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Planetary

Di solito non recensisco film datati, ma ho avuto modo di vedere il film in questione proprio il giorno dell’Earth Overshoot Day, ampiamente tratteggiato in alcuni miei post.
Il documentario, splendidamente realizzato con fantastiche immagini a 360° del nostro pianeta, sia da terra -le grandi metropoli urbane, sia dallo spazio; infatti lo stesso si apre con la partenza dell’Apollo 11, e raccoglie le interviste a scrittori, scienziati, sociologi, filosofi e pensatori vari. E la prima citazione è proprio di un ex astronauta: «Guardare il pianeta dall’alto è un’esperienza che toglie il fiato». Dall’alto, infatti, il nostro bel pianeta blu, sembra perfetto, ma, in realtà «è molto fragile». Un’antica leggenda della mitologia induista narra: «In passato tutti gli uomini avevano gli stessi poteri degli Dèi, ma a causa delle loro malefatte, gli Dèi decisero di togliere questo dono e iniziarono a cercare dove nascondere la scintilla divina. Uno disse, gettiamola sul fondo dell’oceano, lì non la troveranno mai. Ma gli altri dissero, un giorno l’uomo arriverà sul fondo dell’oceano, allora la troverà. Un altro disse, allora mettiamola tra le stelle del cielo. No, un giorno l’uomo volerà fino alle stelle e la troverà. Poi Brahma disse,  sò io dove nasconderla, mettiamola nel profondo del suo animo, perchè non penserà mai di cercarla lì».
La profondità di questo breve spaccato, andrebbe sviluppata a parte, inoltre è in perfetta sintonia con un altro testo inserito nel film Apocalypto (M. Gibson, 2006), però una cosa è certa: «La risposta è dentro di noi».
Il problema purtroppo è che noi non ci vediamo come un’unica specie e dallo spazio «non si vedono le differenze».
«Siamo nel pieno di una crisi ecologica», afferma L. Ellis, teorico dei sistemi complessi(1), che continua: «potrebbe arrivare ad alterare, tutta la vita sulla Terra». L’ipotesi “Gaia”, inquadra la Terra come un unico sistema vivente ecco perchè «siamo nel pieno di un’estinzione di massa». Non è che la pandemia è un ultimatum da parte del nostro pianeta?(nda). Dei 10 milioni di specie, attualmente ne scompaiono migliaia ogni anno, fatto questo taciuto dai media con il bene placido della classe politica (leggi potere).
Ancora Ellis: «Che cos’è che blocca la nostra coscienza e ci impedisce di comprendere e accettare il dolore per quello che abbiamo fatto e facciamo al Pianeta e che ci stiamo facendo l’un l’altro, ovvero distruggerci?». Quella che stiamo vivendo è una crisi epocale: «Nel corso dei secoli, nella storia dell’umanità, ogni cultura si è organizzata intorno ad un mito fondante, possiamo fingere di vivere… ma possiamo fermarci e farci questa semplice domanda -In che modo organizzo la mia vita, come dò un senso a tutte le mie attività ed esperienze?».

Un mosaico di alcuni frames tratti dal film.
Elaborazione grafica di Giuseppe Nardoianni

Il grosso guaio è che la cultura moderna, basata sul profitto e il consumismo è: «così arrogante fino a credere che l’universo fosse stato creato solo per noi, per istruire e liberare la nostra piccola anima».
W. Nisker, insegnante di meditazione e scrittore afferma: «Visione ristretta e immorale».
W. Davis, esploratore e antropologo: «Il mondo nel quale viviamo è solo un modello della realtà, adesso non ci interessa chi ha ragione e chi torto»; ma ci sono diversi sistemi di valori che ci impediscono di agire.
«Molte culture nella loro storia hanno tramandato miti legati alla natura che trasmettevano un ideale di armonia e la Natura era la Madre, il Padre, la Fonte della loro esistenza. Ma noi ci siamo raccontati un mito che prescindeva dalla natura, in cui l’uomo era superiore e si poneva come suo padrone. Se guardiamo la nostra politica, la nostra economia, sono basate su un concetto di separazione tra l’uomo e la Terra, ed è proprio questo senso di alienazione che ci spinge a profanare la Terra».
Angel Kyodo Williams, monaca Zen: «La visione del mondo che abbiamo oggi, si basa su un paradigma dominante, che pone l’uomo sopra ogni cosa. Il resto del pianeta e anche tutti gli altri esseri viventi sono visti come delle risorse da conquistare… bisogna mettere tutto a tacere, perché se questa visione si confrontasse con la verità, crollerebbe tutto all’istante».
«Facciamo parte di quel processo evolutivo costante che oggi include tutti gli esseri viventi e i 100 miliardi di galassie nel cielo». Mona Polacca, anziana del popolo Hopi: «Lo vedo come un risveglio collettivo».
Tiokasin Ghosthorse, anziano del popolo Lakota: «Se però decidiamo di entrare in comunione con questa conoscenza, diventa la nostra identità, capiremo che la nostra priorità è difendere la Madre Terra, è questo il nostro compito…».

 

nota:
1. Lo studio dei sistemi complessi è un campo nuovo, che si caratterizza, fra l’altro, per la sua natura altamente interdisciplinare: basti pensare alle connessioni con la biologia, l’informatica, la teoria dei sistemi, la finanza e l’ecologia (Treccani).

 

credit:
Planetary, documentario,
regia: Guy Reid, 2015
disponibile su Mediaset Play fino al 05/09/2020
weareplanetary.co
@weareplanetary
#weareplanetary

 

La creatura di Atlantide e… Darwin!

«Chi combatte i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se guarderai a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te». Questa è la tagline (un’aforisma di F. Nietzsche) con il quale inizia il film Cold Skin -La creatura di Atlantide, diretto dal regista spagnolo Xavier Gens nel 2017 e andato in onda qualche sera fa sul quarto canale della Rai, disponibile sulla piattaforma digitale e in Home Video. Tratto dal romanzo di Albert Sánchez Piñol, La pell freda (2002), scrittore e antropologo spagnolo, mi è servito da spunto per scrivere il testo che segue.
Le considerazioni in esso contenute, sebbene trattasi di argomento ostico, se dovessero dimostrarsi in un futuro, più o meno lontano, veritiere, è possibile che potrebbero spingere le conoscenze umane proprio sull’orlo di un abisso. La teoria dell’evoluzione umana, infatti, è una sorta di diatriba, lungi ancora dall’essere accettata unanimamente da tutta la comunità scientifica, anche alla luce di ciò che i revisionisti, stanno scoprendo negli ultimi anni: «Darwin si è sbagliato», si legge su un vecchio libro, all’inizio del film.
Lo stesso Wallace, al quale viene riconosciuta la paternità, accanto a Darwin, della selezione naturale, ma deliberatamente mai menzionato, sostenne che «non ivi è la causa onnipotente, assolutamente bastevole, unica, dello sviluppo delle forme organiche»; poi continua: «un esame onesto e inflessibile delle forze della natura ci dice che ad un certo periodo della storia della Terra ci fu un atto di creazione, un dono alla Terra di qualcosa che prima non aveva posseduto, e da quel dono, il dono della vita…»(1).
Ma come si è giunti a concetti che possano far vacillare, la teoria dell’evoluzione della specie? Cosa non prese in esame, a suo tempo, Darwin?

Il Troodon a destra, a sinistra la teorica evoluzione

«Il paleontologo Dale Russell, suggerì nel 1982 un percorso evolutivo ipotetico che avrebbe potuto seguire il Troodon, un dinosauro bipede predatore, se non fosse completamente sparito nell’estinzione di massa del Cretaceo, 65 milioni di anni fa. L’idea venne accolta con scetticismo, anche se alcuni scienziati l’hanno ritenuta stimolante a livello congetturale»(2).
Nel film di Gens, le creature, che si trova ad affrontare il protagonista, hanno caratteristiche morfologiche intrinseche; se una o più colpiscono l’essere umano, sono considerate malformazioni, o almeno danno da pensare: vediamole in dettaglio.
Pterigio: la crescita di una sotto palpebra nell’occhio, come la membrana nittitante presente negli occhi degli anfibi e rettili, in particolare.
Cauda: un’escrescenza in zona lombare come una piccola coda (non tutti i primati hanno la coda, nda).
Microtia: quando il padiglione alla nascita si presenta malformato e/o di piccole dimensioni. Le cause sono dovute ad una trasmissione ereditaria e nei casi più complessi ad una mutazione genetica.

Ittiosi

Ittiosi: sono un’ampia ed eterogenea famiglia di disordini della cheratinizzazione che fanno apparire la pelle come fosse coperta da squame, screpolata ed inspessita (wikipedia).
Il cervello Rettiliano (tronco dell’encefalo), del quale la scienza non ha ancora ben definito il funzionamento, è il più antico, è la sede degli istinti primari, delle funzioni corporee, del territorio, della conquista e della difesa, dei comportamenti che riguardano l’accoppiamento.
I rettili, creature a sangue freddo, hanno solo questa parte.
La sindattilia: è un’anomalia congenita che consiste nella fusione di due o più dita delle mani o dei piedi, è detta anche mano a cucchiaio o piede palmato (più raro). Le cause di tale malformazione non sono del tutto conosciute, possono essere cause ereditarie, meccaniche, vascolari o cattive condizioni materne durante la gravidanza, intorno alla settimana settimana di gestazione la mano, inizialmente a forma di paletta, dà origine alle dita, se la separazione non avviene, la mano e/o il piede rimarranno palmati (wikipedia).
È possibile poi speculare su altri aspetti della questione, considerando ad esempio:
il DNA spazzatura: solo il 1,5% dei geni che costituiscono il patrimonio genetico sono stati codificati, cioè attivi, mentre il restante 98,5% non è stato codificato. Finora è stato reputato inutile e per questo definito “spazzatura”. Ultimamente sono stati analizzati i dati di mille genomi, scoprendo varianti genetiche (mutazioni) nella parte spazzatura.
Infine, non può mancare il Mito: gli uomini rettile o uomini serpente sono creature leggendarie menzionate nella mitologia e nel folklore di varie culture, aventi fattezze di un rettile umanoide (come il Troodon).
In epoca moderna sono presenti anche nella fantascienza, come nel film Il mostro della laguna nera (J. Arnold, 1954), nell’ufologia e nelle teorie del complotto. Nell’opera di Gens, alla creatura viene dato il nome di Aneris, che è solo la parola “sirena” scritta al contrario e «molte sono le testimonianze e i rapporti anche ufficiali (segreti) di strane creature, come le sirene, avvistate in tutto il mondo», come ho scritto qui. Inoltre la creatura sembra avere proprietà taumaturgiche come in La forma dell’acqua (G. Del Toro, 2017) e può accoppiarsi con l’uomo come in Splice (V. Natali, 2009).
«Ci sono verità che meritano la nostra attenzione e altre che meritano di essere ignorate». Io, logicamente non posseggo la verità, ma alla luce di quanto esposto nemmeno gli scienziati ce l’hanno perchè, in ultima analisi: «La genesi dell’uomo, le cronache delle prime civiltà, l’intera cronologia del pianeta devono essere riconsiderate sotto una nuova luce. E quella luce viene da mondi lontani»(3).
Quindi il dilemma è plausibile o quantomeno spiazzante: nell’evoluzione umana cosa c’entra la scimmia?

 

Note:
1. http://www.filosofiaescienza.it/wallace/
2. https://it.wikipedia.org/wiki/Uomo_rettile
3. https://www.macrolibrarsi.it/libri/__lerrore_di_darwin.php

Le citazioni dove non specificato sono tratte dal film

Fonti:
https://www.studiopsicologiarubbini.it/index.php?option=com_content&view=article&id=15&Itemid=145
https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/15_aprile_04/nuova-luce-ruolo-dna-spazzatura-72ef7f9e-daaa-11e4-8d86-255e683820d9.shtml
https://www.ibs.it/errori-di-darwin-libro-jerry-a-fodor-massimo-piattelli-palmarini/e/9788807104572
http://www.filosofiaescienza.it/wallace/
https://it.wikipedia.org/wiki/Uomo_rettile

Credit:
http://www.blueswan.it/?option=com_content&view=article&id=245
https://websky.pro/homo-saurus-59/
https://www.osservatoreitalia.eu/torino-bimbo-affetto-da-ittosi-arlecchino-abbandonato-in-ospedale-dai-genitori/

Umberto Eco e la bustina di Minerva

Nota dell’autore: a quasi una settimana dalla scomparsa di Umberto Eco (semiologo, filosofo e scrittore) avvenuta il 19 c.m. autore di famosi romanzi come ad esempio Il nome della rosa (1980) e trasposto al cinema da J.J. Annaud nel 1986. Ritenuto uno dei più grandi pensatori della nostra epoca, in campo filosofico-letterario tanto da ricevere la bellezza di 40 lauree honoris causa (ma mai il Nobel che secondo me sarebbe stato meritatissimo), ho deciso di dedicargli questo post, su un argomento attinente ai contenuti del blog e in merito ad un suo articolo pubblicato da l’Espresso nel lontano 10 gennaio 2002 nella rubrica dal titolo “La bustina di Minerva”, articoli poi raccolti dallo stesso Eco in un libro pubblicato da Bompiani nel 1999.
Il testo che segue è tratto dalla relazione con la quale partecipai, come relatore, al convegno “Ultraterrestre”, tenutosi a Napoli nel febbraio 2010, dal titolo 2012: al cinema e oltre, chiaramente improponibile da pubblicare oggi per intero.

 Umberto_Eco«Come scrivere un messaggio in modo che chiunque, anche tra 10.000 anni possa capirlo?».
Quest’ultima domanda, è l’introduzione all’articolo dove il famoso studioso, omaggia un altro studioso, Thomas Sebeok (1920-2001), uno dei massimi esperti in Semiotica o Semiologia che è la disciplina che studia i segni nella comunicazione. Nell’articolo succitato si legge che nel 1984 il governo americano nelle vesti dell’U. S. Nuclear Regulatory Commission, aveva chiesto aiuto all’Office of Nuclear Waste Isolation, in quanto, cito dal testo: «aveva scelto alcune zone desertiche degli Stati Uniti per seppellirvi (a molte centinaia di metri di profondità) delle scorie nucleari».
La loro preoccupazione non era tanto per il presente, ma per il futuro, visto che queste restano attive per 10.000 anni. Ipotizzando che la Terra in quest’enorme lasso di tempo avrebbe potuto subire sconvolgimenti climatici tali da ridurre i suoi abitanti ad uno stadio di barbarie, quindi incapaci di interpretare correttamente le informazioni, oppure che la stessa Terra venisse visitata da popoli di altri mondi, la loro principale preoccupazione era, si legge nell’articolo di: «come informare quei visitatori futuri che la zona è pericolosa?».
I tecnici dell’Office of Nuclear Waste Isolation, spiazzati forse dal quesito, passarono la patata bollente a Sebeok.
Lo studioso si mise subito a lavoro senza tralasciare nulla, ma scartò subito diverse ipotesi.
Escluse, infatti le comunicazioni verbali, i segnali elettrici, i messaggi olfattivi, e ogni forma di ideogramma, sia immagini riconoscibili (come la figura umana), che figurativi. Ma anche altre soluzioni più complicate e particolareggiate furono inesorabilmente scartate in quanto prevedevano, continua Eco: «quella continuità sociale e territoriale che il quesito metteva in discussione».
Come fare quindi? Restava una sola, unica, soluzione. Come scrive Eco nell’articolo, Sebeok pensò semplicemente, ma sorprendentemente, di «tornare all’antico».
Il consiglio che diede ai mittenti del curioso, ma vitale, quesito fu: «di istituire una sorta di casta sacerdotale, formata da scienziati nucleari, antropologi, linguisti, psicologi, che si perpetui nei secoli per cooptazione(1) e mantenga viva la conoscenza del pericolo, creando miti, leggende e superstizioni».
Se si riesce a cogliere appieno il consiglio del famoso studioso, lo spiraglio che si apre nel tunnel dello scetticismo contemporaneo è enorme e getta una nuova luce sulla comprensione dei misteri del passato, ma soprattutto ridona valenza storica a tutti quei comportamenti, incomprensibili ai più, dei sapienti vissuti nel passato.
Ammettendo quindi, quella potrebbe essere definita la mitizzazione dell’informazione, la storia andrebbe completamente reinterpretata, con una chiave di lettura diversa, ma molto più efficace.
E forse tutti i nodi verrebbero al pettine.
Prova ne è la riflessione dello stesso Eco che così conclude l’articolo: «Non credo che gli enti interessati abbiano dato ascolto a Sebeok. Volevano qualcosa di più concreto. Ma lo scetticismo di Sebeok li aveva avvertiti che, in certe circostanze, non c’è nulla di più concreto del mito».

Note e fonti:
1. La cooptazione è un metodo per la scelta dei nuovi membri di un organo collegiale, consistente nella loro elezione da parte dell’organo stesso (o di un collegio ristretto costituito al suo interno).
Wikipedia

credits photo: Wikipedia

Creature fantastiche?

Sabato scorso, sono stato alla mostra “Mostri. Creature fantastiche della paura e del mito” al Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo), promossa e prodotta dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma in collaborazione con Electa. Il museo merita una lunga ed approfondita visita con i suoi quattro piani ricchi di opere, ma chiaramente quello che a me più interessava, data l’estrazione di questo blog, erano logicamente le diverse sale che ospitano la mostra sopra citata. Nelle due ore trascorse, sembra veramente che si venga catapultati in un lontano mondo passato dove le avventure degli eroi di ogni antica civiltà, alle prese con fiere di ogni genere, rivivano in quello spazio, con un’atmosfera creata ad arte.
Il titolo dato all’esposizione è coerente con la storiografia attuale, ma il dubbio che posso sollevare, legittimo, è proprio sull’origine del mito stesso e se le creature lì raffigurate siano davvero fantastiche, frutto della fantasia o della superstizione delle antiche genti. Intanto sui pannelli informativi relativi alle opere esposte l’incipit è questo: «Era il mostro di origine divina…» (Omero, Iliade VI, 222), mentre per gli organizzatori: «Per mostri qui si intendono quegli esseri che non trovano corrispondenza nella realtà, creati dall’immaginazione dell’uomo, che hanno animato racconti ancestrali e miti». Forse i mostri non erano o non sono di origine divina (nel senso stretto del termine), sta, di fatto, però, che non possiamo verificare ora quale fosse la corrispondenza nella realtà in cui erano immerse le antiche civiltà. In pratica la mia domanda è: “e se invece gli esseri descritti in molte opere erano reali e che quindi non facevano sicuramente parte del mito?”. Alcuni anni fa uno dei più famosi esperti in Semiotica o Semiologia, che è la disciplina che studia i segni nella comunicazione, Thomas Sebeok, scomparso ormai già da qualche anno, ebbe a dire che: «in certe circostanze, non c’è nulla di più concreto del mito». Un’affermazione questa che lascia poco spazio all’interpretazione. È proprio questa la circostanza?
Non possiamo esserne certi al cento per cento, quindi sebbene sempre sui pannelli informativi della mostra sono riportate citazioni tratte da diverse opere letterarie famose, ritenute di fantasia dal corrente pensiero ortodosso, tra le quali spiccano: l’Iliade di Omero, le Metamorfosi di Ovidio, il Prometeo Incatenato di Eschilo, l’Eneide di Virgilio e frasi di Apollodoro, è d’obbligo, secondo me riportare quanto invece affermava lo storico babilonese Beroso (ca 350 a.C. ca 270 a.C.), che raccontò dell’arrivo nel Golfo Persico di esseri metà uomo e metà pesce, definiti Oannes (le cui raffigurazioni non avrebbero certo sfigurato nella mostra) e che scrisse, a proposito della creazione dell’uomo: «all’inizio la divinità Belo (…) generò diversi esseri orribili (…) Apparvero uomini con due ali (…) molti altri loro organi avevano una parte maschile e una femminile. Altre figure umane avevano zampe e corna di capra, oppure piedi come cavalli. Altri, simili a ippocentauri, avevano la parte posteriore come cavallo, mentre davanti erano come uomini»(*). Quindi ammirando le rappresentazioni di Tifone, generato da Gaia (la Terra) e da Tartaro personificazione del Caos; del Minotauro che «Minosse decise di allontanare di casa quest’essere e di rinchiuderlo nei ciechi corridoi di un complicato edificio»; dei Grifi: «cani non latranti di Zeus con rostri adunchi»; le Sirene e le Arpie: «Figlie di Acheloo, rappresentate come uccelli dal bellissimo volto femminile», protagoniste nei racconti di Ulisse; della Sfinge: «fusione di uomo e leone», che è presente in tutte le culture dell’antico mediterraneo; della Chimera: «che dalle fauci vomita vampe di Etna»; delle Gorgoni: «le terribili… avevano teste avvolte da scaglie di serpenti, zanne grosse come quelle dei cinghiali»; dei Centauri: «uomini cavalli mostrano qualità umane, come forza e coraggio e pulsioni ferine incontrollate», dei Sileni e dei Satiri, dei quali gli autori antichi, non spiegano «l’origine della natura ibrida umana, equina o caprina… non appartengono né ai mortali né agli dèi immortali»; infine dei mostri marini Acheloo e l’Idra di Lerna, non posso non pensare che ci possa essere un fondo di verità in tutto questo. Ipnotizzato da Medusa, leggo l’ultima citazione, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, che conclude la mostra: «… cosa credi di fare, tu che ti celi sotto una forma illusoria».

 *Nota: Z. Sitchin, Il pianeta degli Dei, Edizioni Piemme, 2000, pag. 333.

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