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Dune: messaggi dal profondo

Dune. Nessun altro termine, forse, tra i tanti proposti dalla fantascienza o dalla semplice avventura è più esotico, evocativo, discordante, a tal punto da portare la mente, sopraffatta dalle immense distese sabbiose ad estraniarsi, ma anche a immergersi dentro sé stessa: in definitiva sono proprio i concetti cardine che reggono il film. L’opera terza, fantascientificamente parlando, di Denis Villeneuve, che ormai sembra avviato verso un successo planetario avendo già in curriculum opere come Arrival (2016, qui la mia recensione) e il remake Blade Runner 2049 (2017): il film è «una travolgente sinfonia di spettacolo, suoni e narrazione. Un’odissea cinematografica che è tanto viscerale quanto epica»(1).
La sceneggiatura è tratta dal romanzo omonimo di Frank P. Herbert, che con il suo Ciclo, «affronta temi complessi cari allo scrittore come la sopravvivenza umana, l’evoluzione, l’ecologia e la commistione di religione, politica e potere»(2). Una delle migliori opere di fantascienza mai scritte, tanto popolare, da essere, secondo me, paragonata, non senza sfigurare, ad altri capisaldi della FS, primo tra tutti, il Ciclo della Fondazione di I. Asimov, mentre dal punto di vista cinematografico, si pone tra le due saghe che sono la storia stessa della Science Fiction: Star Wars, per l’impronta fantasy, e Star Trek.
Il romanzo, pubblicato in due parti, tra il 1963 e il 1965 (il regista Villeneuve ha firmato anche per un sequel), narra di una lotta tra la dinastia Atreides e gli Harkonnen, la cui civiltà bellicosa ricorda un po’ quella dei Necromonger del film Riddick (D. Twohy, 2004), l’oggetto di discussione è lo sfruttamento di una rara e preziosa spezia (Melange) che si trova solo sul pianeta Arrakis, conosciuto anche come… Dune.
Il regista canadese, non è il solo ad esserci cimentato con questa monumentale opera, già dopo vent’anni dall’uscita del libro, ci furono diversi tentativi, il primo che aveva tutta l’intenzione di essere un vero kolossal, ma che rimase tale solo sulla carta, avrebbe dovuto aver la firma di A. Jodorowsky(3), artista eclettico, che cercò di coinvolgere maestri del calibro di Moebius (scenografie e costumi per Blade Runner), HR Giger (Alien) e persino Salvador Dalì e Orson Welles. Ma fu Dino De Laurentiis a offrire la regia a un giovanissimo David Lynch che realizzò il film nel 1984. Purtroppo il film fu un mezzo fallimento sia di critica che di pubblico, a fronte di un budget per quei tempi stellare (40 milioni di dollari).
Il Dune di Villeneuve è di più ampio respiro, anche se si nota la stridente differenza tra le scenografie e l’ambientazione interna dove traspare un’atmosfera cupa, di tipo monastico, ma spigolosa, tetra, dove a farla da padrona sono le ombre, le luci quasi assenti, il simbolismo in ogni singolo oggetto, dalle pareti, alle suppellettili, ai monili e alle armi.

I due protagonisti su Dune

Una fotografia intensa, che per le scene esterne, desertiche, spoglie, ricorda a tratti quella fantastica ammirata in Blade Runner 2049, un giusto mix quindi tra effetti speciali visivi e quelli in post produzione, con panoramiche immense, sovrastate da enormi astronavi che sembrano come fatte di roccia, cubiche, in antitesi con le forme-pensiero di Arrival. In quel caso, il regista riuscì ad imbastire una trama speculativa (la fantascienza che implica la riflessione, la concettualità alla realtà), qui non è da meno e come detto oltre al rapporto tra l’uomo e la Natura (con la ENNE maiuscola), nella FS spesso ostile, c’è il rapporto interiore che sembra a volte urlare, appunto inascoltato, come in un deserto: «Il mistero della vita non è un enigma da risolvere, ma una realtà da sperimentare». Il giovane Paul Atreides, rispecchia appieno questo dualismo, allevato come guerriero dal padre Duca, ma dalla madre, una sacerdotessa, ad interrogarsi sempre su quale sia il senso della vita, fino a diventare una sorta di profeta per i Fremen che abitano Dune: «Conoscerà i vostri usi come se fosse nato tra voi».
Non solo, ma «Come sabbia in un setaccio, noi setacciamo la gente», solo così si ottiene il potere del cielo e del mare, sul pianeta natale, il potere del deserto, su Arrakis. Quindi alla fine, qual’è il messaggio profondo? Da dove arriva, dalle profondità del cosmo, da Dune, oppure… il pianeta deserto è metafora dell’animo umano, un posto arido, desolato, senza vita, quasi senza un futuro, con tutti i suoi mostri (i giganteschi vermi che vivono sottoterra), nel suo subconscio e non basterà nessuna sostanza allucinogena ad evitare l’autodistruzione perchè: «Quando togli una vita la togli a te stesso».

 

Nota dell’autore:
Dove non specificato le citazioni sono tratte dal film

Note:
1. https://www.fantascienza.com/27190/dune-le-prime-reazioni-dal-festival-di-venezia
2. https://it.wikipedia.org/wiki/Frank_Herbert – Raccolte_di_racconti
3. https://www.fantascienza.com/27176/arriva-nei-cinema-il-documentario-sul-dune-di-jodorowsky

Altre fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Dune_(romanzo)
https://it.wikipedia.org/wiki/Dune_(film_1984)
https://it.wikipedia.org/wiki/Dune_(film_2021)
https://www.mymovies.it/film/1984/dune/
https://www.mymovies.it/film/2021/dune/pubblico/?id=1670582
https://www.mymovies.it/film/2021/dune/
https://www.fantascienza.com/27226/dune-e-arrivato
https://www.fantascienza.com/27221/dune-l-uscita-su-hbo-max-puo-condizionare-la-realizzazione-della-seconda-parte
https://www.fantascienza.com/27220/dune-la-featurette-sulle-casate-reali
https://www.comingsoon.it/film/dune/55957/recensione/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/dune-denis-villeneuve-prende-le-distanze-dallo-stile-marvel/n128743/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/dune-la-spiegazione-della-trama-e-dei-personaggi-in-un-video-ufficiale/n128698/
https://www.comingsoon.it/cinema/news/dune-il-nuovo-film-di-denis-villeneuve-e-al-cinema-ecco-dove-vederlo/n128682/

credit:
www.mymovies.it

Agenda 2030: Obiettivo Mondo

Nel settembre 2015 i governi dei 193 Paesi membri dellONU, hanno sottoscritto “L’agenda 2030” che contiene 17 Obiettivi Principali per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs).
L’avvio ufficiale è dell’anno dopo, l’agenda si pone l’obiettivo comune di guidare il mondo sul sentiero da percorrere nei prossimi 15 anni. I 17 punti per lo sviluppo della sostenibilità elencati nellAgenda 2030 sono, tra gli altri: listruzione, lenergia, la disoccupazione, linclusione, la povertà, il bullismo, la salute e l’istruzione. Gli intenti sembrano quanto di meglio è possibile fare per portare il nostro martoriato pianeta sulla strada della sostenibilità. «Lo sviluppo sostenibile è definito come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni. Per raggiungere uno sviluppo sostenibile è importante armonizzare tre elementi fondamentali: la crescita economica, linclusione sociale e la tutela dellambiente»(1).
Tre temi che, oltre chiaramente a ispirare l’Agenda 2030, sono da sempre sotto il focus degli autori (scrittori e registi) del genere fantascientifico. No, non è la classica iperbole. Da qualche giorno, gira sulle reti Rai, un alert, un promo, in linea con le tematiche, gli argomenti e le finalità dell’Agenda ONU: Obiettivo Mondo.
Nel breve trailer, scorrono le immagini di alcuni capolavori della Science Fiction cinematografica: da After Earth (M. Night Shyamalan, 2013): «Ho sentito raccontare della Terra, un paradiso prima che lo distruggessero»; Blade Runner 2049 (D. Villenueve, 2017), con la sua spettacolare fotografia, il vero marchio di fabbrica del film, l’attore è immerso in un paesaggio spoglio virato in “arancio rafforzato” ad indicare, fuoco, fiamme, calore e sudore; Snowpiercer, thriller apocalittico di Bong Yoon-ho (2013): «Dobbiamo riuscire a mantenere lequilibrio, aria, acqua scorte di cibo, popolazione» e «Questo pianeta è lunica casa che potrete mai avere» (Seven Sisters, di T. Wirkola, 2017). Con la voce narrante che prima ammonisce: «Il nostro futuro sembra segnato», poi spera: «Ma possiamo ancora cambiarlo».
Da questo mercoledì (10/3) la Rai, con i suoi canali: Rai Movie, Rai 4 e Rai Premium (riuniti nel marchio Rai Gold), presenta «una serie di film e documentari in prima visione, ispirata alle tematiche dellagenda 2030, per la salvaguardia del nostro pianeta».
Cosa aggiungere ancora? Penso che lo sforzo della rete nazionale dovrebbe essere quanto meno premiato con la visione, ma stavolta non come si guarda un film di fantascienza, che per molti, è ancora sinonimo di evasione. Il momento storico che stiamo vivendo, offre diversi spunti di riflessione e questo ne è un valido esempio, argomenti come il cambiamento climatico, sostenibilità, vita sulla Terra (altro documentario interessante sarà Vita dallo spazio e asteroidi), disuguaglianze, acqua pulita e fame nel mondo, sono sempre più incalzanti e cruciali per Prepararsi al futuro -uno dei documentari a firma di Piero Angela, e per impedire un futuro fosco, in prima visione ci sarà il documentario Two degrees – The point of no return, per proteggere la vita sulla Terra. Siamo molto, molto vicini, mancano solo due gradi…

2019: the future is now!

Il mio primo contatto con la Fantascienza (FS) avvenne, come per molti della mia generazione, a metà degli anni settanta, con la serie cult Spazio 1999. La tv era ancora in b/n, ma la creatività degli autori, i coniugi Gerry e Sylvia Anderson, seppe suggestionare i telespettatori, facendoli quasi toccare la Luna con un dito. In fondo lo sbarco dell’Apollo 11, se mai ci sia stato (vedi qui), era avvenuto pochi anni prima della produzione della serie tv, ma guardare la Base Lunare Alfa, le candide divise bianche dei protagonisti e soprattutto le porte scorrevoli che si aprivano e chiudevano automaticamente al passaggio e che alcuni anni dopo sarebbero state installate ovunque e, infine i comunicatori altrettanto funzionanti (non quelli di Star Trek), quasi cellulari ante litteram, sembravano proprio di un altro mondo. Il binomio titolo, film o romanzo che sia, e un numero ad indicare l’anno, nella FS, è quasi indissolubile (come leggere un racconto o un fumetto legato alla Science Fiction), rendeva il tutto più intrigante e coinvolgente dato che la domanda che tutti ci ponevamo all’epoca, ma ancora oggi, è: “quello che sto guardando accadrà un domani?”. Questo che segue è una breve digressione sui film di fantascienza che hanno all’interno del titolo un anno, oppure sono ambientati, in un anno specifico.
Esattamente un anno prima dell’allunaggio uscì al cinema il film dei film di FS: 2001 Odissea nello spazio di S. Kubrick. Il mondo degli appassionati e non restò sbalordito dalla coerenza scenica: la salita sottosopra della hostess, la stessa che prende la penna che fluttuava a mezz’aria, cose da restare a bocca aperta, in particolare se si pensa che Kubrick per girare la scena ricorse ad un adesivo sperimentale incollato su un vetro con la penna e, in realtà era il vetro che girava davanti alla cinepresa. L’evoluzione della razza umana, ad opera del monolito nero, a rappresentare l’intervento di un’intelligenza superiore, fino a Giove e oltre l’infinito.

Una scena di 2001, al centro i “tablet”

Nel film compaiono una sorta di tablet, quasi come quello con il quale sto scrivendo il post e che poco tempo fa ha portato in tribunale i colossi Apple, che rivendica la paternità dell’invenzione, e la Samsung che ha fatto ricorso alla cosiddetta prior art(1). L’intelligenza superiore (divina o extraterrestre) si manifesta nel seguito ufficiale del capolavoro kubrickiano e cioè 2010: l’anno del contatto (P. Hyams, 1984), dove il sorprendente finale, non solo fa capire che tale intelligenza esiste, ma la stessa veglia da sempre sulla razza umana, dandogli l’ennesimo comandamento, prima che Giove stesso diventi una stella: il messaggio dice che tutti questi mondi sono nostri tranne il satellite gioivano Europa, sul quale l’uomo non deve atterrare, per nessun motivo. Una sorta di Eden? E una sorta di Eden spaziale sono le astronavi di 2002: la seconda odissea (D. Trumball, 1971) che si ricorda solo per la forte valenza ecologica, visto che le astronavi trasportano, come in un’arca, tutte le specie, stavolta, vegetali. Ritornando a Kubrick purtroppo egli morì prima del “suo” 2001, nel 1999, anno fatidico non solo per la cinematografia di FS, ma per tutta l’umanità visto che ci sarebbe stato il cambiamento di tutte e quattro le cifre che compongono gli anni. In 1999: conquista della Terra (J. Lee Tompson, 1972) quarto capitolo della fortuna saga de Il pianeta delle scimmie, che prendono possesso del pianeta: la saga che ha avuto vari remake e prequel/sequel arriva fino all’Anno 2670: ultimo atto girato dallo stesso regista nel 1973. Un’umanità «eccitata e spersa» festeggia il capodanno del 2000 in Strange Days, che sono i giorni che sembra stiamo vivendo oggi; il film è del 1995 girato dalla regista premio Oscar ed ex moglie di J. Cameron, K. Bigelow.
Ora è l’uomo ad aver paura di sè stesso e dei rischi che corre se continua sulla strada dell’autodistruzione.
Il film 2000: la fine dell’uomo (C. Wilde, 1970), parla proprio di inquinamento e relativa sopravvivenza della razza umana. La stessa umanità inoltre si è trovata a combattere contro un nemico quasi invisibile ma molto potente: i virus, scatenatesi, per colpa o accidentalmente, dalla creatura più intelligente che vive sul pianeta. È del 1963 il film L’ultimo uomo della Terra dell’italiano U. Ragona, il protagonista, l’attore Vincent Price, vaga da solo nel quartiere EUR a Roma la cui architettura aumenta in realtà la claustrofobia di un’opera eccezionale. Tratto dal romanzo di R. Matheson: Io sono leggenda, ha avuto diversi remake da 1975: Occhi Bianchi sul pianeta terra (1971), di B. Sagal con C. Heston, al capolavoro omonimo con Will Smith. E vera e propria leggenda è K. Russell ne 1997: fuga da New York, diventata nel frattempo un carcere a cielo aperto; il film di J. Carpenter è del 1981, ma chi di noi non ha la sensazione, oggi, di vivere in un carcere a cielo aperto con tutte le restrizioni e i controlli alla Grande Fratello? Il film sul romanzo best seller di G. Orwell 1984 (scritto nel 1948) si intitola Nel 2000 non sorge il sole (M. Anderson, 1956) e il suo remake diretto da M. Radford, uscito proprio in quel fatidico anno. Oggi tutto è sotto controllo, fra poco forse, ci faranno pagare persino l’aria -e non è una battuta, basta leggere il romanzo di Lorenzo Iacobellis: Oxygen(2).
Kevin Costner è protagonista e regista del film: L’uomo del giorno dopo (1997), il divo hollywoodiano cerca di far risorgere il servizio postale in un mondo postatomico, nel 2013 si trova a dover combattere contro una sorta di dittatore per liberare, quel poco di umanità rimasta, dallo schiavismo e ripristinare la democrazia: curioso, visto che tutto è iniziato dalle semplici mail.
Nella saga Ritorno al futuro (R. Zemekis) che copre più di un secolo (1885, 1955, 1985, 2015), oltre alle scarpe con gli autolacci, al giubotto che si asciuga da solo, allo skateboard anti gravità, si parla del meteo preciso al secondo(?), del fatto che le “poste” non lo siano altrettanto, e del sistema giudiziario: il figlio del protagonista viene arrestato, giudicato e condannato in due ore perché nel futuro «hanno abolito gli avvocati!».
Arriviamo al film e alla data di tutte le date, e che avrebbe dovuto cambiare il destino della razza umana: 2012, dal re, indiscusso, del catastrofismo R. Emmerich (2009). Fra lo sconquasso totale dei continenti secondo la teoria dello spostamento delle placche tettoniche (e i Segnali dal futuro ci sono tutti), il solo continente a salvarsi da mega onde e dalla traslazione dei poli è l’Africa. Un mònito per come viene stremata e per come stiamo affrontando la questione immigrati? E un mondo sovraffollato e ridotto alla fame viene rappresentato nel film 2022: i sopravvissuti (R. Fleischer, 1973): la popolazione è costretta a mangiare delle gallette verdi che si scopre alla fine essere prodotte con i cadaveri. In questo modo il sistema marcio, coglie i classici due piccioni con una fava.

Una scena di Blade Runner

Arriviamo così all’anno indicato come titolo di questo testo: il 2019. Non sono usciti film che hanno nel titolo quest’anno, ma quest’anno è l’anno di un altro capolavoro della FS cinematografica: Blade Runnerdi Ridley Scott.
Il film è del 1982: in una Los Angeles superaffollata e multietnica, diventata ormai uno stereotipo della metropoli del futuro, perennemente avvolta in un paesaggio cupo e piovoso; quindi, forte inquinamento, alterazione del clima, tutti fattori che concorrono a trasmettere, allo spettatore, un forte senso d’angoscia. Un mondo invivibile, quasi una metafora di questo attuale, dove il progresso sembra regresso. Ognuno è in bàlia del destino (da ricordare il sequel: Blade Runner 2049, di D. Villeneuve, 2017), in lotta con il prossimo, costretti a sgomitare per difendere il proprio, piccolo spazio vitale, sempre più minacciato, dall’uomo stesso, dall’ambiente e dalle macchine. La fuga è l’unico rimedio; l’auto sulla quale fuggono i protagonisti sembra proprio una macchina del tempo, ma non come quella de L’uomo che visse nel futuro (G. Pal, 1960), tratto dal romanzo The time machine di H. G. Wells, il protagonista, l’attore Rod Taylor arriva fino all’anno 802.701! No, non è un numero verde tronco, è proprio l’anno visitato dal crononauta: ma, sicuramente, come canta F. Guccini «noi non ci saremo».

Note:
1. https://www.tuttoandroid.net/samsung/samsung-vs-apple-samsung-cita-una-scena-di-2001-odissea-nello-spazio-24956/
2. L. Iacobellis, Oxygen, Delos Digital, Futuro Presente 19.

Fonti:
Giovanni Mongini, La Fantascienza sugli schermi, Perseo Libri, Bologna 2002.
Gianmaria Contro, Architetti del futuro, in Nathan Never – Almanacco della Fantascienza 2008, S. Bonelli Editore, 2008.
http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2019/01/06/AD4uz6YD-previsto_visionari_asimov.shtml
http://www.ilsecoloxix.it/p/magazine/2019/01/02/ADZtP3SD-fantascienza_philip_runner.shtml

Credits:
https://www.serialclick.it/telefilm/6471/space-1999
https://www.youtube.com/watch?time_continue=5&v=JQ8pQVDyaLo
https://bladerunner.fandom.com/wiki/Themes_in_Blade_Runner

Use weapon: la storia della nostra vita

«Portare arma». «Offrire arma». «Usare arma». No, non è ET che parla (ricordate il classico «Telefono casa»?).
Se in italiano i verbi utilizzati, ad indicare una precisa azione, potrebbero avere quasi lo stesso concetto, come per molte delle altre lingue terrestri, cosa significherebbero invece, in una comunicazione extraterrestre (in entrambi i versi), con una civiltà ben più avanzata della nostra?
In estrema sintesi questo è il contenuto principale del film di Denis Villeneuve, Arrival,  di cui si aspetta l’attesissimo Blade Runner 2049.
I contenuti, in effetti, sono diversi e come è inevitabile per la fantascienza con la effe maiuscola (quella cioè che mette il fruitore nella posizione di riflettere su quanto letto o visto, detta anche fantascienza speculativa), toccano diversi aspetti della conoscenza umana che cercherò di analizzare nel testo che segue, in maniera alquanto approfondita frutto di una proficua ricerca, precedente alla visione del film.
Perciò armatevi di un po’ di pazienza perché il post sarà più lungo del solito (cosa che faccio raramente).

La trama
Mentre il mondo conduce la solita vita quotidiana, all’improvviso i notiziari annunciano che in tutto il pianeta sono atterrate o meglio, sono sospese a pochi metri da terra, 12 astronavi che poco dopo si scoprono essere aliene.
La dott.ssa Louise Banks, interpretata da una bravissima Amy Adams (curiosamente nata in Italia, ad Aviano, sede di una importante base Nato), esperta linguista di fama mondiale, viene contattata dal colonnello Webber/Whitaker per decifrare il primo messaggio alieno che è stato registrato. All’inizio riluttante, subito dopo reclutata e messa al corrente della situazione per far sì che possa scoprire le vere intenzioni degli alieni, e porre loro le classiche domande, chi siete, da dove venite, perché siete qui.
Nel tentativo è supportata dal fisico teorico Ian Connelly, l’attore Jeremy Renner.
Da qui prenderanno le mosse che condurranno, soprattutto la linguista, in un lungo e sorprendente viaggio, dentro la sua mente e dentro sé stessa.

Il Film
Detto del regista, il film è stato scritto da Eric Heisserer «una sceneggiatura nella quale vi è un elemento di forte tensione, preservando tuttavia appieno gli aspetti filosofici del racconto originale e combinandoli efficacemente con le nervose relazioni geopolitiche mondiali»(1).  La trama è un adattamento tratto dal racconto Storie della tua vita, dello scrittore americano Ted Chiang, inserito nell’antologia che prende il titolo dallo stesso racconto (Frassinelli Editore, 2016). Eccone un breve stralcio: «Gli esseri umani avevano sviluppato una consapevolezza di tipo sequenziale, gli eptapodi di tipo simultaneo. Noi percepivamo gli eventi secondo un ordine, e le relazioni tra loro come di causa ed effetto. Loro percepivano gli eventi tutti insieme, allo stesso tempo, secondo un obiettivo a cui tendevano»(2).

il linguaggio degli eptapodi

Gli “eptapodi”, alieni tipo grossi polipi con sette arti (in greco, epta=sette), sono solo in due nella grossa astronave, battezzata “guscio”, una sorta di forma-pensiero, che stranamente è posizionata in verticale e solo alla fine, in orizzontale, ricorda il classico ufo. Usano, come vedremo, un particolare tipo di scrittura, dei segni definiti logogrammi «affascinanti ed enigmatici»(3), che costituiscono in pratica tutta l’ossatura del film e la cui decifrazione (se vogliamo trovare una pecca, non viene chiaramente specificato come si arrivi a ciò), mette in enorme difficoltà praticamente tutti gli esperti del mondo.
Ed è solo alla fine che la dottoressa Banks riesce a venirne a capo offrendo all’intera umanità qualcosa di inimmaginabile. Il film, supportato come detto da un’ottima sceneggiatura e da eccellenti effetti speciali visivi, proprio per quanto riguarda il modo di “scrivere” degli E.T., essi producono direttamente dal loro corpo una sostanza fumogena, che va a formare il simbolo su uno schermo bianco, la barriera che divide i due mondi: il pensiero che diventa forma; ha numerose e notevoli implicazioni: filosofiche, sociali (poco dopo l’arrivo, principalmente nelle città meta delle astronavi, iniziano i primi scontri, causati dal malcontento della popolazione, impaurita da quella che potrebbe essere una possibile minaccia), antropologiche (cosa succederà dopo?), fino addirittura ad implicazioni esoteriche e numerologiche.

Film analoghi
In Arrival la squadra degli scienziati è formata semplicemente da una linguista e da un fisico teorico. Il primo film che quindi salta subito alla mente è Sfera (B. Levinson, 1998), il gruppo degli esperti qui è formato da uno psicologo, autore di uno studio sui possibili contatti con civiltà aliene e da una biochimica, un matematico e un astrofisico.
Un matematico perché la matematica, a questo punto, potrebbe essere, «l’unico linguaggio universale»(4), come accade in Contact (R. Zemechis, 1997), dove gli alieni inviano le istruzioni per costruire una macchina per raggiungerli, usando appunto la matematica (nel film di Villeneuve, gli alieni «non hanno un’algebra»); un astrofisico per stabilirne l’esatta provenienza e la biochimica per determinarne la specie, infine lo psicologo per contenere le eventuali crisi di stress.
Se in Arrival la scrittura è a forma di cerchio, tridimensionalmente esso rappresenta appunto una sfera, perfetta, «perché la perfezione è già un potente messaggio» (Sfera). In Mission to Mars (B. De Palma, 2000) gli astronauti scoprono che il suono ricevuto, è in realtà la codifica di un modello di DNA simile a quello umano, tranne che per alcuni cromosomi mancanti: aggiunti i quali i marziani possono stabilire che, essendo umani, non sono una minaccia. In Arrival, è stata usata una soluzione più semplice, a dir la verità troppo semplice, quasi ridicola, viste le pretese iniziali: in pratica i due scienziati, mostrando un cartello con scritti i loro nomi, si battono ripetutamente… il petto! La minaccia non viene, però, sventata in Cacciatore di alieni (R. Krauss, 2003) il decrittatore del SETI, comprende troppo tardi la sequenza matematica contenente un messaggio di allarme: la capsula rinvenuta nei ghiacci del polo contiene un alieno portatore sano di un virus in grado di annientare tutta l’umanità.

Incontri Ravvicinati del terzo tipo

Paragrafo a parte merita il capolavoro di S. Spielberg Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), qui gli alieni si servono delle note musicali per comunicare con i terrestri, la famosa sequenza di note (scritta da John Williams, ma voluta da Spielberg con sole 4 note): Sol, La, Fa, Fa, Do; è entrata ormai nella storia del cinema e nell’immaginario collettivo. Anche qui gli scienziati, sembrano tornare alle origini perché la prima forma di risposta usata è data con l’ausilio del linguaggio dei segni, iniziata con il palmo della mano alzato e rivolto verso l’ospite, lo stesso segno che compare sulla placca delle sonde Pioneer: oltre ad altri simboli facilmente interpretabili da un’avanzata civiltà extraterrestre, ci sono una figura umana maschile e una femminile, l’uomo appunto ha il palmo della mano alzato in segno di saluto. Se le astronavi rimandano al monolite nero del capolavoro assoluto 2001: Odissea nello spazio (S. Kubrick, 1968), la maternità e il rapporto della protagonista con la figlia, rispettivamente ad Alien 3 (D. Fincher, 1992) e a Solaris (A. Tarkovsky, 1972)(5), chiaramente ciò che a noi interessa è comprendere il linguaggio alieno così come è stato rappresentato nel film e al quale viene dato un’importanza di primo piano: il linguaggio infatti è «la prima arma che si sfodera in un conflitto».

Il linguaggio alieno
Il termine «si riferisce a qualsiasi forma di linguaggio che potrebbe essere utilizzato da ipotetiche forme di vita extraterrestri. Lo studio di tali linguaggi è stato denominato xenolinguistica o astrolinguistica ed è un campo ipotetico presente soprattutto nella fantascienza (…)  la possibile esistenza di forme di vita extraterrestri intelligenti la rende oggetto credibile anche di speculazioni scientifiche e (come detto, nda) filosofiche»(6).
E le speculazioni scientifiche chiaramente non mancano.

Lo studio della Nasa

Tre anni fa, nel 2014, la Nasa ha redatto lo studio Archaeology, anthropology and interstellar communication e, nel relativo articolo di Rosy Matrangolo, si legge: «Che presenze dovremo prevedere di aspettarci? Fatte come? Se le nostre conoscenze sull’universo sono ferme al 4%, come potremo prevedere in che modo la materia “ha dato vita” ai nostri vicini extraterrestri?». Dubbi più che legittimi. Inoltre: «Quali organizzazioni percettive i nostri vicini di pianeta avranno sviluppato per recepire e trasmettere messaggi? Saranno dotati di udito, vista, tatto come li intendiamo noi? Quale “evoluzione” a livello biologico avrà guidato il loro sviluppo? Per rispondere, gli studiosi fanno ricorso alla (nostra) storia: i simboli matematici, le note della musica, la scrittura cuneiforme e i geroglifici». L’autrice afferma che il metodo da utilizzare, alla fine, sarebbe: «ascoltare, isolare e decifrare»(7). Tutte azioni mostrate in Arrival, tranne come detto per la decifrazione.
Ma entriamo più nel merito della questione: il linguaggio degli eptapodi nel film in oggetto. La fantascienza diverse volte ha fatto ricorso a veri esperti per creare ex novo lingue fantastiche anche molto bene architettate, come ad esempio la lingua Klingon in Star Trek (da ricordare, inoltre che nell’opera di Villeneuve, non è contemplata la prima direttiva: una civiltà superiore non può interferire nell’evoluzione di un’altra meno evoluta). Per Arrival, gli autori si sono avvalsi, per dare un senso alla loro lingua, della competenza della prof. Jessica Coon della McGill University di Montreal, la versione scritta costruisce intere frasi come cerchi incredibilmente complessi senza un preciso ordine delle parole, ovvero ortografia non lineare. Da qui si evince come quanto sia diversa la loro lingua dalla nostra. Noi invece parliamo, sentiamo e usiamo il linguaggio nel contesto della nostra società. La questione è molto delicata perché il minimo errore potrebbe risultare fatale per l’una o l’altra specie. Ma in pratica da dove si parte.
Nel film viene citata l’ipotesi di Sapir-Whorf, conosciuta anche come “ipotesi della relatività linguistica”, «essa afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa ipotesi assume che il modo di esprimersi determini il modo di pensare». Per dirla in breve: noi siamo anche ciò che parliamo.
Ed ecco perché ci potrebbe essere un enorme differenza tra i significati di “arma” (nel film i militari immancabilmente vanno in agitazione, insieme a tutti i governi degli altri Paesi che hanno visto l’arrivo delle astronavi: «non siamo un pianeta con un solo leader», afferma l’agente CIA) e “strumento” che è quello che intendono scoprire i due scienziati, come vedremo.

La scala di Kardaschev e il rapporto tra civiltà diverse
Ho citato la scala diverse volte nei miei post, adesso però è bene spingerci un po’ oltre. Al di là delle tante ipotesi, Civiltà extraterrestri  (Mondadori), un saggio di divulgazione scientifica scritto nel 1979 da Isaac Asimov; equazioni: Equazione di Drake, Frank Drake astronomo e astrofisico statunitense, 1961 e paradossi, Paradosso di Fermi: «Dove sono tutti quanti?», (Enrico Fermi, Los Alamos, 1950); la scala di Kardashev è un metodo di classificazione delle civiltà in funzione del loro livello tecnologico, proposta appunto nel 1964 dall’astronomo russo Nikolaj Kardashev.
Si compone di tre tipi detti di transizione, basati sulla quantità di energia di cui le civiltà dispongono, secondo una progressione esponenziale:

  • Tipo I: civiltà in grado di utilizzare tutta l’energia disponibile sul suo pianeta d’origine.
  • Tipo II: civiltà in grado di raccogliere tutta l’energia della stella del proprio sistema solare.
  • Tipo III: civiltà in grado di utilizzare tutta l’energia della propria galassia.

Questo ha portato ad estrapolazioni ipotetiche ampiamente sfruttate, logicamente dalla fantascienza, infatti essa ha immaginato, anche civiltà di Tipo IV: in grado di controllare tutta l’energia di un superammasso di galassie, fino a civiltà di Tipo X: questi esseri possono essere realmente considerati degli Dei nel senso stretto della parola.
La civiltà umana sarebbe una civiltà ancora di “Tipo 0“, in quanto utilizzerebbe solo una frazione dell’energia totale disponibile sulla Terra. Jack Cohen, scienziato e Ian Stewart, matematico, hanno sostenuto che se non possiamo comprendere civiltà più avanzate, non possiamo neppure ipotizzare in che modo esse si evolvano. E non solo, il concetto che segue ipotizza numeri da capogiro e fa si che la suddetta scala assuma in tutto il contesto un ruolo di primo piano per la comprensione del rapporto tra civiltà diverse.
«Per intenderci, attualmente il flusso di energia utile impiegata dall’uomo è stimato in 15 TW, 11.600 volte meno del punto di prima transizione. Sulla scala logaritmica di Kardashev, meritiamo un valore pari a 0,71. Una civiltà di Tipo II sarebbe 11.600 miliardi di volte più in là di noi. Una civiltà di Tipo III: 11.600 miliardi di miliardi di volte più “potente” di noi»(8).
In pratica, quindi, se ci trovassimo di fronte una civiltà di Tipo III, l’ipotesi più probabile, saremmo in grado di comunicare con loro, oppure ci sarebbe la stessa differenza che c’è tra noi e le api o le formiche? Senza prendere in considerazione le civiltà di Tipo X , saremmo almeno in grado di riconoscerli come tale? Avvertiremmo cioè la loro presenza? Considerazioni ufologiche a parte (nelle abduction, gli alieni definiti “grigi”, in primis, usano la telepatia), sarebbe possibile un «gioco a somma zero», paritario, senza nessun vincitore? Credo di no.

Esoterismo e numerologia: il simbolismo nascosto
Guardando la particolare forma del linguaggio alieno il primo simbolo che salta subito agli occhi è il cerchio.
«Il simbolismo del Cerchio é duplice, sia magico sia celesteIl Cerchio come cielo rappresenta la dimensione intellettuale e spirituale (…)Il movimento circolare, che è anche quello del cielo, è perfetto, immutabile, senza inizio né fine, né variazione»(9); questo fa si che esso rappresenti il tempo.
Il tratto nero, monocromatico, senza colori, che contrasta con il bianco sottostante (sia esso carta o schermo), assume un significato altamente simbolico, infatti «L’antica tradizione orientale e il moderno mondo occidentale attribuiscono al nero e bianco un significato di trasformazione»(10).
Il numero 12 (le astronavi) è il numero sacro della trasformazione, «Il Dodici indica la ricomposizione della totalità originaria, la discesa in terra di un modello cosmico di pienezza e di armonia. Infatti indica la conclusione di un ciclo compiuto (…) è il simbolo della prova iniziatica fondamentale, che permette di passare da un piano ordinario ad un piano superiore, sacro (…) In numerologia, il 12 è un numero karmico: simboleggia il sacrificio, la fatica fisica e morale, l’abnegazione e la devozione (…)
Con il 12 si identifica il divenire del tempo»(11).
Il numero 7 (gli arti degli eptapodi), è il numero del destino. «Il Destino rappresenta il percorso di vita, la chiave per vivere bene e realizzare la nostra natura profonda (…)
Il numero Sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico»(12).

Conclusioni: «molti diventare uno»
Sebbene il film sia «ambizioso e umile, a tratti mistico-elegiaco»(13), le difficoltà sono diverse e, come osservato «non sono di natura esclusivamente tecnologica ma coinvolgono anche la volontà politica e gli interessi economici, tutti fattori non di secondo piano nella prospettiva di una rivoluzione epocale»(14).  Dov’è questa svolta epocale?
La dottoressa Banks inizia a ricevere, dopo il contatto con gli eptapodi, dei flash sulla sua vita, senza un ordine preciso, tra passato e futuro; ma è nel rapporto con la figlia Hannah (una parola palindroma, si può leggere indifferentemente sia da sinistra a destra che viceversa), che trova la forza di guardare dentro sé stessa, ma anche dentro al futuro e capire che cos’è realmente l’arma. L’arma, o lo strumento, sarebbe proprio lo strano linguaggio alieno: esso rappresenta la circolarità del tempo che per loro non ha né inizio, né fine (noi invece concepiamo il tempo come una freccia puntata solo verso il futuro). Con l’uso del loro linguaggio, è possibile appunto conoscere il futuro, quindi nelle mani sbagliate, diventerebbe un’arma pericolosissima, perché siccome sulla Terra non c’è un solo leader, necessariamente molti devono diventare uno, altrimenti conoscere il futuro potrebbe portare all’autodistruzione: la troppo conoscenza, può generare insicurezza, instabilità.
Portare arma, in definitiva, è la storia della nostra vita, una civiltà bellicosa, belligerante e immatura, una civiltà che ha paura di ciò che non conosce e non comprende e che preferisce distruggere piuttosto che capire. Però questo film, risponde, in un certo senso, alla classica domanda: siamo soli? No, non lo siamo. Loro sono qui, ma noi non li vediamo. Non possiamo. Non ancora…

Nota dell’autore:
Le citazioni, ove non specificato sono tratte dal film. Data una certa difficoltà nella gestione delle note, l’autore si riserva, qualora fosse necessario in seguito a rimostranze di altri autori, siti web, ecc., di correggere ove opportuno.

Note e Fonti:

  1. http://www.fantascienza.com/22067/arrival
  2. http://www.bibliotecagalattica.com/romanzi/storia_della_tua_vita.html
  3. http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/pubblico/?id=754699
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Linguaggio_alieno
  5. http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/news/cinemacheriflette/
  6. https://it.wikipedia.org/wiki/Linguaggio_alieno
  7. La fonte originaria dell’articolo, all’indirizzo: http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/rosy-matrangolo/manuale-di-comunicazione-interstellare/novembre-2016; attualmente risulta Non Trovata.
  8. http://www.fantascienza.com/blog/stranoattrattore/2008/06/06/lorizzonte-postumano-e-la-civilizzazione-interstellare/
  9. http://www.mitiemisteri.it/esoterismo/geometria/cerchio.html
  10. http://www.lifegate.it/persone/stile-divita/nero_e_bianco_come_colori_di_trasformazione_e_di_rinascita
  11. http://semplici.emozioni.forumfree.it/?t=64257055
  12. http://www.visionealchemica.com/numerologia-il-numero-7-nel-destino/
  13. Valerio Caprara, Il Mattino, 19 gennaio 2017 in http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/rassegnastampa/755452/
  14. http://www.fantascienza.com/11262/verso-una-civilta-di-tipo-i

http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/
http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/pubblico/?id=755274
http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/pubblico/?id=755338
http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/pubblico/?id=748291
http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/rassegnastampa/748326/
http://www.fantascienza.com/21814/arrival-il-final-trailer-racconta-il-mistero
http://www.altrogiornale.org/manuale-di-comunicazione-interstellare/
https://www.nasa.gov/sites/default/files/files/Archaeology_Anthropology_and_Interstellar_Communication_TAGGED.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Storie_della_tua_vita
http://www.visionealchemica.com/12-numero-sacro-della-trasformazione/
http://www.sciencemag.org/news/2016/11/linguists-new-sci-fi-film-arrival-cant-come-soon-enough?utm_campaign=news_daily_2016-11-11&et_rid=17056890&et_cid=985356
https://www.scientificamerican.com/article/alien-interpreters-how-linguists-would-talk-to-extraterrestrials/
http://www.mymovies.it/film/2016/storyofyourlife/news/scifituttaltrochederivativo/

Photo credits:  http://collider.com/arrival-review/, Warner Bros., Columbia Pictures, Nasa, http://astrocultura.uai.it/avvenimenti/sagan.htm