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Spartacus: Orizzonti di gloria

A vent’anni dalla morte del maestro Stanley Kubrick (1928-1999), da molti considerato il più grande di sempre, non è stato semplice scegliere due film che lo rappresentassero (ne ha girati una decina, tutti capolavori o quasi), ma che soprattutto descrivessero, secondo me, il delicato momento storico-sociologico che stiamo vivendo. Certo per i cultori del cinema kubrickiano, lasciar fuori titoli come Lolita (1962), vero e proprio scandalo all’epoca, Eyes Wide Shut (1999), con punte elevate di esoterismo, Shining (1980) o il capolavoro per eccellenza 2001: Odissea nello spazio (1968), che io pongo ai vertici, insieme a Blade Runner, nella classifica delle preferenze, può sembrare un azzardo, o addirittura una lacuna nella conoscenza del cinema e soprattutto dell’uso che Kubrick, fece della Macchina Da Presa.
Il testo che segue quindi è una breve panoramica sui due film, in particolare il primo, sulla capacità tecnica e artistica del regista anglo-americano e sul significato nascosto che alcune scene sembrano avere rispetto ad una visione prettamente ortodossa.
«Misantropo, maniaco del controllo, autore di film algidi e anti-umanisti che nascondevano una visione del mondo e del potere anarchica, e la coscienza dei limiti del cinema»(1). Questa è una delle tante definizioni che i critici hanno espresso per il lavoro del genio nato a New York. Per altri è «stato capace di aggiornare all’era postmoderna e digitale l’ossessione formale, il perfezionismo, lo spessore filosofico, la capacità di fare propri e personali e coerenti con la sua visione autoriale i generi, lasciandoli al tempo stesso chiaramente riconoscibili…»(2). Per altri ancora «Kubrick ha preso storie esistenti decuplicandone la potenza per accedere a quelle stanze dell’inconscio che fanno a cazzotti con la ragione e che mandano in corto circuito la nostra identità di individui»(3).
Non sì può non essere d’accordo almeno con quest’ultima definizione, non solo, ma entrambi i film, sebbene ambientati in epoche cronologicamente molto distanti, analizzano il concetto di guerra da un’angolatura completamente nuova che arriva a ribaltare il concetto stesso, l’impatto che essa ha sulle sorti dell’umanità, visto che è ancora il traino principale che muove l’economia mondiale.
Il trait d’union, sono i due protagonisti, tutti e due interpretati magistralmente da Kirk Douglas, classe 1916, in Spartacus (1960), anche produttore esecutivo e che sostituì il regista A. Mann con Kubrick.
Premesso che chi scrive considera il famoso schiavo (personaggio storico, nato nel 109 a.C.) uno dei pochi veri eroi dell’umanità, «uno dei migliori protagonisti dell’intera storia antica e un genuino rappresentante dell’antico proletariato» (Karl Marx), e rapportandolo agli eroi cinematografici, è un supereroe ante litteram anche se è senza maschera e senza costume. Spartacus (o Spartaco), ha diversi punti in comune con il colonnello Dax, schiavo il primo, schiavo il secondo, non solo perché è in trincea, ma perché è costretto a sottostare ad ordini che egli rifiuta categoricamente e moralmente.

Kirk Douglas in Orizzonti di gloria

Orizzonti di gloria (1957) è un capolavoro perché mette alla berlina tutta la sfera militare, nel momento in cui per evitare ripercussioni dal punto di vista personale, i generali scaricano la colpa sui soldati riluttanti ad attaccare il nemico, quindi ad uscire allo scoperto (cosa che non ha paura di fare Spartaco), arrivando persino a spedire davanti al plotone di esecuzione molti di loro, pur di non ammettere la tattica completamente errata e vòlta al sacrifico (omicidio?) dei fanti.
In netto contrasto con la famosa frase «I’am Spartaco» gridata da tutti gli ex-schiavi al momento in cui i romani chiedono di identificare il loro capo.
Se come detto la guerra (il vero nemico), è la spinta per l’economia mondiale, la politica diventa effetto di una sorta di crudele gioco il cui obiettivo finale resta sempre quello del divide et impera. Addirittura nel dialogo che segue non si può non notare un parallelismo con l’attualità.
Il senatore Crasso al condottiero Marco Glabro: «Credi che ti abbia fatto comandante della Guarnigione per controllare quattro sassi del Vesuvio? O per controllare le strade di Roma?». «Ma io avrò appena sei coorti, il resto della Guarnigione rimane qui».
«E chi lo comanda?». «Giulio Cesare» (omissis) «Hai le legioni accampate alle mura della città». «Le mie Legioni? E tu credi che ordinerei alle legioni di entrare in Roma?».
«Ti ho prospettato che potresti, se fossi costretto!». «Non sai che la più antica legge di Roma vieta ai Generali di entrare in città con legioni armate?». «Silla lo ha fatto». «Silla? Ma a infamia del suo nome, a estrema dannazione della sua stirpe! No ragazzo mio, io ripulirò un giorno questa Roma affidatami dai miei avi. Restaurerò le antiche tradizioni che la fecero grande e dunque non prenderò il potere, né mi difenderò con un atto che tradisse la più sacra tradizione di Roma. No ragazzo, non porterò le Legioni entro queste mura, né ho intenzione di violare Roma, quando posso riuscire a possederla (omissis) Ci hanno fatto già passare da stupidi, non mettiamoci anche la giubba del pagliaccio». Il senso del dialogo è fin troppo chiaro, il potere di un solo uomo è per definizione dittatura, la democrazia è ancora una chimera, chi sta più in alto detta gli ordini, giusti o sbagliati che siano, come in Orizzonti di gloria.
Allora come si può risolvere una disputa, qualunque essa sia? Semplicemente “a chi fa la voce più grossa” come ad esempio in Attacco al potere (E. Zwick, 1998) con D. Washington, agente dell’FBI, che arresta il generale B. Willis, che con le sue truppe ha invaso una New York devastata da diversi attentati terroristici, sebbene questi abbia ordini superiori. Chiusa la questione, il capro espiatorio, viene servito in pasto ai media asserviti al potere. La realtà si confonde, i dubbi aumentano: Terrorismo o Patriottismo? Solo i posteri potranno giudicare, ma Kubrick ha le idee chiare tanto che il colonnello Dax, in Orizzonti di gloria, cita Samuel Johnson(4):
«Il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie!».
Mentre oggi, i militari, vengono definiti: “Forze armate… di pace”! Addirittura i concetti si capovolgono, facendo capire alle masse ormai mezze addormentate, il contrario.
Ma «Chi vuole fare la guerra?». Dal dialogo tra lo schiavo, divenuto generale e Varinia la moglie, si scopre uno Spartaco impensabile, deluso dal comportamento umano, il suo desiderio di conoscenza, di rispetto per la natura e il creato. Se pensate che questa sia un’iperbole, lontana appunto anni luce sia da questo film che da Orizzonti di gloria, l’apice si ha ne Il dottor Stranamore (1964), dove viene rappresentata, senza mezzi termini, l’idiozia umana.

«Goodbye My Life»

Il finale di Spartacus poi è un’escalation di nozioni che vanno molto al di là delle comuni concezioni, vecchie, logore e in molti casi, false.
La scena è di una profondità non sporcata da ideali e dove le credenze, ancora una volta, si ribaltano: Spartaco crocifisso sulla via Appia insieme a migliaia di altri schiavi (fatto storico, non confermato), aspetta la morte quando, prima di esalare l’ultimo respiro, vede arrivare la moglie che porta in braccio il loro figlio appena nato. Cosa vuole dirci in questo caso Kubrick, è una sua versione della Sacra Famiglia e di ciò che veramente accadde nel venerdì Santo di una Pasqua lontana duemila anni?
È il Padre che si sacrifica per il Figlio, è il Padre che rende con la sua morte la libertà al figlio e redime l’umanità dalla schiavitù. E ancora è la moglie (la Maddalena?) che si aggrappa ai piedi del Marito inchiodati alla croce, questo a sfatare il fatto che Maria forse, secondo i Vangeli Apocrifi, non era presente alla Crocifissione.
La carrozza con la moglie e il figlio si allontana lentamente all’orizzonte: la morte qui, non deve far paura, non è una sorta di liberazione, ma è continuazione, non la fine di tutte le cose, ma l’inizio.
A conferma di quanto esposto, ecco il breve dialogo precedente, fra Antonino (T. Curtis) il cantore: «Solo, ora mi sento, perduto e solo in un mondo lontano» (frase che sintetizza anche il finale di “2001”), che chiede all’amico: «Ti fa paura morire, Spartaco?». «Non più che allora il nascere».

Note:
1. https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2019/03/06/news/stanley_kubrick_20_anni_dalla_morte-220851984/#gallery-slider=66176936

2. https://www.comingsoon.it/cinema/news/kubrick-oltre-kubrick-chi-sono-oggi-gli-eredi-del-grande-stanley-a-vent/n87237/

3. https://www.comingsoon.it/cinema/news/stanley-kubrick-a-vent-anni-dalla-morte-e-sempre-una-leggenda/n87309/

4.Samuel J. Johnson (1709-1784) è stato un critico letterario, poeta, saggista, biografo e lessicografo britannico. È spesso citato come dottor Johnson. Fu un devoto anglicano e politicamente un tory ed è stato classificato come “senza dubbio il letterato più illustre nella storia inglese”. Wikipedia

fonti:
https://www.comingsoon.it/cinema/news/stanley-kubrick-e-l-eredita-tradita/n87329/
https://it.wikipedia.org/wiki/Orizzonti_di_gloria_(film)
https://www.mymovies.it/film/1957/orizzontidigloria/
https://www.mymovies.it/film/1960/spartacus/
https://it.wikipedia.org/wiki/Spartacus
https://it.wikipedia.org/wiki/Spartaco

credits, immagini tratte da:
https://www.mymovies.it/film/1960/spartacus/poster/0/
https://rivegauche-filmecritica.com/2014/10/26/orizzonti-di-gloria-1957-di-s-kubrick-il-piu-grande-film-antimilitarista-della-storia-del-cinema/
https://www.youtube.com/watch?v=w0cXyGVsUjs

Oil For Food, un altro gioco di potere

Giochi di potere, una frase talmente abusata (nel cinema il ricordo non può non andare al famoso film con H. Ford, tratto dal romanzo di Tom Clancy e diretto da P. Noyce nel 1992), da diventare un must. Come ad esempio Non aprite quella porta (T. Hooper, 1974), solo che qui, nel film diretto da Per Fly, non ci sono porte da aprire (come le portiere dell’auto che inevitabilmente esplode), ma i classici scatoloni negli immancabili archivi segreti, il mitico vaso di Pandora, che oggi è, l’innocua, in apparenza, imprescindibile chiavetta USB: «in democrazia, la verità non dovrebbe basarsi sui fatti (o sulle scartoffie, nda), ma sul consenso generale».
Gli elementi del plot (come nel film con H. Ford), sono sempre gli stessi: intrighi internazionali, analisti, diplomatici veri o presunti tali, l’alibi del terrorismo che non dovrebbe fare più notizia, tanto è sputtanato e l’onnipresente CIA, la Central Intelligence Agency americana. Ma al contrario del film con il protagonista di Indiana Jones, manca completamente l’azione, tanto che a tratti il thriller politico (ma anche spy e love story), usa lo stesso linguaggio di un docufilm, comunque intriso di sotterfugi, della corruzione ai più alti livelli, e delle parcelle, del trucco che c’è e si vede, fino al gioco, delle tre carte, con la mano che nasconde, invano, la carta vincente; delle menzogne, grandi, tragiche, della politica usata come ponte nella più infame delle triangolazioni, per unire guerra, petrolio e denaro.
Tanto denaro. Solo che stavolta, e non è l’unica (vedi il film Hotel Rwanda, T. George, 2004), l’affairé è sotto il bene placido, o comunque sotto l’omertoso silenzio, perlomeno diretto, da un alto esponente dell’ONU! Capace perfino di piangere le cosiddette lacrime di coccodrillo. Il film infatti, ruota intorno al piano, sotto il regime di Saddam Hussein, conosciuto come Oil For Food (= “petrolio in cambio di cibo”), «attivato dalle Nazioni Unite nel 1995 (con la risoluzione n. 986) e terminato nel 2003, puntava a permettere all’Iraq di vendere petrolio nel mercato mondiale in cambio di cibomedicine, e altre necessità umanitarie indirizzate alla popolazione irachena senza per questo agevolare l’Iraq nella ricostruzione del proprio esercito»(Wikipedia).
Difficile e logico aspettarsi che non sarebbe andato tutto liscio. Il giovane protagonista (Theo James), è il diplomatico mandato a coordinare il programma dal suo capo, il sottosegretario UN (Ben Kingsley) in Iraq, dopo l’invasione americana. Oltre alle difficoltà interne proprie di un sistema corrotto che si alimenta con cinismo e omertà ed esterne, tra minacce più o meno velate, e il pericolo che venisse scambiato per una spia (a dimostrazione del fatto che oggi il confine tra l’essere un diplomatico o un agente operativo è sempre più labile, come dimostrano diversi fatti di cronaca), egli riesce a scoprire gli altarini, non senza rimetterci, e dove appunto intorno all’altare non ci sono chierichetti, ma spietati individui e sul sacro desco non c’è pane e vino, ma gli introiti in tutte le salse, provenienti dalla vendita delle stesse risorse al mercato nero, lasciando alla popolazione bisognosa, cibo scarso e medicinali scaduti.
Facendo una rapida panoramica, chi trama nell’ombra, come iene travestite da agnelli (il film ne è pieno), riesce a far man bassa ad occhi chiusi. La guerra in Iraq è stata pura invenzione, le armi di distruzione di massa non sono mai esistite; l’esportazione della democrazia, con la forza, che è solo parvenza data l’imposizione di un sovrano fantoccio, e la ricostruzione dei luoghi da loro stessi distrutti con le armi (con la loro vendita, magari in altre zone, a tutte le fazioni in lotta), intelligenti che uccidono solo i cattivi; disponibilità e sfruttamento illimitato del petrolio e infine la speculazione sulle risorse, sui beni di prima necessità, ad una popolazione da loro stessi decimata.
Il più grande scandalo che investì le NU, e che arrivò a colpire tutta la Comunità Internazionale, Italia compresa, si ispira al libro Backstabbing for Beginners: My Crash Course in International Diplomacy, le memorie di Michael Soussan diplomatico ONU, nella finzione, papà del giovane protagonista, il quale ricorda che il padre credeva che i membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, seduti al tavolo rotondo, ricordassero i Cavalieri della Tavola Rotonda. Come nelle favole. Ma questa raccontata nel film, purtroppo è storia vera.

Fonti
https://www.mymovies.it/film/2018/backstabbingforbeginners/
https://www.mymovies.it/cinemanews/2018/154671/

Independence Day: il ritorno

independence-day-resurgenceCinquant’anni fa, l’8 settembre 1966 la NBC, mandò in onda il primo episodio della saga di Star Trek, diventata un marchio della FS e dove tra le altre cose si parlava della Federazione Galattica dei Pianeti che, oggi a distanza di mezzo secolo, è ancora lungi dal divenire. Pochi giorni fa è uscita la notizia del remake del film Alien Nation (G. Baker, 1988) in cui gli alieni, sfuggiti al controllo di un’altra razza ET, arrivano con una gigantesca nave madre (mother-ship), chiedendo asilo alla popolazione terrestre ricevendo in cambio diffidenza e disprezzo. Esattamente a distanza di 20 anni è uscito un altro marchio fortunato Independence Day: rigenerazione, ancora con la firma del “grande distruttore” e ormai maestro indiscusso del catastrofico: Roland Emmerich. Dopo una sofferta rispolverata al cast, manca il pezzo grosso Will Smith, e con l’introduzione di nuovi personaggi: il presidente interpretato da Bill Pullman (in pensione, ma ancora presente e funzionale nella trama perché colpito da molte visioni su un possibile secondo attacco) è stato sostituito al timone della nazione più potente della Terra dalla presidente Lanford, l’attrice Sela Ward, donna dal carattere aggressivo, ma allo stesso tempo senza polso e senza carisma, in una sorta di augurio, forse profetico, per la senatrice Hillary Clinton, nella corsa alla Casa Bianca; l’introduzione di un nuovo personaggio interpretato dalla bravissima Charlotte Gainsbourg, specializzata nell’identificare i segnali lasciati dagli alieni sul nostro pianeta. Capitolo a parte per lo scienziato Levinson/Goldblum, addirittura a capo dell’Earth Space Defeance, una sorta di SDI Strategic Defeance Iniziative di reganiana memoria, ma che diversamente dalla realtà non si tratta solo di una serie di satelliti per la difesa, ma per l’aver costruito sulla Luna una potentissima stazione militare con tanto di cannone al plasma, e per aver progettato, usando retro ingegneria aliena un velivolo ibrido molto potente che agli ufologi potrebbe ricordare la vera flotta spaziale terrestre denominata Solar Warden che, secondo quanto scoperto dall’hacker Gary Mckinnon consta di 8 astronavi più 43 ricognitori piccoli ed opera sotto il comando del Naval Network Usa e lo Space Command Operations (1). Nel film, la civiltà umana, è riuscita a rimettersi in piedi ricostruendo tutte le città distrutte durante il prima attacco e anzi, adesso l’umanità è assai progredita, avendo a disposizione l’ingegneria aliena, e vive sotto un’unica bandiera, un’unica legge e in pace da vent’anni senza conflitti armati fra le varie nazioni: questa davvero noi la denominiamo fantascienza, ma è il primo motivo per il quale i potenti della Terra sono restii al famigerato Disclosure della presenza aliena sulla Terra in quanto tale rivelazione avrebbe l’effetto di un collante per tutti i popoli: il vero traino dell’economia mondiale, la guerra, i conflitti, la vendita delle armi, le varie differenze, le guerre sante e non, il terrorismo, ecc. scomparirebbero, e l’umanità respirerebbe la stessa aria (parafrasando JFK in un famoso discorso), non più inquinata e senza global warming ed è chiaro che tutto ciò andrebbe contro gli interessi del Nuovo Ordine Mondiale che si basa sul millenario concetto del divide et impera. Come accennato poc’anzi alcuni personaggi del primo film: il vecchio presidente, il simpatico dottor Okun interpretato ancora da Brent Spiner (il “Data” di Star Trek), il guerriero Congolese capo dei ribelli che hanno sconfitto gli ultimi alieni rimasti, sono perseguitati da visioni che si manifestano sottoforma di impulsi sonori che arrivano direttamente al cervello e che per quest’ultimo hanno a che fare con una sorta di linguaggio alieno con un preciso simbolo: il cerchio o in 3D una sfera. La letteratura ufologica è piena di esempi simili, si va dalla mappa stellare ricordata sotto ipnosi regressiva da Betty Hill (rapita insieme al marito, primo caso di abduction registrato), al codice binario di uno dei sottoufficiali nella foresta di Rendlesham in Inghilterra, in un IR2 nei pressi della base RAF di Woodbridge. E ora the arrival: l’arrivo, il ritorno. Tra parentesi, in The Arrival (D. Twohy, 1996), film interpretato da Charlie Sheen, radioastronomo, il quale scopre che l’aumento del riscaldamento globale (global warming) è causato da extraterrestri insediatisi nel sottosuolo terrestre. In Arrival (D. Villeneuve) in uscita a novembre, invece, viene usato un linguaggio simile al simbolo usato nel film in questione, che ha sempre come base il cerchio. Se nel primo film veniva detto che gli alieni, che parcheggiarono l’astronave madre lunga solo 500 km di diametro, nei pressi della Luna e che spostavano la loro civiltà di pianeta in pianeta per depredarne le risorse naturali, ora si scopre che in realtà la civiltà aliena non è stata del tutto distrutta, ma arrivano con un’altra mega astronave madre di quasi 5.000 km di diametro, con una propria gravità, e che atterra nell’oceano atlantico, da costa a costa. Se vi fanno paura le dimensioni e pensate che dimensioni del genere sono davvero incredibili, fate una breve ricerca in rete e vi accorgerete che alcuni satelliti hanno ripreso oggetti (astronavi aliene?) prossimi al sole delle dimensioni del pianeta Terra! Inoltre all’interno dell’immenso Ufo, in una sorta di alveare, vive la regina, concetto questo che rimanda naturalmente alla saga di Alien, che come nel film Aliens: scontro finale (J. Cameron, 1986), alla fine viene anch’essa uccisa. Stavolta lo scontro finale (sarà veramente l’ultimo?) si svolge come al solito nell’Area 51, diventata ormai il quartier generale delle forze armate terrestri. Se il nuovo I.D. sempre spettacolare dato l’apporto immancabile della computer graphics (CGI) e con gli alieni questa volta disegnati totalmente al computer non riuscirà, cinematograficamente, a rinverdire i fasti e il successo del primo film (1996) seppur definito dalla critica un videogioco, come visto ci sono alcuni concetti ed elementi che corroborano le tesi ufologiche e che hanno come novità inserita nella narrazione un concetto che va al di là dell’ufologia stessa, toccando le alte punte della cosiddetta esopolitica. Prima dell’arrivo dell’immensa nave spaziale, uno strano fenomeno preannuncia l’arrivo di una sonda aliena perfettamente sferica: la perfezione sferica è già di per sé un potente messaggio (v. il film Sfera di B. Levinson), appartenente ad un’altra civiltà aliena, ma che gli ottusi militari americani distruggono, dalla serie prima spari e poi fai domande. All’interno della sfera distrutta viene trovata un’altra sfera, ma di dimensioni molto più piccole, perfettamente liscia, levigata e di colore bianco, che in realtà ricorda il simbolo percepito da chi avvertiva il ronzio nelle orecchie, una sorta di Hard-Drive contenente tutta la scienza di una razza aliena giunta sulla Terra per avvertire del pericolo che stanno correndo, spiegando che anche la loro civiltà è stata attaccata dagli stessi alieni ostili. Non aggiungo altri spoiler, dico solo che il contenuto della piccola sfera, con interfaccia sonora umana potrebbe far balzare di colpo la nostra civiltà, secondo la scala di Kardashev, direttamente al Tipo III, che definisce una civiltà intergalattica. Ma il concetto può essere, come detto, ampliato, in questo caso non è stata applicata la famosa prima direttiva, tanto cara a Star Trek: una civiltà superiore non può interagire con una civiltà meno evoluta, in quanto l’evoluzione stessa deve seguire il proprio percorso. Nella realtà, purtroppo ciò non è avvenuto, gli alieni di tipo nordico, avvertirono l’umanità del pericolo portato dalla razza dei grigi (2), ma il governo americano in primis non dette ascolto a tale monito perché avevano già stipulato, nel 1954 nella base aerea di Muroc, il famigerato “patto scellerato”: tecnologia extraterrestre in cambio di vite umane.

Note e fonti:

1. http://www.universo7p.it/solar-warden-il-progetto-spaziale-top-secret/
2. http://www.hackthematrix.it/?p=7628?p=7628?p=762
http://www.fantascienza.com/21625/independence-day-rigenerazione-9-cose-da-sapere-sulla-nuova-invasione
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