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La creatura di Atlantide e… Darwin!

«Chi combatte i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se guarderai a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te». Questa è la tagline (un’aforisma di F. Nietzsche) con il quale inizia il film Cold Skin -La creatura di Atlantide, diretto dal regista spagnolo Xavier Gens nel 2017 e andato in onda qualche sera fa sul quarto canale della Rai, disponibile sulla piattaforma digitale e in Home Video. Tratto dal romanzo di Albert Sánchez Piñol, La pell freda (2002), scrittore e antropologo spagnolo, mi è servito da spunto per scrivere il testo che segue.
Le considerazioni in esso contenute, sebbene trattasi di argomento ostico, se dovessero dimostrarsi in un futuro, più o meno lontano, veritiere, è possibile che potrebbero spingere le conoscenze umane proprio sull’orlo di un abisso. La teoria dell’evoluzione umana, infatti, è una sorta di diatriba, lungi ancora dall’essere accettata unanimamente da tutta la comunità scientifica, anche alla luce di ciò che i revisionisti, stanno scoprendo negli ultimi anni: «Darwin si è sbagliato», si legge su un vecchio libro, all’inizio del film.
Lo stesso Wallace, al quale viene riconosciuta la paternità, accanto a Darwin, della selezione naturale, ma deliberatamente mai menzionato, sostenne che «non ivi è la causa onnipotente, assolutamente bastevole, unica, dello sviluppo delle forme organiche»; poi continua: «un esame onesto e inflessibile delle forze della natura ci dice che ad un certo periodo della storia della Terra ci fu un atto di creazione, un dono alla Terra di qualcosa che prima non aveva posseduto, e da quel dono, il dono della vita…»(1).
Ma come si è giunti a concetti che possano far vacillare, la teoria dell’evoluzione della specie? Cosa non prese in esame, a suo tempo, Darwin?

Il Troodon a destra, a sinistra la teorica evoluzione

«Il paleontologo Dale Russell, suggerì nel 1982 un percorso evolutivo ipotetico che avrebbe potuto seguire il Troodon, un dinosauro bipede predatore, se non fosse completamente sparito nell’estinzione di massa del Cretaceo, 65 milioni di anni fa. L’idea venne accolta con scetticismo, anche se alcuni scienziati l’hanno ritenuta stimolante a livello congetturale»(2).
Nel film di Gens, le creature, che si trova ad affrontare il protagonista, hanno caratteristiche morfologiche intrinseche; se una o più colpiscono l’essere umano, sono considerate malformazioni, o almeno danno da pensare: vediamole in dettaglio.
Pterigio: la crescita di una sotto palpebra nell’occhio, come la membrana nittitante presente negli occhi degli anfibi e rettili, in particolare.
Cauda: un’escrescenza in zona lombare come una piccola coda (non tutti i primati hanno la coda, nda).
Microtia: quando il padiglione alla nascita si presenta malformato e/o di piccole dimensioni. Le cause sono dovute ad una trasmissione ereditaria e nei casi più complessi ad una mutazione genetica.

Ittiosi

Ittiosi: sono un’ampia ed eterogenea famiglia di disordini della cheratinizzazione che fanno apparire la pelle come fosse coperta da squame, screpolata ed inspessita (wikipedia).
Il cervello Rettiliano (tronco dell’encefalo), del quale la scienza non ha ancora ben definito il funzionamento, è il più antico, è la sede degli istinti primari, delle funzioni corporee, del territorio, della conquista e della difesa, dei comportamenti che riguardano l’accoppiamento.
I rettili, creature a sangue freddo, hanno solo questa parte.
La sindattilia: è un’anomalia congenita che consiste nella fusione di due o più dita delle mani o dei piedi, è detta anche mano a cucchiaio o piede palmato (più raro). Le cause di tale malformazione non sono del tutto conosciute, possono essere cause ereditarie, meccaniche, vascolari o cattive condizioni materne durante la gravidanza, intorno alla settimana settimana di gestazione la mano, inizialmente a forma di paletta, dà origine alle dita, se la separazione non avviene, la mano e/o il piede rimarranno palmati (wikipedia).
È possibile poi speculare su altri aspetti della questione, considerando ad esempio:
il DNA spazzatura: solo il 1,5% dei geni che costituiscono il patrimonio genetico sono stati codificati, cioè attivi, mentre il restante 98,5% non è stato codificato. Finora è stato reputato inutile e per questo definito “spazzatura”. Ultimamente sono stati analizzati i dati di mille genomi, scoprendo varianti genetiche (mutazioni) nella parte spazzatura.
Infine, non può mancare il Mito: gli uomini rettile o uomini serpente sono creature leggendarie menzionate nella mitologia e nel folklore di varie culture, aventi fattezze di un rettile umanoide (come il Troodon).
In epoca moderna sono presenti anche nella fantascienza, come nel film Il mostro della laguna nera (J. Arnold, 1954), nell’ufologia e nelle teorie del complotto. Nell’opera di Gens, alla creatura viene dato il nome di Aneris, che è solo la parola “sirena” scritta al contrario e «molte sono le testimonianze e i rapporti anche ufficiali (segreti) di strane creature, come le sirene, avvistate in tutto il mondo», come ho scritto qui. Inoltre la creatura sembra avere proprietà taumaturgiche come in La forma dell’acqua (G. Del Toro, 2017) e può accoppiarsi con l’uomo come in Splice (V. Natali, 2009).
«Ci sono verità che meritano la nostra attenzione e altre che meritano di essere ignorate». Io, logicamente non posseggo la verità, ma alla luce di quanto esposto nemmeno gli scienziati ce l’hanno perchè, in ultima analisi: «La genesi dell’uomo, le cronache delle prime civiltà, l’intera cronologia del pianeta devono essere riconsiderate sotto una nuova luce. E quella luce viene da mondi lontani»(3).
Quindi il dilemma è plausibile o quantomeno spiazzante: nell’evoluzione umana cosa c’entra la scimmia?

 

Note:
1. http://www.filosofiaescienza.it/wallace/
2. https://it.wikipedia.org/wiki/Uomo_rettile
3. https://www.macrolibrarsi.it/libri/__lerrore_di_darwin.php

Le citazioni dove non specificato sono tratte dal film

Fonti:
https://www.studiopsicologiarubbini.it/index.php?option=com_content&view=article&id=15&Itemid=145
https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/15_aprile_04/nuova-luce-ruolo-dna-spazzatura-72ef7f9e-daaa-11e4-8d86-255e683820d9.shtml
https://www.ibs.it/errori-di-darwin-libro-jerry-a-fodor-massimo-piattelli-palmarini/e/9788807104572
http://www.filosofiaescienza.it/wallace/
https://it.wikipedia.org/wiki/Uomo_rettile

Credit:
http://www.blueswan.it/?option=com_content&view=article&id=245
https://websky.pro/homo-saurus-59/
https://www.osservatoreitalia.eu/torino-bimbo-affetto-da-ittosi-arlecchino-abbandonato-in-ospedale-dai-genitori/

Il Primo Re: il fiato degli Dèi

Alessandro Borghi è Remo

L’agnellino bianco rannicchiato sull’erba nella classica posizione pasquale, poco più in là il resto del gregge, due pastori a sorvegliare il loro pascolo. Pioggia, tanta pioggia, tuoni e fulmini, quasi un castigo di Dio. Uno dei pastori prega chiedendo la protezione degli Dèi affinché plachino le ire della natura e mentre incide un simbolo su una roccia, un rombo annuncia la catastrofe: solo il tempo di dire:  «scappa» (il film è recitato in una forma di latino arcaico) e una piena del Tevere, come un piccolo diluvio, travolge tutto e tutti: le bestie e gli uomini, i due fratelli Romolo e Remo, sballottati dalla furia dell’acqua, sbattuti contro rami e rocce si salvano a stento, ma solo per finire prigionieri dei guerrieri di Alba.
Queste le prime sequenze del film Il primo Re, diretto da Matteo Rovere, regista italiano per un film che non sembra del tutto tale. Nudo e crudo, cupo e viscerale allo stesso tempo, poetico e sanguinario, a tratti solenne come The Passion di M. Gibson (recitato in latino e aramaico) e con elevate punte di sacralità alla Avatar (J. Cameron). Non tanto per la magnificenza delle scene piene di colori talmente cangianti da sembrare innaturali nel capolavoro di Cameron, ma da ciò che traspare palesemente dai dialoghi. Nel film di Rovere dove viene rappresentata l’inizio della civiltà italica, ma il concetto potrebbe essere più esteso; pare che il sole non sorga mai, anche se gli uomini sembrano risorgere dal fango, dall’argilla, ma con nessun Dio a soffiare nelle narici, perché prima del monoteismo, prima dell’unico Dio (concetto che per molti revisionisti è una teologia falsa), lontano ancora più di 700 anni, quel dio era donna: La Trinità Dea.

Alfabeto Runico

Ma andiamo con ordine: cos’è quello strano simbolo scavato a fatica nella roccia? Potrebbe essere una lettera dell’alfabeto runico? E se così fosse come potevano conoscerlo se è un simbolo proprio delle popolazioni nordiche? In particolare nell’alfabeto antico inglese, il segno potrebbe essere il “Sigel”, la cui traduzione è “sole”, “spiritualità”. Sebbene il significato del termine “runa” significhi anche “protezione” (ecco il perché dell’incisione sulla roccia, prima dell’inondazione), ciò sottintende un’origine magica dei segni, inoltre: «Dai più antichi esempi di scrittura, attraverso canali sotterranei della mente umana ed in similarità con altri alfabeti, le rune narrano la creazione dell’uomo nonché della specie umana. Sono arrivate a noi quale testimonianza di un modo di vivere di un mondo primitivo, ma non per questo privo di fascino e con il loro significato etimologico, storico, mitologico ed esoterico fanno pertanto parte del patrimonio dell’umanità»(1). Ed è proprio questo che traspare a chiare lettere nell’opera di Rovere che -e se questo era l’intento è riuscito in pieno, ha concepito e realizzato un’opera, che sebbene racconti di Roma, prima di Roma, il suo sottobosco ha i connotati dell’Universalità. Sul poster si legge: «La storia diventa leggenda», ma la leggenda spesso diventa storia ed entrambe confluiscono nel mito. Un mito che è proprio di tutta la civiltà umana, che parla di Dèi scesi dal cielo. Di uomini e di donne che parlavano con Loro, e che quando sono partiti hanno lasciato una conoscenza che è solo di chi riesce a comprenderla, con cuore puro e spirito saldo.
Dèi che sono confluiti nelle forze della natura ed infatti nel film sono tre gli elementi principali: acqua, terra e fuoco, a formare la Trinità Dea: il fuoco sacro, custodito dalla vestale (la famosa lupa della leggenda?), l’unica autorizzata a proteggerlo, a custodirlo, l’unica che può interpretare il volere degli dei, che parlano per sua bocca: «il fiato degli Dèi». Ella predice il futuro dei due fratelli e sebbene veda in Remo una luce sacra, purtroppo ne resterà soltanto uno. Sempre lei li proteggerà fino alla fine, la sua fine, proteggerà Remo e Romolo ferito in battaglia. Remo va incontro al suo destino, di cui è artefice e vittima allo stesso tempo, la sua luce è esteriore, un guerriero viscerale, non ha la luce interiore di Romolo. E per questo che Remo “passa il solco”. Metaforicamente e praticamente e concede a Romolo di diventare un simbolo, un simbolo di forza, di unione, di coraggio e clemenza, un simbolo vero, perché: «i simboli veri provengono dall’ inconscio collettivo, dalla vita dell’universo e non dalla vita del singolo individuo»(Carl G. Jung)).
È quando l’uomo vuole elevarsi a Dio che le cose non funzionano, in particolare se pensiamo di capire Dio, perché se un Dio può essere capito dagli uomini, non può essere un vero Dio. Sui titoli di coda appare una mappa con l’espansione dell’impero romano che si estende fino a raggiungere la Terra Santa dove millenni prima l’Elohim (plurale) conosciuto da alcune piccole tribù con il nome di Yahweh è stato fatto diventare l’unico Dio vero.

Note:
1. Fernanda Nosenzo Spagnolo, “Divinazione con le rune”, l’Airone Editrice, Roma, 1997.

Credits:
http://www.novaracinema.it/al-faraggiana-il-primo-re-con-alessandro-borghi-da-giovedì-31-gennaio
http://www.wikiwand.com/en/Anglo-Saxon_runes