Tomorrow

Non ho avuto modo, su altri media, di esprimere un piccolo commento su un film uscito nel 2006.
Prima di scrivere di cinema, iniziai, logicamente senza fortuna, a scrivere per il cinema.
A suo tempo, poco più che ragazzo scrissi alcuni soggetti, uno dei quali si avvicina, in alcuni aspetti, al film “I figli degli uomini” di Alfonso Cuaròn, tratto dal libro omonimo della scrittrice P. D. James (Mondadori).
In breve, vedendo il film, scena dopo scena, mi sono accorto che era questo il film che avrei voluto sempre scrivere. Lì dentro c’è tutto il mondo che avrei io, desiderato immaginare, di più, in quanto la mia storia aveva una forte lacuna, mancava di esperienza, di esperienze di vita vissuta.
Chi ha visto il film e, come riferiscono gli autori nel making of contenuto nel dvd, sa che è «un film grezzo, ma vero».
Vero perché forse quello è il futuro che ci aspetta proprio dietro l’angolo: un’umanità in rovina, derelitta, consapevole ormai del proprio destino, tragico e irreversibile.
A meno che. A meno che non intervenga un fattore esterno, magari intelligente e spazzi via tutto il marcio che c’è nella nostra società (nel film si accenna anche agli Ufo, inoltre l’incapacità di procreare degli uomini, il filo trainante della trama, è simile ad una delle ipotesi sul perché delle abduction ad opera dei “grigi”). O che avvenga un piccolo miracolo.
Contraddicendo le innumerevoli scritte che come slogan pessimistici, compaiono quasi in ogni sequenza, in barba agli speakers dei vari notiziari che ti bombardano il cervello, tra le macerie di un mondo in degrado non solo fisicamente, ma nella parte più infinitesimale del suo essere, il miracolo avviene, la nascita di un bambino, per di più afroamericano: il pianto rotto del piccolo nato riesce a zittire il fragore delle armi.
La madre, che tiene stretta a sè il piccolo e il protagonista passano tra profughi, ribelli e militari increduli (due di questi ultimi si genuflettono e si segnano) e per un solo, lunghissimo istante, tutto è silenzio e pace.
Nel libro, intriso di atmosfere claustrofobiche e postnucleari che Cuaròn riesce magistralmente a visualizzare, ci sono alcuni passaggi interessanti, uno è questo: «L’uomo si sminuisce se vive nell’ignoranza del proprio passato; senza la speranza nel futuro diventa una bestia. In tutti i Paesi del mondo assistiamo alla perdita di questa speranza, al tramonto della scienza e delle invenzioni –se non per scoperte volte ad allungare la vita o ad accrescere il comfort e i piaceri- alla scomparsa dell’intereresse per la natura e per il pianeta».
Andando avanti così non sembra ci possa essere molta speranza per il domani.
Ma Tomorrow è anche il nome della nave che accoglie il bambino, a me piace pensare che riuscirà a traghettarlo verso un domani migliore.

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