Questa epidemia è un progetto non casuale, che non viene dai pipistrelli o dal mercato di Wuhan. Si è sviluppata come un progetto ben preciso per colpire l’Occidente, forse non solo dalla Cina»(6).
Concludendo così come abbiamo iniziato, in 2022: i sopravvissuti, nell’allucinante ma splendido finale, che non rivelerò, supportato dalle note della Sinfonia n.6 (Pastorale) di Beethoven, riporto di seguito, in forma più essenziale, due significative discussioni.
Dialogo tra l’uomo libro (l’assistente del detective Thorn/Heston), e la Presidente del consiglio dell’Ente Supremo:

– «È orribile». «Eppure è così».
– «Non riesco a crederci». «Ci creda… le prove sono schiaccianti, non c’è dubbio».
– «Oh Dio…». «Quale Dio? Riusciremo mai a trovarlo?».

Dialogo tra l’uomo libro (che si reca al Tempio per l’eutanasia) e Thorn, che guarda stupito le splendide immagini di un pianeta ormai morto:

– «Vedi cosa ci hanno tolto?». «Chi gliel’ha permesso?».
– «Noi!».

Il grido (inascoltato?) dell’Amazzonia

Ieri, in tarda serata è andato in onda, lo speciale del TG1, dal titolo: Il grido dell’Amazzonia, di seguito, un sunto.
«Un grido che cerca di svegliare l’indifferenza del mondo, un allarme che chiama a raccolta le coscienze, in pericolo non è solo il polmone verde della Terra, la più grande foresta pluviale rimasta, in gioco c’è il futuro del mondo».
«La Terra per noi Indios è sacra, la nostra lotta per difendere l’Amazzonia, dovrebbe essere la lotta di tutto il genere umano» (Marcivania Satere, attivista india).
«Fiamme che divorano decine di migliaia di ettari, milioni di alberi tagliati, agricoltura intensiva, invece della foresta (omissis), preludio a una siccità che stravolge, il volto del bacino idrografico più vasto del pianeta».
E poi gli Indios costretti a fuggire, sradicati dal loro habitat naturale e dai loro villaggi.
In Amazzonia vivono 33 milioni di abitanti, dei quali 3 milioni di indios, su una superficie di 7,8 milioni di kmq, grande quasi come l’Australia, che si estende su nove Paesi dell’America Latina, e rappresenta il 40% delle foreste tropicali della Terra, con il 15% della biodiversità.
Solo in Brasile sono andati distrutti, dal 1970 ad oggi, 800 mila kmq di foresta pluviale. Le cause sono presto dette, gli incendi, la deforestazione, lo sfruttamento minerario, la coltivazione della soia e del mais, il commercio del legname, la desertificazione, allevamenti intensivi di bovini.
Inoltre da quando si è insediato il Presidente Bolsonaro, da allora il numero dei focolai, che hanno mobilitato l’opinione pubblica mondiale, è letteralmente esploso: 95.506 incendi solo nell’Amazzonia brasiliana! E gli altri dati sui periodi precedenti sono altrettanto disastrosi: l’equivalente di 640 mila campi da calcio! Bolsonaro si difende con la più banale delle scuse dicendo che questi dati sono falsi e licenzia i responsabili della ricerca.
Papa Francesco, che ha indetto un sinodo che si svolgerà a breve, commenta: «Quel polmone di foreste è vitale per il nostro pianeta».
Gli ambientalisti si sono riversati in massa davanti alle ambasciate brasiliane in diverse città del mondo, ma anche tutti quelli che hanno a cuore il futuro del pianeta.
Ma difendere a spada tratta l’Amazzonia e l’ambiente, in Brasile, e andare contro i poteri forti, significa perdere la vita, almeno 28 sono stati gli omicidi, che aumentano a 300 negli ultimi 10 anni, colpevoli solo di essersi opposti alla pratica del disboscamento illegale! Le Mafie vogliono mettere le mani sulla foresta tropicale. Ritorna alla mente Chico Mendes, il rivoluzionario che difese le popolazioni indigene, sindacalista degli estrattori di caucciù e che venne brutalmente assassinato dai latifondisti, nel 1988. Suor Dorothy Stang, la religiosa americana, uccisa a 73 anni, nel 2005, un punto di riferimento per i contadini.
Le popolazioni locali, le più a rischio, sono costrette ad abbandonare i loro villaggi sulle rive dei fiumi, le loro capanne, le loro povere risorse, sotto la spinta dei roghi, dei disboscamenti, delle miniere e delle centrali idroelettriche, ma che vengono considerate da Bolsonaro come un ostacolo allo sviluppo e alla crescita del Brasile…
Infatti incendiare 1000 ettari di foresta è ricompensata con una cifra pari a 215 mila euro!
«Crimine e speculazione si alleano a spese delle popolazioni locali», che cercano di resistere per proteggere il loro stile di vita, e per questo vengono assassinati.
Ma il documentario a firma di Ignazio Ingrao, si occupa anche del problema della droga, che transita anch’essa lungo il fiume, dell’emergenza della tratta degli esseri umani, del traffico di organi, visto che per la maggior parte degli Indios non esiste un’anagrafe.
Una vera Apocalisse, e appunto mi viene in mente il capolavoro di Mel Gibson, Apocalypto, dell’incontro tra le popolazioni indigene e gli europei, quando tutto è cominciato e del racconto del curandero, che intorno al fuoco racconta una delle tante storie significative, sull’uomo e sul suo rapporto con la Madre Terra: «Lui (l’uomo, nda) continuerà a prendere e a prendere, finchè un giorno il mondo dirà, non esisto più e non ho più nulla da dare!».

Per vedere tutta la puntata: www.raiplay.it

Il Titanic… oggi!

Per un appassionato di cinema, vedere un film una sola volta non basta. Infatti anche se un’opera cinematografica è stata vista e rivista varie volte, c’è sempre la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo, di cogliere anche le piccole sfumature, particolari che sembrano insignificanti, dare una diversa, nuova, interpretazione. Mi è successo l’altra sera guardando Titanic (di J. Cameron, 1997). Chiaramente è stato detto tutto, o quasi, sia sulla struggente storia d’amore che sull’affondamento della nave avvenuto nelle prime ore del 15 aprile 1912. Credo che le 2 ore e 40 minuti della durata dell’inabissamento e dell’agonia dei passeggeri che persero la vita nelle acque gelide dell’Atlantico possano essere riviste in chiave sociologica rispecchiando fedelmente la situazione attuale. Scene indimenticabili, ma come detto, anche piccoli particolari: la festa irlandese, con balli accompagnati da musiche celtiche, in un’atmosfera quasi onirica evidenziata dai frames al ralenty, la fuga dei due protagonisti nel locale caldaie con lei che corre con il suo candido vestito bianco in mezzo al calore, al vapore, al sudore, sembra volare leggera e leggera è la sua mano languida che delicatamente sfiora il vetro dell’auto che li accoglie nel loro primo ed unico amplesso. Il resto è la storia di una delle pagine di cronaca più nere, inferiore solo all’ormai tristemente famoso 11 settembre. Ed anche qui i particolari abbondano specie quelli riferiti alla realtà odierna. Uno degli armatori che dice al capitano di aumentare la velocità e che alla fine sarà uno dei primi a mettersi in salvo. Gente impotente, travolta dagli eventi, rassegnata quando capisce che non ci sono più speranze di salvezza, come la madre che canta la ninna nanna ai suoi due piccoli, l’anziana coppia che abbracciata sul letto preferisce vivere in disparte gli ultimi istanti di vita, il privilegio concesso ai passeggeri di prima classe di imbarcarsi per primi sulle scialuppe, la madre della protagonista che chiede al marinaio se anche sulle barche di salvataggio sono assegnati i posti di prima classe… Mentre i passeggeri di terza classe, ed è facile intuirlo, addirittura bloccati con la forza per permettere che i signori si accomodino nelle poche scialuppe. C’è chi, da lontano, assiste impotente alla tragedia che si compie «una cosa che non si vede tutti i giorni», chi non vuole tornare indietro a raccogliere i superstiti e chi invece vorrebbe tornare per salvarne il più possibile. Tentativi di corruzione da parte dell’antagonista, per pagarsi il posto in barca, e che poi raccoglie una bambina incredibilmente abbandonata riuscendo a salvarsi facendosi passare per l’unico genitore. Così và il mondo, direbbe qualcuno, no! Così và il mondo perché così è stato voluto da pochi. La morale è una citazione tratta però da un altro film, dal titolo particolare, Strange Days (K. Bigelow, 1995), già, strani giorni, come quelli che stiamo vivendo: i potenti della Terra «stanno riordinando le sedie… sul Titanic!». E se questo è ormai sotto gli occhi di tutti anche se molti fingono di stare sotto coperta, per non vedere, è mia opinione che questo sia vero, ma ciò sta succedendo a babordo, mentre a tribordo Loro si sono già assegnati i loro maledetti posti sulle loro, maledette, limitate scialuppe.

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